22- Sacrifici.

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SETH

Eliza ancora non mi parlava.

Cioè, lo faceva, diceva tante cose, ma mai quelle che mi interessavano veramente.

Mi aveva assicurato che non mi stava scivolando dalle dita, che non stava andando da nessuna parte, ma quel silenzio, quel qualcosa di cui non mi voleva parlare, lo riuscivo quasi a vedere, il vuoto che creava tra di noi, in modo subdolo, lento, ma era così.

Fingevamo che non lo fosse.

Ci vedevamo spesso, soprattutto per fare lezione di guida, ormai era diventata pratica a tal punto che non la sorvegliavo più aspettandomi la morte imminente. Era sicura di sé, e io mi fidavo della sua guida. Se avessimo continuato per quella strada, nel giro di poco mi sarei sentito persino in dovere di prestarle le chiavi della macchina e lasciarla guidare da sola.

Però, ancora non ero pronto a confessarglielo.

Osservavo ancora il comportamento di Eliza. Rideva, rideva spesso, ma a volte si incupiva, lo sguardo virava a ricordi lontani, gli occhi vacui. Non insistevo più, avevo deciso che la cosa migliore fosse esserle vicino e lasciare a lei la scelta del come. Se mi voleva per staccare la spina, io sarei stato quella persona. Se voleva fare l'amore, ero pronto. Se voleva commuoversi, io le avrei ripetuto all'infinito quanto tenessi a lei. Non ero mai stato uno di parole, ma oltre a essere presente, non potevo fare altro che esprimerlo a parole, soprattutto adesso che mi sentivo sospeso su un sottilissimo filo. Dovevo stare attento a cosa dicevo o facevo, perché se tentavo di entrare in merito alla questione di cui non voleva farmi partecipe, si chiudeva a riccio e la nostra giornata si faceva tesa.

Non era la situazione migliore a cui aspirassi, ma finché non mi buttava definitivamente fuori dalla sua vita, ero disposto a camminare in punta di piedi e lasciarle tempo. Per un po', finché non mi sarei stancato e purtroppo sentivo che stavo raggiungendo il limite in fretta.

Odiavo quella situazione, non l'approvavo e non mi sembrava normale. Qualcosa nel suo comportamento, nel suo sguardo... mi dava la sensazione che la questione fosse pesante e io non avrei permesso di farmi allontanare. Aveva bisogno di me, e ci sarei stato, senza pressarla.

Ero preoccupato e molto. Quando ero in sua compagnia non lo mostravo, ma appena mi ritrovavo da solo... stavo ore a fissare il soffitto prima di addormentarmi, a lavoro ero sempre nervoso e in certi giorni, in palestra ero il primo ad arrivare e l'ultimo ad uscire. Non chiamavo nemmeno più Wallace e Nathan perché non sarei stato di compagnia a nessuno.

E poi c'era l'altra storia... Aaron.

Lui che mi aveva messo nei casini, in realtà quella parola era un eufemismo.

Era scappato e aveva giurato ai suoi scagnozzi, ora miei, che mi aveva lasciato i soldi.

Mi aveva messo proprio in una situazione di merda.

Dopo l'incontro ravvicinato quella sera, non li avevo più visti, non mi avevano nemmeno dato un tempo limite per racimolare quella somma, ma sapevo che sarebbero tornati prima o poi. Erano soliti a decantare i soldi e non mi avrebbero lasciato molto tempo ancora.

Ero sotto una macchina e cercavo di capire l'origine del problema, quando sentii le urla di Owen che ordinava a qualcuno di uscire dall'officina e attendere in ufficio.

Per un momento mi ritrovai a pregare che non fosse di nuovo Eliza, ma poi mi raddrizzai e guardai nella direzione del trambusto.

«Merda. Merda. Merda.» Tuonai.

Con lo straccio più vicino tentai di togliermi il grasso dalle mani e mi avvicinai con passo spedito verso il mio capo.

Owen era inferocito e digrignava i denti in una postura di sfida, ma non sapeva che era meglio non sfidare gente come loro.

Mostrami l'amore (#2 Nightmares Series)Where stories live. Discover now