Capitolo 30.

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Sentii bussare alla porta della mia stanzetta che era semichiusa e, senza che nemmeno aprissi bocca, mia sorella entrò e mi lanciò un'occhiata preoccupata, mentre io rimasi immobile sul letto a pancia in su. Non avevo tanta voglia di parlare o che.

-Venere, sei sicura di stare bene?- era passato qualche giorno da capodanno e io ero ancora nella casa dei miei genitori, a Firenze... Mi sentivo protetta là, un po' come Pascoli col suo nido

-Sto bene- le mie parole risultarono false persino a me

Lei arricciò le labbra e si fece pensierosa, come se fosse indecisa su come dirmi qualcosa -non è per caso che il tuo umore c'entri qualcosa con il fatto che, alla fine, Luca non sia venuto con te e che c'entri pure con Federico Chiesa?-

Feci spallucce sentendo la sua domanda, ma poi spalancai gli occhi rendendomi conto bene di ciò che aveva detto. Io non avevo mai parlato a nessuno della mia famiglia di Federico. -E tu come lo sai?- mi misi a sedere e la osservai ciondolare su un piede, ancora accanto alla porta

-Venere, è qua fuori.-

Mi paralizzai all'istante, poi mi convinsi di aver capito male... Doveva per forza essere così -Oddio, per un momento pensavo che avessi detto che Chiesa è qua- ridacchiai, ma appena mi resi conto che lei non accennava nemmeno a sorridere smisi di colpo -Io...-

Mi interruppe alzando una mano e iniziò a parlare al mio posto, dandomi uno dei suoi consigli. Mia sorella aveva sempre un consiglio da dispensare a chiunque. Altro che legge, avrebbe dovuto studiare psicologia. -Non so nulla di questa storia, immagino ti abbia fatto qualcosa di poco bello vedendo la tua reazione, ma se è venuto fin qua, sicuramente ha capito i suoi errori e sicuramente tiene a te.-

Sbuffai frustrata e desiderai ardentemente schiaffeggiare Chiesa. Non aveva nessun diritto di andare a casa mia e di far sapere così di noi alla mia famiglia. Lui mi aveva tenuta nascosta e ora lui decideva che tutti potevano saperlo? Era veramente odioso il fatto che dovesse decidere tutto e sempre.

-Mamma l'ha visto?-

Scosse la testa in segno di negazione e mi lasciai scappare un sospiro di sollievo -è andata poco fa a fare una commissione e papà è andato al bar a bere una birra con Carlo. Ci siamo solo io e te.- mi informò, ringraziai il cielo per quello -Che vuoi fare? Lo faccio entrare qua?-

-Ma sei matta?- quasi saltai in aria -Esco io. Non deve assolutamente entrare qua e mamma non lo deve vedere.-

Lei annuì appena e mi alzai velocemente dal letto, per raggiungere Chiesa fuori casa mia. Mi sentivo agitata e nervosa. Davvero non capivo perché avesse fatto tanta strada per venire da me. Era così incoerente il suo comportamento che mi mandava fuori di testa. Mi aveva ferito così tante volte che ogni volta, con lui, mi sembrava di vivere in un déjà-vu.

Arrivai al portoncino e dovetti prendere un bel respiro profondo e una bella dose di coraggio per avere la forza di aprire. Una volta che lo feci, si girò di scatto sentendo il rumore della porta, visto che era girato di spalle, e sorrise appena, osservandomi.

-Venere, ehi! Sono andato nel tuo appartamento di Torino, ma non mi hai risposto così sono andato al bar dove lavora la tua amica e mi ha detto che non eri ancora tornata da Firenze... Avevo bisogno di vederti- ignorai le sue parole e uscii da casa mia, chiudendo il portoncino, tanto avevo preso con me le chiavi. Non volevo che mia sorella sentisse qualcosa... Le avrei parlato poi io di tutta la storia.

-Non puoi stare qua, mia madre non deve vederti.-

-Perchè no?- inarcò un sopracciglio -Ti vergogni di me?- a quelle parole la mia voglia di schiaffeggiarlo si fece ancora più forte

Un altro amore|| Federico ChiesaWhere stories live. Discover now