1- Come gatto e topo.

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ELIZA

Il ticchettio dell'orologio fissato sulla parete della tavola calda in cui lavoravo, produceva un rumore così assordante alle mie orecchie, da sovrastare il chiacchiericcio dei clienti seduti composti al proprio tavolo.

Appoggiata al bancone da lavoro, agghindata dalla mia solita divisa arancione - di un colore così sbiadito da fare accapponare la pelle, - aspettavo che le ordinazioni fossero pronte.

Ero un fascio di nervi, incapace di distogliere lo sguardo da quelle maledette lancette.

Mi mordicchiai nervosamente le unghie smaltate di nero. Da sotto le lunghe ciglia coperte da uno strato di trucco, notai che erano le sette e un quarto. Noi eravamo operativi già da mezz'ora.

Ero così agitata che quando Dustin Baker – il cuoco e pasticcere del locale, - mi appoggiò due piatti pieni di uova strapazzate e bacon sotto al naso, non me ne accorsi.

«Dolcezza, queste sono per il tavolo due» proferì.

Portai l'attenzione sulla porta d'ingresso. Sbuffai e mi diedi della stupida quando sentii quello strano bruciore alla bocca dello stomaco, lo stesso che si formava quando confidavo tante aspettative su qualcosa a cui tenevo e poi, puntualmente, venivo delusa. Perché sarebbe dovuto essere diverso questa volta? In fondo ero io, Eliza Hill, cosa speravo? Desideravo che questa volta fosse diversa dalle altre? No, era persino inconcepibile che fosse durato tanto. Dovevo aspettarmelo.

All'improvviso mi ritrovai una mano davanti il viso: pollice e il medio fecero attrito tra di loro producendo uno schiocco sonoro. «Sveglia dolcezza! Cosa fai?»

Sbattei le palpebre e spostai di lato il viso, incontrando due occhi color caramello, una pelle così chiara da sembrare quasi panna, contornate da piccolissime lentiggini spruzzate sul naso perfetto – odiavo quell'uomo per questo dettaglio - infine assottigliai gli occhi e scoccai un'occhiataccia a quel pel di carota che mi ritrovavo davanti. «Che vuoi Baker?» sbottai e le sue sopracciglia ramate scattarono all'insù, un accenno di sorriso si formò sulle labbra rosee. «Vedo che ti sei risvegliata alla grande.»

«Come sempre.»

«Ovviamente,» poi fece un cenno verso il banco, precisamente sui piatti, e alzò un angolo della bocca, i denti bianchi perfettamente dritti si intravidero quando schiuse le labbra. Bastò quel gesto per illuminargli il viso. Se non fosse stato che non ero particolarmente attratta dai rossi, sicuramente a Dustin ci avrei fatto un pensierino – e la mia ex coinquilina Ruth Denver me lo aveva puntualizzato quelle mille volte nel breve periodo in cui aveva lavorato alla tavola calda, prima di essere licenziata per assenza ingiustificata, ancora in periodo di prova. Il boss non poteva saperlo, ma in quel periodo la ragazza era rimasta rintanata in un angolo della camera, per giorni senza mai spostarsi, con il terrore dipinto in volto. Aveva appena saputo che il padre, Alan Richmond, non che assassino della madre di Ruth, era stato rilasciato dal carcere. Settimane dopo scoprimmo a nostre spese per quale ragione la ragazza era così spaventata. Infatti due mesi prima quell'uomo, definito da noi: "il bastardo", aveva fatto irruzione nella casa in cui vivevamo e ci aveva tenute in ostaggio, tenendomi una pistola puntata alla tempia per ore, fino a quando Nathan Cross, il fidanzato e ora convivente di Ruth, assieme a Seth Grier ci avevano soccorso. Purtroppo alla fine dei giochi, ero rimasta così traumatizzata che Grier era stato costretto a portarmi in strada lasciando così Nathan e Ruth soli in casa assieme al bastardo mentre aspettavano l'arrivo della polizia chiamati da Grier.

Credevano di averlo messo fuori gioco a suon di pugni e invece Alan Richmond si era alzato colpendo Nathan. Ruth non sapendo cos'altro fare per salvare il suo amato, aveva impugnato la pistola, che giaceva sotto al divano dopo una collisione corpo a corpo, e aveva sparato ferendo mortalmente il suo incubo vivente. Per questa ragione avevamo lasciato la casa e non ci avevamo messo più piede.

Mostrami l'amore (#2 Nightmares Series)Where stories live. Discover now