25# She is back!

1.1K 48 0
                                    

SPENCER REID POV:

«Non volevo che succedesse proprio questo!» mi urlò mentre ero arrivato alla soglia della porta ed ero pronto ad andare via.
Mi fermai per un secondo, e poi chiusa la porta dietro di me.
Non riuscivo a capire come Scarlett avesse potuto non parlamene. Ero arrabbiato e confuso. Derek lo sapeva e non mi aveva detto niente. Non sapevo davvero per cosa essere arrabbiato di più.
Nei giorni precedenti quando ero andato a trovare mia madre, le parlai molto di Scarlett.
Adesso l'affermazione che mia mamma mi disse prima di andare via iniziava a prendere senso. Mi disse "Tesoro, un QI di 187 non ti aiuterà mai con i sentimenti". Aveva capito che Scarlett provava qualcosa per me probabilmente.
Ma, ma.. non riuscivo a capire! Come avevo fatto a non rendermene conto. Ero totalmente assuefatto dai miei pensieri che non mi resi conto che fuori iniziò a piovere e che ero senza ombrello. Per fortuna la macchina non era molto lontana.
Mentre tornavo a casa, pensai che era meglio fare una piccola fermata a casa di Derek.
Arrivato lì bussai e mi aprì la porta con un mestolo in mano. Non mi ero reso conto che era l'ora di pranzo e che probabilmente a quest'ora avrebbe cucinato o mangiato.
«Ragazzino! Che ci fai qui? Entra!» disse Derek.
Entrai e rimasi in silenzio.
«Pranzi qui? Sto cucinando una ricetta italiana che mi ha consigliato Rossi!» chiese Derek.
Gli feci cenno con la testa di no.
Lui capì che c'era qualcosa che non andava, si tolse il grembiule, mise a fuoco lento ciò che stava cucinando e si avvicinò a me.
In questo frangente di tempo, non so perché, ma mi sentii oppressò dalle emozioni a tal punto di non riuscire più a reggerle. Avevo gli occhi lucidi e Derek lo notò.
«Da dove vieni ragazzino?» mi chiese Derek cercando di capire il perché del mio umore.
«Sono... sono appena stato da Scarlett!» gli risposi. Vidi il volto di Derek cambiare e capire cosa ci fosse che non andava. In fin dei conti, lui sapeva già dei sentimenti di Scarlett. Ero io l'estraneo alla cosa.
«Perché non me l'hai detto Derek?» gli chiesi.
«Perchè non stava a me dirtelo Spencer! Non era mio compito!» rispose.
«Come stai?» mi chiese subito dopo.
Come stavo? Avevo lo stomaco sotto sopra ed ero arrabbiato.
Risposi con il silenzio per qualche minuto. Nel frattempo Derek era andato a finire di cucinare la pasta. Mi avvicinai a lui in cucina, e mentre lui si preparava per mangiare ed ascoltarmi io di getto gli chiesi se lui fosse mai stato innamorato.
Derek fu colpito da questa domanda.
«Si, qualche anno fa!».
«E come si ci sente? So che innamorarsi assomiglia molto alla sensazione di chi assume droga con momenti di euforia, dovuti al rilascio di sostanze come la dopamina, l'ossitocina e l'adrenalina. Questo avviene per farci legare al partner. Ma, come capisci di esserlo?» gli chiesi.
Fu meravigliato della mia domanda.
«Come ti sei reso conto di essere innamorato di Max?» mi rispose facendomi a sua volta una domanda.
«Non lo ero!» gli risposi.
«Cosa ti fa pensare che non lo fossi?»
«Non mi sentivo completamente a mio agio con lei, non sentivo di avere una forte connessione, non sentivo di condividere o anche solo di immaginare di condivider con lei alcuni pensieri o scenari o momenti. Perchè questa domanda?» risposi.
«Ragazzino, non posso dirti come io mi sono innamorato. È qualcosa di personale, che cambia tra individuo e individuo in base a come ci viviamo le cose. Stai cercando di capire se puoi ricambiare Scarlett?» mi chiese.
Io annuii.
«Non devi forzarti! Lei aveva bisogno di togliersi questo peso per poter essere con te il più naturale possibile, non vuol dire che tu debba provare le stesse cose!» disse Derek.
