5# Roomies

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Raccontai tutto alla squadra, o almeno le cose più importanti della nostra relazione.
Ma non riuscii a raccontargli di quella volta che provó a soffocarmi con il cuscino durante la notte perché "ero uscita con una gonna troppo corta e i ragazzi ci avevano sicuramente provato con me".

Ma nonostante questa mia omertà, capirono che tipo di persona era!

Mi sentivo umiliata ancora una volta soltanto col ripercorrere a parole e pensieri quella che era stata la nostra relazione. Io, un'agente prima della DEA e poi della BAU che non riusciva a denunciare e a reagire di fronte ad una situazione così grande.
Al pensare poi questa cosa mi sentivo impaurita, umiliata e anche ipocrita con la mia scelta di vita.

«Non possiamo avviare nessun azione ufficiale contro di lui, non abbiamo nessuna prova e nessuna aggressione, purtroppo! Le azioni passate rendono il caso freddo, e non verrebbero prese in considerazione se dovesse, soprattutto, avere un buon avvocato!» disse innervosito Aaron.
«Lo so Hotch, lo so! Volevo semplicemente condividere con voi questo avvenimento, e mettere tutti in guardia, perché sono realmente... realmente...» non riuscivo a continuare la frase per la miriade di emozioni negative che stavo provando in quel momento.
Spencer mi prese la mano da seduti, mi guardò e mi fece un sorriso rassicurante.
«Possiamo trovarti un posto sicuro però! Per adesso sembra sorvegliare solo casa tua e il lavoro», aggiunse Emily.
«Non lo so... ragazzi scusate, ho bisogno di prendere aria!» dissi.
Prima di uscire mi fermó un agente dell'FBI con una nuova busta per me. Questa volta però c'era dentro un ferma libro che avevo sulla libreria dentro il mio appartamento.
ERA ENTRATO IN CASA MIA!!!!!

«Sei sicura che non sia qualcosa che hai lasciato a Città del Messico? Magari sta solo cercando di entrare nella tua testa» disse innocentemente Garcia.
«No, quello è il ferma libro che le ho consigliato io quando siamo stati a Las Vegas» confermó Reid.

«Non sono spaventata ragazzi, sono innervosita. Mi da fastidio non sapere, non avere questa situazione sotto controllo. Non ho paura di non reagire...» abbassai la testa cercando di fare un respiro profondo «... ho paura di ricordare!» dissi con le lacrime agli occhi.

Uscii fuori dal palazzo per fumarmi una sigaretta, ero davvero oppressa da tutte queste sensazioni.  Ad un certo punto qualcuno mi mise una mano sopra la spalla.
Balzai dallo spavento.
«Oh, Spencer, sei tu!» dissi togliendo un sospiro di sollievo.
«Si, sono io! Ti va di fare una passeggiata?» mi chiese.
Accettai e ci incamminammo senza una meta.

Passeggiammo per circa venti minuti, senza che nessuno dei due dicesse una parola.
«Capisco quello che stai passando!» fu così che Reid interruppe il silenzio.
«Ho fame, prendiamo un hot dog?» gli risposi. Non volevo sembrare insensibile, ma non volevo che l'aria si facesse pesante. Volevo parlare con la mia squadra, è vero, ma non volevo che le persone provassero pena nei miei confronti.
Prendemmo un buonissimo hot dog da un venditore ambulante. Lo mangiai con talmente tanto gusto che mi sporcai la camicia di ketchup.
«Piacere, sono Scarlett ed ho dieci anni!» indicando la macchia di ketchup.
Spencer rise.
Continuammo a camminare.
«Ascolta, stavo pensando una cosa...» iniziò a dire Reid. Mi girai verso di lui e lo guardai mentre continuavamo a camminare.
«... finché non ci sono risvolti in questo caso, o comunque non si tranquillizzano le acque, perché non vieni a stare un po' da me? Sono sicura che te lo avrebbero chiesto anche gli altri se non fosse che sei scappata!»
Mi fermai. «Si lo so, sono un po' strano, parlo tanto, sono terrorizzato dai germi, e questo può lasciar pensare che non inviterei nessuno in casa mia, sono molto ordinato, casa mia è piena di libri, e probabilmente ti odierò a fine permanenza ...» disse ridendo «... ma almeno la notte riusciresti a dormire».
«Spence...» era la prima volta che mi prendevo questo tipo di confidenza per chiamarlo così «... non voglio essere d'intralcio alla tua routine. Voglio dire, hai appena fatto igienizzare  le mani al venditore ambulante tre volte, non vorrei farti impazzire in casa!» continuai scherzando. «Ne sei sicuro?» gli chiesi. Annuì con la testa mentre mangiava l'hot dog. «Sai, sono migliorato tanto da quando sono stato in carcere!» continuò.
«Ti ringrazio!» gli dissi guardandolo con uno sguardo dolce.
« Possiamo passare da casa a fine giornata, okay?» disse.
«Penso che sia meglio che torni a casa da sola. Se dovesse continuare a spiarmi e vedermi uscire di casa con te e un borsone... potrebbe seguirci...» dissi ritornando al mood cupo di prima «... invece se vado sola penserà che è la mia solita routine per lavoro!»

Rientrammo in ufficio e demmo la notizia agli altri.
«Ragazzi, ho un annuncio da fare!» disse guardandomi e ridendo Spencer.
«Da oggi fino a data da destinarsi.... avrò una roomies» e mi indicò.

«Dobbiamo festeggiare!» esclamò Rossi.
«Questa sera tutti a cena da me, faccio la carbonara!»

David aveva risollevato gli umori che dopo la notizia che avevo dato alla squadra si erano incupiti.
Mi sembrava tutto così... così... assurdo!
Erano delle brave persone, ed io avevo iniziato a volergli bene.
La proposta di Spencer mi aveva del tutto lasciato senza parole. Non ci conosciamo bene, e questa sua volontà rispecchia perfettamente il suo cuore grande.
Penso che la lotta più grande della convivenza delle prossime settimane sarà proprio lottare con il dato di fatto che entrambi siamo molto introversi e che ognuno di noi ha un bagaglio che nessun altro sa.

Eravamo in ascensore dirigendoci verso casa di Rossi quando Derek riferendosi a Spencer disse «Ah ma quindi è ufficiale?»
«Che cosa?» chiese confuso Spencer.
« È così che ti comporti quando ti prendi una cotta eh?» toccandogli il braccio più e più volte.
Si supponeva che non avessi dovuto sentire questa cosa perché avevo le cuffie, ma caso volle che parlarono mentre stavo cambiando canzone.
«Derek Morgan!» disse Reid ormai rassegnato alle sue prese in giro.
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«Oh David, la carbonara era... magnifica! Mi ha riportato a casa.» dissi con un'espressione che sembrava che stessi sognando.
«A casa?» chiese David.
«Si, sono Italo-Argentina in realtà. Nata e cresciuta in Italia fino all'università. Dopo di che sono entrata in accademia e il mio primo incarico è stato a Città del Messico, dove li ho lavorato per 6 anni. Ebbene sì, 28 anni senza una fissa dimora!» raccontai.
«Allora brindiamo a una fissa dimora» disse David alzando il calice di vino.
«Ad una fissa dimora!» brindammo tutti.

Ciao ragazzi! Oggi è stato il primo giorno che scrivo, e di botto sono usciti questi primi 5 capitoli. So che non sono lunghissimi, spero di migliorare con il tempo. Fatemi sapere cosa ne pensate della storia! Grazie ❤️

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