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«...Ti odio!» Furono le urla di Daniel che provenivano dal corridoio a svegliarmi. Diedi un'occhiata all'orologio, erano le otto passate e fuori dalla mia stanza sembrava esserci in atto, già di primo mattino, una guerra aperta tra padre e figlio.

Le urla di Robert sovrastavano quelle di Daniel, che come risposta, sbatté la porta di camera sua, facendo tremare tutto il vicinato.

Alzai la schiena dal letto e mi stiracchiai le braccia.

«Buongiorno.» Dissi al mio riflesso nello specchio di fronte al letto.

Le mie prime quasi ventiquattr'ore a casa Fox non erano state per niente male, se si escludeva il fatto che Daniel, oltre ad importunare me, stava praticamente facendo impazzire anche il padre.

Era Domenica mattina, e tra una settimana esatta avrei cominciato le lezioni alla "Burlington" e fino a quel giorno avevo deciso di impiegare il tempo libero per visitare Londra e scoprirne tutte le sfaccettature.

Saltai fuori dal letto e indossai una t-shirt bianca che infilai dentro ai jeans.

Appena entrai in cucina per fare colazione, ad aspettarmi sul tavolo, trovai un piatto fumante di uova in camicia e bacon fritto. Era la prima volta che mangiavo qualcosa di diverso dal solito latte e cereali, ma dovevo ammettere che fare colazione in quel modo non mi dispiaceva affatto.

«Dormito bene?» Il viso spigoloso di Robert spuntò da dietro il quotidiano che stava leggendo. «Spero le nostre urla non ti abbiano svegliato.»

«Urla? Quali urla?» Mentii «Ho dormito come un ghiro e a svegliarmi è stata solamente la sveglia sul comodino!» Abbozzai un sorriso.

«Sei proprio un bravo ragazzo, Mattia.» Sorrise, avendo inteso che la mia risposta non era altro che una frottola di circostanza per non apparire invadente.

A sedersi vicino a me con in mano una tazza di caffè fu Caren, che prima di berne un sorso si aggiustò i lunghi capelli biondi in uno chignon improvvisato.

«Spero che Daniel ceni insieme a noi stasera...»Sospirò poggiando il gomito sul tavolo e affondando la guancia dentro il palmo della sua mano.

Più tempo passavo in compagnia di Caren e Robert, più non riuscivo a capire che razza di problemi avesse quel ragazzo per comportarsi in quel modo!

«Che programmi hai per oggi?» Mi chiese poi continuando a sorseggiare il suo caffè.

«Pensavo di uscire e cominciare a visitare la città!» Dissi entusiasta all'idea di poter girare da solo le bellissime strade londinesi.

All'improvviso Robert si rabbuiò. Vidi i suoi occhi cercare quelli di Caren e dopo essersi scambiati uno sguardo di intesa, il signor Fox piegò il quotidiano poggiandolo sul tavolo.

«Ti andrebbe di chiedere a Daniel di venire con te? So bene che potrebbe sembrare scontroso ma in realtà sono sicuro lui abbia bisogno soltanto di un amico con cui parlare, specialmente oggi.»

Si trattava forse di uno scherzo? Daniel non aveva bisogno di un amico, aveva bisogno di un esorcista!

Quando stavo per trovarmi in procinto di pronunciare un secco «Non se ne parla!», gli occhi lucidi di Robert mi impietosirono, ed anche se non avevo la minima idea di cosa passasse per la testa di quel ragazzo, decisi di accettare la sua proposta.

Dopo aver divorato la colazione, con il cuore in gola, salii al piano di sopra. Portai le mani avanti e strinsi gli occhi quando immaginai il cazzotto di Daniel sulla mia faccia non appena gli avessi proposto di passare la giornata in giro per Londra in mia compagnia. Sentivo l'adrenalina salire dalle punte dei piedi a quelle dei capelli. Stavo praticamente commettendo un suicidio.

«Ciao Daniel, come stai? Ti andrebbe se...» No, non va bene. «Hey, ti va di...» Troppo confidenziale.

Mentre con passo felpato percorrevo il corridoio che in quell'istante sembrava essere lungo chilometri, cercavo di formulare una frase da dire, a cui Daniel non avrebbe potuto rispondere in modo aggressivo.

Prima di bussare alla sua porta, presi un profondo respiro. Per un secondo pensai di ritornare di sotto e declinare definitivamente la richiesta di Robert. Poi trovai il coraggio e decisi di bussare. Due colpi, secchi e decisi.

«Che c'è?» Urlò Daniel dall'interno della stanza.

Deglutii a fatica, e senza pensarci troppo, aprii la porta.

La sua camera era grande come la mia ma decisamente molto più in disordine. I suoi vestiti erano sparsi dappertutto, sopra le ante aperte dell'armadio, sulla scrivania, per terra e sul davanzale della finestra. L'unico posto ad essere in ordine era una mensola dove si trovavano sopra diverse macchine fotografiche. Sulla parete vicina erano attaccate alcune fotografie rappresentanti oggetti o persone in movimento, dove, in quasi in tutte, il soggetto principale si presentava volutamente fuori fuoco.

«Ciao, stavo pensan...» Troncai la frase a metà quando lo vidi seduto sul bordo del letto con un libro tra le mani e gli occhi lucidi.

«Chi ti ha dato il permesso di entrare?» Si girò di scatto lanciandomi un'occhiataccia e si affrettò a riporre il libro dentro al cassetto del comodino.

«Perché... Perché stai piangendo?» Balbettai.

Daniel restò in silenzio e abbassò lo sguardo.

«Stai bene?» Chiesi inclinando la testa per cercare di spiare i suoi occhi, fermi a fissare il pavimento.

«È meglio se sparisci.» Mi fulminò con lo sguardo. Gli occhi tristi stonavano con la rabbia del suo volto.

L'istinto di restare lì, di scoprire cosa si celava dietro la sofferenza che nascondeva con tanta aggressività era decisamente più forte della paura delle sue minacce, così decisi di fare un ulteriore passo verso di lui. Non appena il mio piede destro superò il sinistro toccando terra, Daniel riuscì a balzare dal letto in un millesimo di secondo. Il suo viso era praticamente attaccato al mio, i nostri nasi quasi si toccavano. Non capii se si trattava di paura, o era per quegli occhi verdi che guardavano dentro ai miei, che il mio cuore cominciò a battere all'impazzata e il respiro diventò sempre più affannoso.

Era la prima volta che lo guardavo ad una distanza così ravvicinata, e ritrovarmelo a meno di un centimetro dal naso mi fece sentire scomodo nel mio corpo, come se la mia stessa pelle fosse diventata ad un tratto un indumento ormai troppo stretto da indossare.

Percepii all'istante la fragranza del suo profumo. Essenza di legno di cedro, pompelmo e pelargonio. Da così vicino mi era possibile studiare i suoi lineamenti delicati, la mascella ben delineata, le vene azzurrine che attraverso la pelle diafana del suo viso si facevano strada sotto i suoi occhi. Il naso leggermente all'insù, le labbra violacee, semiaperte, i denti bianchissimi, allineati perfettamente e le morbide ciocche di capelli che cadevano pesanti sopra gli occhi.

«Io...» Pronunciai a bassa voce quando la mano fredda di Daniel mi strinse il polso e la sua bocca si avvicinò al mio orecchio, così vicina da percepire il calore del suo alito accarezzare la mia pelle.

«Ho detto che è meglio se sparisci.» La presa al polso divenne sempre più serrata, fino a farmi male, mentre con l'altra mano mi colpì sul torace strattonandomi fuori dalla sua stanza. «Stupido ragazzino.» Furono le ultime parole che mi rivolse prima di sbattere la porta, chiudendola.

Mi rialzai da terra massaggiandomi il polso indolenzito. Cominciavo ad odiare Daniel con tutto me stesso.

Mi precipitai in camera mia, afferrai lo zaino e scesi al piano di sotto.

Mi accorsi di avere gli occhi pieni di lacrime, e l'ultima cosa che volevo era quella di farmi vedere dai signori Fox in quello stato. Frettolosamente, mi avvicinai alla porta d'ingresso mantenendo le spalle alla sala da pranzo per tutto il tempo.

«Daniel preferisce restare in casa. Mi dispiace!»Dissi cercando di trattenere le lacrime prima di uscire, chiudendomi la porta alle spalle.

AMORE89Where stories live. Discover now