«Posso bere un po' di whisky in soggiorno e riflettere un po'? Voglio privacy ma non voglio stare solo, e non voglio tornare a casa!» gli dissi.
«Fa come se fossi a casa tua! Ti ho lasciato anche un po' di pasta se hai fame. Non sarà come quella di Rossi, ma è mangiabile!» disse ridendo.
Lo ringraziai e lui poi si diresse in ufficio.
Mi versai un po' di whisky e mi affacciai dalla finestra per pensare. Non ero solito bere, difatti evitavo lo maggior parte delle volte. Non bevevo perché non mi piaceva perdere il controllo di me stesso o essere più "sciolto", come dicono gli altri.
Ero maniaco del controllo, e con il tempo avevo semplicemente imparato a controllare questa cosa davanti agli altri e soprattutto in relazione agli altri. Probabilmente la mia reazione esagerata nei confronti di Scarlett era dovuto proprio a questo.
Stavo leggendo e analizzando un libro negli ultimi tre giorni: il comportamento umano in relazione ai sentimenti.
Spesso, quasi sempre direi, mi sono sentito incapace di stringere relazioni genuine.
Non mi aspettavo molto da me. Diplomato a 12 anni e 24 avevo già 3 lauree e qualche dottorato. Alle porte dei miei 25 anni iniziai a lavorare nella BAU, e per acquistare sicurezza, Gideon impose passivamente agli altri di chiamarmi dottore al posto di agente, per non rischiare che gli altri, vista la mia giovane età mi sottovalutassero.
Con il tempo imparai a vedermi anche io come specialista un po' in tutto, e il termine dottore piuttosto che agente aveva sicuramente aiutato.
Questo però, nel capo lavorativo, non in quello interpersonale.
Durante una valutazione psicologica con Hotchner lui mi disse che utilizzavo la mia intelligenza e il mio QI di 187 come scudo. Rifiutai di abbracciare questa idea, ma Max per prima confermò questa considerazione.
Durante il nostro primo, unico e ultimo litigio cercai di calmare le acque e risolvere il problema facendo quello che faccio ogni giorno a lavoro: fare un profilo. Il mio scudo era diventato la mia comfort zone, e Scarlett con il tempo, aveva provato a smuovermi da tutto ciò.
Lo aveva fatto al poligono, al caffè letterario quando discutevamo di gossip, o meglio, quando ascoltavo lei parlare di Gossip, oppure semplicemente quando alcune volte ci sedevamo per terra davanti la TV a guardare un documentario ed io cercavo di argomentare o correggere quello che dicevano e mi riempiva la bocca di pop corn pur di zittirmi! Mi aveva dato modo di sentirmi a mio agio anche quando la mia conoscenza poteva essere di troppo o inadeguata al momento.
Sapere che Scarlett provava qualcosa per me, mi faceva sentire come se mi avessero buttato giù dal letto la mattina, qualcosa di totalmente inaspettato, che solo in un primo momento ti spaventa. Non mi ero mai reso conto di quanto fosse dolce e comprensiva nei miei confronti, e di quanto fosse stato difficile per lei ammettere quello che aveva ammesso poche ore fa.
Lei non solo in questo momento pensava di non essere stata compresa e che aveva sbagliato i modi, ma che addirittura io non ricambiassi la cosa.
Avrei dovuto reagire diversamente, avrei dovuto darle una risposta, ma la mia estrema insicurezza e ansia sociale non me lo avevano permesso.
Mi diressi verso lo studio di Derek per qualche consiglio, e lo trovai al telefono, decisi di aspettare che finisse la telefonata prima di chiedergli cosa potessi fare per Scarlett.
Quando chiuse la telefonata non ebbi il tempo di chieder nulla che mi guardò sconcertato, gli chiesi cosa stava succedendo e mi rispose: «Era Hotch! Dobbiamo tornare in centrale, Cat Adams è evasa! Rientra in squadra come consulente anche Scarlett, la chiami tu o lo faccio io?».
«La chiamo io!»

Reborn ~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora