Capitolo 31.

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Un quarto d'ora. Era da un maledetto quarto d'ora che sostavo sotto il palazzo di Federico. Non sapevo assolutamente se fosse la cosa giusta essere là, e per quello non mi decidevo a suonare, ma nemmeno ad andare via.

I ricordi mi avevano sommersa appena avevo visto l'edificio. La prima volta che mi ci portò... Ah quanto mi sentii speciale. Quando ci lasciammo la prima volta... Come mi si spezzò il cuore.

Insomma, ero sempre combattuta sui miei sentimenti, per ciò che sentivo per lui e per la paura dell'intensità di, appunto, quel sentimento.

Presi un bel respiro e mi dissi che se ero andata fin là, quella mattina, non potevo scappare. Qualcosa voleva sicuramente significare e io avevo il dovere di non ignorare quel pensiero. Non avevo dormito tutta la notte, i brividi che il bacio con lui mi avevano regalato più la sua proposta non mi lasciarono chiudere occhio.

Pensai per tutta la notte ai pro e ai contro per prendere una decisione oggettiva, ma alla fine mandai a fanculo la lista che avevo stilato nella mia testa e decisi di andarci comunque, ignorando tutti i contro. La verità è che nonostante la paura, nonostante la rabbia, la delusione, io lo volevo. Volevo sentirmi sua ancora una volta, come succedeva quando eravamo amanti... Quando finivamo a letto insieme e sentivo delle emozioni indescrivibili. Volevo riprovare quelle emozioni ancora. E poi volevo vederlo ancora assonnato. E poi volevo accarezzargli i capelli. E poi volevo tante altre cose, che solo lui poteva darmi.

Mi avvicinai ai campanelli e cercai il suo nome tra tutti, poi suonai. Allontanai immediatamente il dito dal bottone, come se fosse talmente caldo da potermi ustionare, e dopo pochi secondi la sua voce riecheggiò. Il cuore mi balzò immediatamente nel petto. -Venere? Sali-

Mi disse solamente questo, come se sapesse già che fossi io senza nemmeno vedermi. Probabilmente nessuno, a parte me, sapeva fosse al suo vecchio appartamento.

Un brivido percorse il mio intero corpo, sapendo che quello che stavo facendo era sempre più reale, poi spinsi il portoncino che aveva aperto lui da su, ed entrai nell'androne.

L'ascensore davanti ai miei occhi mi ricordò la prima volta che mi ci portò, anche se quella volta entrammo dai parcheggi e non dall'ingresso principale, perché tornammo in macchina. Ricordai immediatamente noi che ci baciavamo, dopo il silenzio tombale che c'era stato nella sua auto a seguito del mio dirgli che lo amavo.

Respirai ancora una volta per prendere coraggio, poi salii le scale, evitando l'ascensore, e in poco tempo mi ritrovai nel pianerottolo del suo appartamento. La porta era aperta e lui mi stava già aspettando davanti a essa, immobile con le braccia lungo i fianchi.

Gli lanciai un'occhiata e fu impossibile non notare il sorriso che cercò di nascondere nel vedermi davanti a lui. -Sei venuta davvero- sembrò quasi incredulo

-Beh, sembravi abbastanza sicuro che sarei venuta considerando come hai risposto al citofono- scherzai, per smorzare un po' la tensione... Era come camminare sul ghiaccio, ad ogni mossa o parola avevo paura di cadere in acque gelide

-In realtà è perché nessuno sa che ho tenuto l'appartamento, non sono mai riuscito a venderlo. C'erano dentro troppi ricordi e in più qualcosa, dentro me, mi suggeriva che un giorno mi sarebbe tornato utile averlo, e infatti eccoci qua- indicò prima me e poi se stesso con l'indice, infine si spostò dalla soglia della porta e mi fece un segno per farmi accomodare -Comunque, entra pure Venere.-

Non me lo feci ripetere due volte e feci ciò che mi aveva chiesto, passandogli accanto e cercando di ignorare i brividini che mi percorsero nel momento che le nostre mani si sfiorarono. Pensai che non era possibile che fossi ancora così coinvolta da lui.

Un altro amore|| Federico ChiesaWhere stories live. Discover now