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«Da...Daniel...» Le mie ginocchia cominciarono a tremare, insieme alla mia mano che fuori controllo cominciò a scarabocchiare irregolari circonferenze sul taccuino destinato alle ordinazioni. Sentivo addosso gli occhi degli altri due uomini seduti al tavolo con lui.

«Che succede? Hai visto un fantasma?» La mano di Daniel si posò sulla mia, interrompendo l'intrecciarsi di ghirigori che involontariamente avevo tracciato per tutto il foglio. Il suo tocco emanava calore. Il palmo della sua mano era liscio e leggermente umido e all'istante avvertii il desiderio di avere il suo sudore mischiato al mio.

«È possibile ordinare adesso?» La voce di uno dei due uomini seduti in sua compagnia mi catapultò alla realtà.

«Certo!» Risposi tutto d'un fiato.

«È assurdo! Quanto tempo è passato, Mario?»Disse Daniel ritirando la sua mano che poco prima si era posata sulla mia.

«Tre anni.» Puntualizzai irritato «E mi chiamo Mattia.» Sussurrai poi, a denti stretti. Guardandolo con più lucidità di prima, notai i suoi capelli che, adesso corti, lasciavano la sua fronte completamente scoperta. In contrasto alla t-shirt nera che indossava, la sua pelle diafana pareva essere ancora più chiara di quanto non lo fosse già. I gomiti poggiati sul tavolo, solita aria da spavaldo, dita delle mani incrociate all'altezza del viso che coprivano il sottile ghigno di compiacimento nel vedermi in difficoltà. Le braccia nude, più muscolose e definite di come le ricordavo. Il sinistro era ricoperto di tatuaggi. Rintracciai la piccola testa di alieno che conoscevo bene, ed intorno ad esso il susseguirsi di diversi disegni confusi e astratti.

Dopo aver annotato l'ordinazione mi affrettai a chiudermi nel bagno di servizio sul retro, passando per la cucina. Mi chiusi la porta alle spalle, e mi concessi una breve pausa per riprendermi dal violento colpo al cuore che Daniel era riuscito a provocarmi dopo tre lunghi anni. Mi sciacquai il viso con dell'acqua fredda e cercai di respirare lentamente recuperando così un battito cardiaco che fortunatamente non si trasformò in un procinto di infarto.

Ce la puoi fare, smettila di agitarti! Sei cresciuto adesso e lui è soltanto il passato. Non fare stronzate e torna a lavoro!
Guardavo il me riflesso nello specchio sopra il lavabo. La verità era che non desideravo altro che dileguarmi come l'acqua che scorreva spedita dal rubinetto fino al foro di scarico del lavandino. Gonfiai il petto e uscii dal bagno tornando nella sala per servire ai tavoli cercando di essere naturale e impassibile alla sua presenza.

In ogni movimento che facevo però, avvertivo gli occhi di Daniel su di me. Il ché riusciva a rendermi terribilmente e inesorabilmente impacciato.

Ogni volta che me lo ritrovavo alle spalle riuscivo a percepire il suo sguardo divertito assieme al sogghigno che invano tentava di camuffare. Ad un tratto cominciò anche a bisbigliare il mio nome, più di una volta, ma con estrema abilità riuscii a dissimulare continuando il mio lavoro come nulla fosse.

Nel momento in cui stavo per cominciare a riporre dal vassoio delle birre e dei primi piatti su un tavolo molto vicino al loro, l'ennesima sghignazzata mi fece perdere del tutto le staffe.

«C'è qualcosa che ti diverte o sei semplicemente un emerito cretino?» Esclamai a voce alta girandomi di scatto verso di lui.

«Mattia, scusami davvero, è soltanto che...»

«Che cosa? Ti diverti a prendermi in giro? Sei cresciuto o sei rimasto lo stesso ragazzino irascibile e prepotente di tre anni fa?» Fu troppo tardi per accorgermi che l'intero ristorante era diventato una platea che assisteva indiscreta al mio titanico sfogo di cui ormai iniziavo a vergognarmi.

Le sue labbra si inclinarono da una parte sfoggiando un sorriso che mi irritava non poco. Poi lentamente alzò la mano destra verso di me e con l'indice mi fece segno di avvicinarmi a lui.

Rimasi perplesso da tanta calma, e quando la sua bocca si accostò al mio orecchio finii per sentirmi un completo idiota. 

«Hai della carta igienica attaccata alla scarpa. Ho cercato più volte di dirtelo ma... Non mi davi retta.» Fece spallucce.

Il mio viso andò in fiamme e non appena finì di parlare, con ancora il vassoio in mano, mi voltai di scatto verso la mia scarpa, ma quando lo feci, gli spaghetti alle vongole si precipitarono dritti sui pantaloni di Daniel, che alzandosi bruscamente urtò contro il vassoio facendo cadere le birre e infradiciando i clienti seduti al tavolo adiacente.

Il trambusto provocato dal mio essere stato così tanto stupido fece sobbalzare da dietro il bancone Flaminia, la proprietaria,  che con sguardo indiavolato cominciò ad inveire contro di me.

«Mattia, in cucina! Io e te, adesso!»

AMORE89Where stories live. Discover now