Capitolo 5.

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Sussultai appena sentii il campanello suonare. Era passata ormai più di un'ora da quando ero tornata. Avevo fatto una doccia calda e rigenerante, per poi indossare degli abiti comodi. Avevo in mente di vedere una sfilza di puntate di qualche serie che mi avrebbe distratta e fatto accantonare la serata appena trascorsa, ma qualcuno ebbe la brillante idea di interrompere i miei piani.

Misi Netflix in pausa e andai controvoglia alla porta. Non ero certamente dell'umore adatto per fare gli onori di casa. A quell'ora poi. L'orologio segnava quasi mezzanotte. Ma non mi stupii più di tanto, tutti i miei amici erano nottambuli.

Aprii e spalancai la bocca trovandomi davanti l'ultima persona che mi aspettavo di vedere. Pensavo che la discussione avuta al locale avesse messo fine a tutto, invece mi sbagliavo. Fortemente.

- Chiesa, che ci fai qua?- mi sorrise appena, con timidezza, e con un cenno della mano mi chiese di entrare. Annuii e mi spostai dalla soglia, in modo tale che si potesse accomodare.

- Non riuscivo a togliermi dalla mente la tua espressione affranta.- confessò, serio. - Non riuscivo, in nessun modo.-

- Cosa hai detto a Chiara?- fu la domanda più stupida che potessi fare, ma era legittima, no?

- La prima cazzata che mi è venuta in mente. Che Simeone aveva bisogno di me e Lo Faso, perciò siamo andati via insieme.-

Risi, ma senza umorismo. Ero tesa. Tesissima. - Tu sei pazzo.-

- Può darsi, ma non potevo continuare a stare lì.-

- Con la tua ragazza, intendi?- marcai bene la parola "tua", mentre lo guardavo nervosa.

Mi appoggiai al muro con le spalle e mi passai le mani sul viso, in maniera frustrata. Non capivo perché fosse lì. Non riuscivo. Non stavamo più insieme. Avevamo chiuso, perché continuare a farci del male?

- Non me ne importa nulla di lei.- sbottò, come se fosse stufo di sentirmi ricordargli questo "piccolo dettaglio" che aveva nella sua vita. - Ti ci vuole molto a capirlo?-

Lo guardai torva, assolutamente infastidita dal suo modo di fare. Non era l'unico ad essere nervoso, anzi. Io stavo per scoppiare, ed era solo colpa sua. - Dovresti andartene.-

Si avvicinò a me, ignorando le mie parole e posò la sua mano sulla mia guancia destra. Mi si scaldò il cuore, appena la sua pelle calda entrò a contatto con la mia fredda, ma allo stesso tempo stava riaffiorando tutto in me. Non doveva andare così. Non doveva farmi sentire così vulnerabile. Avevo cercato di stare meglio, non potevo crollare ancora. Non poteva far sbollire la mia rabbia così velocemente. Era una cosa che mi faceva tremendamente paura quella, perché mi fece capire quanto potere avesse su di me.

- Mi manchi così tanto, non dirmi che non è così anche per te.- i nostri occhi si impigliarono e il mio battito cardiaco aumentò. Senza pensarci portai la mia mano sui suoi capelli e glieli scostai dalla fronte. Fu un gesto che amai sempre fare.

Avvicinò la sua bocca alla mia e restò fermo per alcuni secondi, come per chiedere il mio permesso. Nel momento in cui chiusi gli occhi, le nostre labbra si scontrarono, dando vita a un bacio. Diverso dai precedenti. Ricco di bisogno e di dolore. Riuscii a percepire l'amarezza e la rabbia, quest'ultima emozione sovrastava le altre, di gran lunga. Eravamo entrambi arrabbiati, ma con chi?

Ci allontanammo quando il fiato ci venne a mancare e io, tornando momentaneamente in me, mi allontanai da lui, il quale, vedendo la mia reazione, abbassò lo sguardo, affranto. Per un momento valutai di fiondarmi tra le sue braccia, ma restai ferma.

- Ti ho persa...- furono le sue uniche parole, che mi fecero tremare l'anima. Non volevo stesse male, ma non volevo nemmeno stare male io.

- Perché sei venuto qua? Queste scene mi distruggono.- trattenni le lacrime, ma la voce rotta mi tradii, così lui alzò lo sguardo di scatto.

Un altro amore|| Federico ChiesaWhere stories live. Discover now