Capitolo 18.

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Ormai era più di un mese che io e Luca uscivamo, e andava tutto alla grande. Avevo iniziato pure l'università da qualche giorno e avevo subito fatto amicizia con una ragazza romana che si era, come me, trasferita appositamente per la facoltà (ok, io avevo anche un altro motivo che mi aveva portato a Torino, ma questi erano dettagli). Le lezioni erano super interessanti e riuscivo a seguire e a prendere appunti su tutto. Capii che, almeno quella, fosse la scelta giusta per me.

La settimana, tra diversi impegni, era giunta al termine, e come anticipo delle 18, si giocò Juventus-Atalanta e Luca mi invitò a vederlo allo stadio. Mi sentii super felice del suo invitò e, ovviamente, accettai senza esitare.

Amavo fare il tifo per lui e per tutta la partita avevo esultato e urlato come una pazza, scattandogli foto e video che poi gli avrei mandato. Amavo vederlo giocare e amavo essere lì per lui, soprattutto quando dopo una bella azione girava la testa verso la tribuna e i suoi occhi cercavano me. Mi sentivo speciale e capii che non era per nulla paragonabile alle volte che ero stata allo stadio a vedere Chiesa e la Fiorentina.

Per quanto riguardava lui, lo ignoravo pure durante le partite. E nonostante facesse una bella azione, o magari un goal, applaudivo per non dare nell'occhio ma non facevo niente di più. Mi snervava pure vederlo, immaginiamoci gioiere per lui. Non meritava nemmeno quel tipo di attenzioni da me.

Finita la partita, aspettai che Luca si lavasse e cambiasse e poi, insieme, andammo al 55. Diversi suoi compagni di squadra sarebbero stati là con le rispettive compagne e avevano chiesto a noi di unirci. Era piacevole sentirsi parte integrante di un gruppo in quel modo e sapevo, benissimo, che era una cosa che rendeva felice pure Luca. Amava la Juve e si era ambientato velocemente, e lo dimostrava pure il suo rendimento in campo. Era sempre più forte.

-Ti vedo pensierosa, piccola- proprio lui posò la mano sulla mia gamba e mi accarezzò dolcemente, riportandomi sulla Terra. -Vuoi dirmi cosa ti succede?-

-No, non sono pensierosa. Sto solo cercando di rilassare la mente perché so già che oggi ci sarà un casino assurdo al 55- il sabato sera era sempre così -Meglio raccogliere le energie prima-

Ridacchiai e lui con me, ma continuando a tenere lo sguardo sulla strada e la mano sinistra sul volante - okay, ma se non ce la fai più possiamo andare senza problemi.-

-Va bene, amore- sgranai gli occhi rendendomi conto di come l'avevo chiamato e mi girai di scatto completamente verso di lui, per osservare la sua reazione. Per un attimo mi venne l'ansia che potesse fermarsi in mezzo alla strada e farmi scendere, o smettere di parlare chiudendosi in sé e cercando una scusa per scaricarmi, invece sorrise

-Dillo più spesso, mi piace- le sue parole cancellarono tutte le mie ansie in un solo attimo. Era ovvio il perché avessi quelle paure... Per un attimo mi era tornato in mente il momento in cui dissi a Chiesa di amarlo e lui si zittì di colpo. Ricordavo bene l'inquietudine che aleggiava nel mio cuore in quel momento. Ma allora no, allora non era così. Luca non era Federico. Lui ci teneva a me.

Accarezzai delicatamente le sue dita e sorrisi davanti al suo commento. Lo avrei fatto con naturalezza se a lui non dava fastidio. -Va bene, pensavo fosse troppo per te, dopo un mese-

-No, scherzi? È stato dolce che tu l'abbia detto così, senza pensarci- mi regalò un sorriso dolce e rassicurante e io annuii comprensiva, prima di spostare lo sguardo fuori dal finestrino. Mi sentivo davvero leggera.

*

Mi sedetti sfinita nel divanetto del privè e Luca accanto a me. Avevamo passato l'ultima mezz'ora a ballare ininterrottamente e non ce la facevo più. Non ero per nulla abituata alla ginnastica.

Un altro amore|| Federico ChiesaWhere stories live. Discover now