Vuoti.

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"When your dreams all fail
And the ones we hail
Are the worst of  all,
And the blood's run stale."

Sto girando in macchina da un po', senza una meta precisa. Quando sono uscita da casa di Charles non mi ero accorta di che ore fossero e di certo non potevo chiedere le chiavi dell'appartamento all'agenzia a mezzanotte e neanche disturbare ancora Sebastian.

Senza accorgermene arrivo davanti alla sede di Maranello, che è anche l'unico posto in cui posso stare al momento.
Parcheggio ed entro nella struttura dopo aver fatto vedere il badge al guardiano del turno notturno, che mi guarda stranito: devo avere proprio una bella cera.

Arrivo nel mio studio e mi butto rumorosamente sulla sedia poggiando la testa sulla scrivania. Sto piangendo di nuovo, ma senza lacrime, quelle devono essere finite una decina di pianti fa.
Lo sguardo mi cade sulla cartellina con il pacchetto di aggiornamenti da finire, ormai sono qui tanto vale fare qualcosa di utile.
Accendo il computer e inizio ad inserire i dati sul simulatore per capire se i calcoli fatti da me ed Eva qualche ora fa sono corretti. Studio le immagini che vedo, aggiustando di tanto in tanto alcuni parametri che mi segnalano errore fino a che non arrivo a rasentare la perfezione. Una volta completata la simulazione elaboro il progetto definitivo e lo stampo, allegandolo alla relazione che contiene ogni tipo di dato utilizzato, i calcoli effettuati e i risultati ottenuti, poi mi alzo per portare il tutto nell'ufficio di Mattia in modo che controlli e mandi poi il progetto in produzione.
È proprio mentre mi alzo che guardo fuori dalla finestra, accorgendomi che sta già albeggiando. Mi rendo conto solo ora di aver lavorato tutta la notte senza aver sentito minimamente la stanchezza. Chiamasi adrenalina, e non voglio pensare agli effetti devastanti che avrò quando questa inizierà a scemare.

Arrivo all'ufficio di Mattia, che ha la porta aperta ed è ancora in penombra, lascio la relazione sul tavolo e poi inizio a passeggiare per la sede cercando di calmarmi. È così grande che si può correre tranquillamente una mezza maratona tra questi corridoi e la sezione esterna.
Arrivo nella zona della catena di montaggio dove gli operai del turno di notte stanno staccando per lasciare il posto a quelli della mattina. Mi salutano con un sorriso ed un cenno del capo, che ricambio senza troppo entusiasmo. Continuo poi a camminare fino a ritrovarmi nel mio posto preferito: la galleria del vento. Non tutti possono entrare ma fortunatamente ho portato il pass con me che mi consente l'accesso. Entro nella sala macchine e successivamente nella galleria vera e propria, dove mi lascio andare in un urlo disperato poichè so che la stanza è insonorizzata.
Rimango seduta sul pavimento davanti all'enorme ventola e mi rendo conto di sentirmi vuota, senza emozioni. Charles si è portato via tutto. Che reazione esagerata, penseranno le persone appena sapranno di questa storia, e puó sembrare cosí visto dall'esterno. Purtroppo peró solo io conosco ció che ho dentro e quello che ho giá passato. Non sono nuova a questi momenti, e Charles lo sa bene. Sa quanto sono fragile e con che facilità mi abbatto, sono cose giá viste e provate direttamente sulla sua pelle. Eppure sembra aver scordato tutto.

Mi alzo da terra ed esco da quella stanza per avviarmi verso la mensa che a quest'ora è di sicuro vuota ma so dove trovare le cose, l'ho imparato con i ragazzi quando facevamo le nottate a lavorare e sentivamo la necessità di cibo, solo che ciò che cerco ora non è quello.
Arrivo nella zona adibita a bar ed inizio a frugare da una parte all'altra, imprecando perchè non trovo ciò che cerco. Quando finalmente individuo quello che mi serve lo nascondo all'interno della felpa e torno in ufficio.

Non so in quale modo e con quale coraggio riesco a scolarmi mezza bottiglia di tequila liscia ma adesso la testa è molto più leggera e libera dai pensieri, tanto che mi appoggio di nuovo alla scrivania addormentandomi.

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