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La stretta allo stomaco non smetteva di farmi male. Premeva sempre con più forza, costringendomi a piegarmi su me stesso per riuscire ad alleviare il dolore.

Mentre mi precipitavo verso l'uscita, ebbi la sensazione che la scuola stesse per rimpicciolirsi, che le pareti del corridoio intorno a me, stessero per restringersi una contro l'altra, fino a schiacciarmi.

La rabbia mi serrava la gola. I respiri erano diventati affanni.

Non può essere vero, non può essere vero!

Continuavo a ripetermi, negando inutilmente a me stesso la crudele realtà.

Perché mi aveva ingannato? Perché aveva tradito la mia fiducia? Non ero stato forse, abbastanza per lui?

I passi di Daniel si facevano sempre più vicini, ma io non volevo riuscissero a raggiungere i miei. Volevo scappare via da lui e non guardarlo più negli occhi. Non volevo più le sue mani addosso, né sentire più il suono della sua voce. Se fosse stato possibile avrei voluto cancellare tutto quello che era stato.

Non appena uscii dalla scuola, mi affrettai a nascondermi dietro una delle tante auto parcheggiate lì davanti. Tutto intorno a me pareva essere annebbiato, poco chiaro. Sentivo mancarmi il respiro, come se, all'improvviso, tutta la sofferenza si fosse tramutata in acqua e io ci stessi annegando dentro, fino a morire.

Mi buttai con le ginocchia sull'asfalto e portai la testa verso l'alto cercando di prendere fiato, ma era ormai troppo tardi, perché Daniel si trovava già in piedi davanti a me.

«Mattia, io...» Lo sentivo balbettare per la prima volta da quando lo avevo conosciuto. «Non...Non fare in questo modo, ti prego.» La poca luce che arrivava dai lampioni ai lati della strada lo faceva sembrare smunto e pallido, e nonostante la distanza che c'era tra di noi, mi era facile percepire l'odore rivoltante di alcol venire fuori dalle sue labbra.

«Perché? Perché mi hai fatto questo?» Gli gridai contro, tra i singhiozzi che non riuscivo più a fermare, mentre sentivo le ginocchia sull'asfalto pulsare. Lui rimase immobile mentre dall'alto mi guardava impietosito. «C'è una spiegazione a tutto questo? Oppure sei soltanto un sadico che usa le persone a suo piacimento?» Continuai ad urlare, sempre più forte, fino a sentire la gola andare in fiamme.

«Io...Non so se...» Cominciò a parlare sotto voce, ma io non riuscii più a controllarmi e con tutta la forza mi lanciai su di lui e cominciai a colpirlo sul petto.

«Perché, perché, perché? Dimmi la verità! Perché l'hai fatto?» Non facevo altro che singhiozzare, mentre i miei pugni battevano ripetutamente sul suo torace e Daniel continuava ad incassare i colpi in silenzio. La rabbia aveva preso ormai il sopravvento e con tutta la forza che mi era rimasta lo colpii un'ultima volta, in pieno viso. Lui mi fermò subito dopo, afferrandomi con forza il polso. Vidi del sangue venir fuori dal suo labbro inferiore.

«La verità...» Mi guardò dritto negli occhi mentre portò l'altra mano sulla sua bocca, tamponando il sangue con la manica della giacca. «La verità è che non ti meriti uno come me.» Concluse, abbassando lo sguardo.

Io mi liberai dalla sua presa e lui mi voltò le spalle.

«È soltanto questo che hai da dire? Codardo! Ti manca forse il coraggio, per guardarmi negli occhi?» Gli urlai contro. «Hai ragione! Non ti merito! Ed è proprio per questo che ti odiano tutti. Tuo padre, Caren, Giselle, forse anche tua madre non ti ha mai voluto bene. Si prendono cura di te soltanto per un senso di dovere, ma in realtà... In realtà sei solo un ripugnante mostro, egoista e insensibile!»

Gli vomitai tutte quelle parole contro mentre lo vidi sparire nell'oscurità della notte.

AMORE89Where stories live. Discover now