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Giugno

Il colore della mie scarpe si abbinava perfettamente al grigio chiaro della pavimentazione della sala d'attesa; i gomiti poggiati alle ginocchia, la testa tra le mani e lo sguardo perso nel vuoto mentre l'ansia mi serrava la gola.

L'ultima volta che mi ero trovato in una situazione simile era stato quando Daniel aveva perso i sensi al pianoforte ed io lo avevo portato di corsa al pronto soccorso. Ricordo ancora il batticuore che ebbi per tutto il tempo, finché non lo vidi sbucare, bello come il sole, da dietro la porta scorrevole in vetro, sorridermi con un angolo della bocca e guardarmi con quegli occhi verdi, così verdi e cristallini, che ci si poteva quasi vedere attraverso.

Era entrato nello studio del Dott.Harris accompagnato da Robert già da un pezzo e con un categorico "No!" mi aveva proibito di seguirli.

Quello sarebbe stato il giorno in cui saremmo venuti a conoscenza degli effetti della terapia sul suo osteosarcoma.

Nonostante fossero passate settimane dall'ultima chemio, e nonostante l'entusiasmo iniziale (più mio che di Daniel), in casa Fox c'erano stati giorni davvero difficili.

Lui aveva lentamente ripreso a mangiare senza dover correre immediatamente al bagno per vomitare e riusciva a scendere e salire le scale di casa senza l'aiuto di nessuno. Era ritornato in forze molto precocemente e i sintomi del suo tumore, che si erano poi combinati a quelli della chemio, sembravano quasi un lontano e brutto ricordo. Malgrado questi miglioramenti però, Daniel si era chiuso sempre di più in se stesso; passava la maggior parte del tempo da solo, aveva smesso di parlarmi quasi del tutto e aveva assunto un'aria alquanto scontrosa nei confronti di Robert e Caren.

Io avevo provato più e più volte ad avere un qualsiasi tipo di dialogo con lui, ma venivo sempre liquidato con un verso che emetteva serrando le labbra accompagnato da uno sguardo di sufficienza. Poi decisi di averne abbastanza, così quel giorno mi chiusi la porta della sua stanza alle spalle e glielo dissi. Probabilmente urlando.

«Potresti spiegarmi che cos'é che ti infastidisce così tanto?»

Lui rimase immobile, seduto sul letto, aspettò qualche secondo e poi rispose.

«Non mi infastidisce nulla. Adesso mi piacerebbe starmene da solo.»

«Ecco che lo rifai!»

«Rifaccio cosa?»

«Mi allontani! Non riesco a capire!»

«Non puoi capire.»

«Si che posso! E sono qui, pronto ad ascoltarti, se solo tu non fossi così...» Mi fermai all'improvviso.

«Non fossi così...?»

«Nulla, lascia stare. »

«Certo. Non vorresti mai offendere i sentimenti di un malato terminale, giusto?»

«Daniel, sai che questo non c'entra.»

«E invece si! Siete tutti così... Così... Così falsi, nascosti dietro a quei sorrisi che vi siete dipinti in faccia credendo che mi facciano stare bene, mentre quello che non capite é che non servono proprio a nulla e non riusciranno di certo a guarirmi!» Alzò il tono della voce, e così feci anche io.

«Non sappiamo ancora nulla dei risultati della chemioterapia!»

«Ma sappiamo che i dottori ci hanno dato una probabilità di successo più bassa del quaranta percento!»

«Questo non è rilevante! Al diavolo le statistiche!Tu potresti trovarti in quella percentuale e potremmo finalmente partire per l'Islanda... Lo ricordi ancora, il viaggio che faremo una volta che sarai guarito?» Mi si incrinò la voce.

«Viaggio?» Si alzò dal letto, serrò la mascella e cominciò a camminare verso di me. «Non ci sarà nessun viaggio, Mattia! Per l'amor del cielo! Credi davvero a queste stronzate? La nostra vita non è una favola, non ci sarà un lieto fine! Io sto morendo! Non lo capisci?» Il suo viso si trovava ormai ad un centimetro dal mio, aveva le vene del collo rigonfie. «Non lo capisci?» Ripeté sferrando un pugno al muro di fianco alla mia testa.

«Io...io...» Cominciai a balbettare mentre gli occhi mi si riempivano di lacrime.

«Sta succedendo tutto come l'ultima volta!» Mi interruppe. «Il tumore, la chemio, poi i sintomi che scompaiono momentaneamente mentre l'osteosarcoma si diffonde fino a rendere impossibile qualunque terapia! È così che è successo a mia madre, ed è così che finirà per me!»

«Non dire così!» Cominciai ad urlare. «Se non sarai guarito adesso non vuol dire che sia finita! Potremmo fare domanda per i programmi sperimentali che ci sono stati consigliati e poi...»

«Non farò più nessun'altra terapia!» La sua voce sovrastò la mia. Ci fu silenzio per un lungo istante, poi sussurrando a denti stretti continuò. «Non voglio ancora vivere in quel modo miserabile! Quelle terapie non guariscono, si tratta soltanto di inoltrare la data della mia morte... Faresti bene ad abituarti all'idea che presto o tardi non ci sarò più.» Mi guardò dritto negli occhi e riprese ad urlare. «Che stai combinando, Mattia? Che diavolo ci fai ancora qui? Stai buttando all'aria la tua vita per accompagnarmi nell'aldilà? Non lo trovi stupido? Non lo trovi folle? Ti odio! Odio te, mio padre, Caren, per essere così illusi e pieni di speranze vane!»

«Non è stupido, non è folle! Io ti amo, Daniel!» Glielo gridai guardandolo negli occhi e prendendo le sue mani tra la mie.

Lui abbassò lo sguardo, non disse nulla per un istante e poi all'improvviso cominciò a singhiozzare. «Io morirò, Mattia! È per questo che ti chiedo di andare via, perché morirò!» Cadde con tutta la sua forza sulle ginocchia, proprio davanti a me. «Ho paura! Ho una fottuta paura di morire e non voglio che tu senta quel dolore insopportabile!» Si aggrappò ai miei fianchi e posò la sua guancia bagnata sul mio addome, poi riprese a singhiozzare più forte. «Non voglio morire! Non voglio! Non voglio!»

Mentre tremavo, gli tenni la testa tra le mani senza dire nulla. Poi lentamente mi chinai con i gomiti alle ginocchia, cercai di trattenere il pianto e lo guardai dritto negli occhi mentre con i pollici cercavo di asciugare le lacrime sulle sue guance.

Vederlo così fragile, impaurito e indifeso mi frantumava il cuore in miliardi di pezzettini, così piccoli, che non sarei più stato certo di riuscire a rimetterli assieme.

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