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Le lacrime sul mio viso si confondevano alle goccioline d'acqua che cadevano pesanti dalle ciocche bagnate dei miei capelli sulla fronte. Stavo seduto sotto una pioggia battente, su una gradinata a pochi isolati da casa che da quando Christian l'aveva lasciata era diventata troppo silenziosa per restarci. Era già passata più di un'ora e non mi importava dei passanti che mi lanciavano occhiatacce, di avere freddo e di avere i vestiti completamente bagnati.

Poi all'improvviso la pioggia si fermò, sentii una voce alle mie spalle ed io alzai lo sguardo trovandomi il braccio di Daniel fermo a sorreggere un ombrello proprio sopra la mia testa.

«Ma non ce l'hai una casa dove stare?» Eccola, la solita domanda fuori luogo. Mi guardava dall'alto e in quei pochi istanti in cui si era preoccupato di ripararmi dalla pioggia i suoi vestiti si erano inzuppati quasi quanto ai miei. Poi «Perché piangi?» Mi sembrò quasi un dejavu.

Quando eravamo ragazzini ed io mi trovavo in preda alla gelosia, me ne scappavo dentro al bagno di qualunque posto ci trovassimo e venivo schematicamente seguito da lui, e dalla solita domanda "Perché piangi?" come se non fosse stato abbastanza chiaro il motivo del mio sconforto.

Questa volta a farmi male però non era stata la gelosia. A farmi male era aver ferito Christian, era la gigantesca nube di domande che avevo per Daniel.

Perché sei ritornato nella mia vita? Perché adesso? Perché io? Che vuoi Daniel? Me? E allora prendimi, afferrami per un polso e portami su un tetto e baciami.

«Sto bene.»

«Mattia.»

«Brutta giornata.»

«Quanto brutta?»

«Ho rotto con il mio ragazzo.» Trovai il coraggio di dirlo. Tutto d'un fiato.

«Capisco.» Non una nota di stupire sul suo volto. «Si tratta del cugino con l'orticaria, non è vero?»Daniel si sedette vicino a me e chiuse l'ombrello. Lasciò che la pioggia ci bagnasse entrambi e restò fermo a guardarsi le punte delle scarpe.

«Mi odi adesso?» Chiesi con un filo di voce, e la sua bocca si piegò accennando un sorriso. Poi alzò lo sguardo verso di me e restò in silenzio mentre io guardavo il suo volto rigato dalla pioggia, le sottili vene azzurrine sotto gli occhi e la pelle delicata e diafana intorno alle sue labbra color porpora. Il suo viso si avvicinò lentamente al mio, e percepii il calore del suo alito sopra la pelle fredda bagnata dalla pioggia.

«Ti odierò, se potrò. Altrimenti ti amerò mio malgrado.» Portò una mano sulla mia nuca, e mi baciò prepotentemente. Quando le nostre bocche si staccarono ebbi subito nostalgia della sua. Così lo presi per il colletto della t-shirt che ormai fradicia gli si appiccicava ai muscoli e lo baciai nuovamente.

«Che oscenità! Fatele a casa certe cose, pervertiti!» Le urla di un anziano passante non bastarono a farci smettere. Indispettirono Daniel che per buon risposta mi riprese a baciare con ancora più foga.

«Andiamocene adesso perché rischio di strapparti i vestiti di dosso e fare impazzire quel vecchio.» Mi prese da sotto le spalle, come si fa con i bambini per prenderli in braccio e mi fece alzare.

Iniziammo a camminare.

«Lo sapevi.»

«Dal primo momento, Mattia.»

«Perché non hai detto nulla al riguardo?»

«Io non voglio portarti a fare delle scelte, Mattia. La vita è troppo breve per pensare a cosa sia giusto e a cosa sia sbagliato. Dovremmo pensare piuttosto a cosa riesce a renderci felici.»

«E cosa ti rende felice?»

«L'odore della pioggia sull'asfalto, Roma, le tue labbra e il modo in cui mi guardi quando pensi che non me ne renda conto.»

«E com'è che ti guardo?»

«Con gli occhi pieni di sogni.»

Quando Daniel smise di camminare ci trovammo davanti ad un edificio adiacente alla chiesa di Santa Maria ai Monti.

«Che ci facciamo qua? Non andiamo da te?»

«Ci siamo già. Ho preso un piccolo appartamento in affitto. Nel pomeriggio sono venuto a portare le ultime cose.»

Una volta entrati nel palazzo, e quando le porte dell' ascensore si chiusero, prendemmo a baciarci nuovamente. Poi entrammo nell'appartamento con ancora le labbra agganciate, e chiuso il portone Daniel mi ci spinse contro le spalle e cominciò a baciarmi. Gli occhi, le guance, il collo. Mi sfilò la t-shirt bagnata ed io sfilai la sua e mentre succhiava il lobo del mio orecchio riuscivo a percepire il suo cuore tamburellare sul mio petto umido di pioggia. Eravamo esseri incandescenti, anime che avevano aspettato fin troppo per ritrovarsi. Vestiti sparsi sul pavimento e corpi distesi sopra un letto, piegati sopra il piano della cucina, intrecciati sul davanzale della finestra. Pelle fredda, umida, bagnata, appiccicosa. Mani tra i capelli bagnati, mani nelle mani. Carne dentro e desiderio fuori. La sua lingua sulla mia pelle, il sapore di lui nella mia bocca. Respiri affannosi, sudore e sperma.

«Sei tu.»

«Scusa?»

«Sei tu a rendermi felice.»

AMORE89Hikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin