Capitolo 21.

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Il sottile materasso sul quale dormiva Thomas, gli faceva sentire le molle del divano letto su tutta la schiena, uccidendolo. Si alzava dolorante, in quei giorni, durante i quali viveva con il minimo indispensabile, in una casa che avrebbe voluto arredare con una sola persona.

Non aveva ancora avuto il coraggio di comprare dei mobili, perciò usufruiva del microonde per cucinare e dormiva su un divano letto che aveva portato lì momentaneamente. Le pareti erano ancora bianche, perché sapeva che Newt avrebbe voluto scegliere il colore in base alla stanza e che avrebbe voluto dipingere lui tutti i muri. In ogni stanza erano presenti solo i mobili dei vecchi proprietari, che erano malandati e senza connessione stilistica l'uno dall'altro. Il resto della casa era piena di scatoloni, tra i quali si muoveva per passare.

Essere in quella casa senza Newt era devastante per lui, e si era ripromesso di aspettare quanto più possibile, nella speranza che qualcosa potesse cambiare, che lui potesse cambiare.

Dalla nascita di Isaac passarono tre giorni, durante i quali non si parlarono minimamente.

Thomas quella mattina si alzò più dolorante del solito, accusando i colpi della nottata appena passata.

Fece colazione con le poche fette biscottate rimaste, e si recò verso il bagno, per prepararsi per la sua corsa mattutina. Aveva bisogno di correre, per tenersi in forma ma soprattutto per non pensare troppo. Aveva bisogno di sentire il vento sul viso, che lo faceva tornare a respirare.

Uscì più tardi del solito, dovendo lavorare solo due ore quel giorno, perciò se la prese con calma, facendo il giro del quartiere più volte, sempre più contento di aver comprato casa in quel punto della città.

Mentre correva pensava a Newt, al suo comportamento all'ospedale, e odiava Cole sempre di più. Il pensiero che potesse averlo dimenticato così facilmente lo mandava fuori di testa. Come poteva essere successa una cosa così? Lui, dopo averlo perso, non aveva avuto nemmeno più la voglia di ricominciare, perché devastato da tutto.

Più pensava alla loro visibile intimità e più correva veloce, respirando affannosamente. Aveva bisogno di sfogarsi, di eliminare dal proprio corpo tutta la rabbia. Le immagini di quella giornata gli passavano nella mente, e i suoi piedi aumentavano la velocità.
Newt che lo abbracciava, Newt che si stringeva a lui, le loro mani unite, tutto questo creava in lui una sorta di adrenalina. Sentiva di poter sradicare un albero in quel momento.

Poi, tramite le cuffie che aveva nelle orecchie, sentì di aver ricevuto un messaggio. La suoneria era quella. Si fermò di scatto, prendendo il telefono dalla tasca dei calzoncini, ansioso di leggere.

«Puoi venire quando vuoi a prenderti le cose, anche oggi pomeriggio»

Aveva scritto Newt, mentre puliva il bancone del locale, dopo aver servito buona parte dei clienti.

Si era sentito in colpa per tre giorni consecutivi, per non avergli risposto quel giorno all'ospedale. Aveva ripensato ogni secondo, da quel momento, se scrivergli o meno. Poi, però, la voglia di vederlo divenne troppa.

Sapeva allo stesso tempo che quel pomeriggio avrebbe perso ogni cosa di Thomas, ogni sua piccola parte, anche la più banale. Tutto quello di cui non era riuscito a disfarsi, sarebbe sparito e quella casa sarebbe tornata la stessa di sempre. La solita casa vuota, piena di ricordi ma senza futuro.

Nonostante quella grande paura, il pensiero di Thomas in casa sua lo eccitava e allo stesso tempo lo infastidiva. Cosa si sarebbero detti? Avrebbero parlato? Thomas sarebbe stato lo stronzo e cinico ragazzo che aveva visto all'ospedale, o sarebbe stato il suo Thomas?

Passò il resto della giornata a riempirsi di domande, sfogandosi con Cole, nei momenti in cui nessuno aveva bisogno di loro.

"Che gli dico quando arriva?" Chiese, portando il vassoio dei piatti sporchi dietro il bancone, per poi iniziare a lavarli.

Ethereal || Newtmas Where stories live. Discover now