24 - Roma, 1992

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Giugno

«Bentornato!» Sentii la voce di Christian provenire dal soggiorno non appena rincasai, chiudendomi la porta alle spalle.

Mi tolsi il cappotto fradicio per via della pioggia e lo agganciai all'appendiabiti dell'ingresso, poi mi sfilai le scarpe e strisciando pigramente le piante dei piedi sul parquet, mi trascinai in salotto sostando davanti a lui che rimase seduto sul divano a fissarmi. Indossava dei pantaloni di pile grigio scuro, una canotta bianca e i capelli neri, pettinati da un lato, gli davano, anche in pigiama, l'aria elegante di una star holliwoodiana.

«Com'è andata oggi, amore?» Mi chiese abbozzando un sorriso.

«Uccidimi, così da porre fine alle mie sofferenze!» Biascicai lamentoso girandomi di spalle, lasciandomi cadere a peso morto sul sofà in pelle, proprio di fianco a lui. «Sono distrutto.»Ammisi più serio «Nel fine settimana c'è sempre il pienone!» Poggiai la testa sulle sue gambe e lo guardai dritto negli occhi, chiari come il vetro.

«Mi chiedo ancora perché lo fai.» Commentò dopo aver allungato il collo verso di me e aver posato delicatamente le sue labbra sulla mia guancia per un istante, strofinando la sua barba contro la pelle liscia del mio viso.

«Perché faccio cosa? Il cameriere? Sarebbe forse meglio farsi mantenere dal proprio padre o dall'avvocato trentasettenne che mi ritrovo per fidanzato? No, grazie.»

«Per me non sarebbe affatto un problema! Se solo ci fosse stato un trentasettenne come me durante i miei diciannove anni.» Sospirò ironico spostando con la sua mano ruvida i capelli bagnati di pioggia da sopra la mia fronte. Poi continuò «Te l'ho detto almeno un centinaio di volte, Mattia! Ti potresti dedicare completamente allo studio mentre a tutto il resto penserei io!»

«Non se ne parla.»

«Potrei darti tutto quello che ti serve...»

«La ringrazio egregio avvocato" Lo interruppi alzandomi di scatto dal divano "Ma dovrò rifiutare la sua offerta.» Conclusi con un tocco di ironia.

«Non darmi del lei. Mi fai sentire vecchio.» Disse piccato.

«Come se non lo fossi già!»

«Dicono che i trenta siano una seconda adolescenza!»

«Non quando sono così vicini ai quaranta!» Aggiunsi in tono scherzoso lanciandogli un'occhiata di sfida.

Quello che mi piaceva di Christian era il modo così attento che aveva nel prendersi cura di me. Era gentile, molto premuroso e mi riempiva di costanti attenzioni.

Ci eravamo conosciuti un anno prima in una calda sera di Giugno, grazie a Silvia, mia coetanea con cui avevo scambiato due chiacchiere durante le lezioni di filologia classica in università, e che da lì a poco, quelle chiacchiere, si erano trasformate in una profonda e sincera amicizia.

Quella sera si era intestardita nel volermi costringere ad "ampliare le mie conoscenze", una frase che in realtà lasciava intendere "smettila di fare l'asociale, e inizia a vivere!", così mi feci trascinare con forza alla festa di laurea di un nonsochì, amico di un amico di Silvia, in un locale tra le vie del centro storico di Roma, dove era stato allestito un rinfresco nel tardo pomeriggio. Niente di troppo pretenzioso.

Per l'occasione avevo messo una camicia di lino celeste, dei calzoncini e un paio di superga color blu notte. Poi all'improvviso mi ritrovai addosso ad un petto prominente nascosto da una camicia color crema.

Fu la primissima volta che la mia sbadataggine mi portò a qualcosa di buono.

In un fugace istante ero andato a sbattere contro degli occhiali da vista che incorniciavano dei bellissimi occhi azzurri, ritrovandomi gocciolante di un cocktail al sapore di Coca-Cola e limone.

Dell'uomo con cui mi scontrai mi aveva colpito l'assoluta posatezza e lo charme da intellettuale.

«Nessun problema!» Aveva esclamato prima ancora di riuscire a scusarmi per averlo urtato. «Mi dispiace molto.» Aveva poi sorriso, precipitandosi ad afferrare dei fazzoletti sul bancone del bar affrettandosi a tamponarli sul tessuto bagnato della mia camicia. Quando lo aveva fatto, con l'altra mano, mi aveva leggermente stretto il braccio, come per aiutarsi a fare più pressione sulla macchia di Long Island. Il suo gesto era stato spontaneo, ma io, al contrario mi ero irrigidito all'istante rimanendo in silenzio a fissarlo.

«Gr-grazie.» Ero arrossito. Avevo sentito il viso andare in incandescenza, e avevo intuito che lui ne fosse al corrente.

«Christian.» La sua presentazione mi aiutò a spezzare quel momento di imbarazzo.

«Mi chiamo Mattia.» Avevo detto tutto d'un fiato stringendo la sua mano.

Si girò verso il barman aldilà del bancone e chiese un Long Island. «Per il ragazzo», aveva puntualizzato subito dopo, come a voler sottolineare la nostra evidente differenza d'età, «Ed un Barboun per me».

«Non devi!» Pronunciai, ma prima che potessi finire di parlare mi sorprese con una pacca sulla spalla.

«Voglio solo essere gentile! Ce l'hai l'età per bere alcol giusto?» Mi passò il drink.

La testardaggine di Silvia ed il mio essere maldestro, avevano scosso il destino dando vita ad uno speciale incontro che presto sarebbe diventato qualcosa di più di una semplice conoscenza.

Il nostro primo bacio accadde una sera di pochi giorni dopo, quando in una piccola libreria di Via Del Corso lo incontrai sommerso tra le pagine di un opera letteraria che conoscevo molto bene.

«L'Ars Amatoria.» Lo avevo sorpreso alle spalle, sussurrando al suo orecchio il titolo del libro che reggeva tra le mani.

«Non sei troppo giovane per interessarti ad Ovidio?»

«Gli affetti umani sono tanto vari quanto sono diverse nel mondo la forma delle cose.» Sfoggiai tutta la mia conoscenza, citando una delle frasi del libro.

«Wow! Sono sorpreso! Non sapevo ti interessassi di letteratura latina.»

«Non sai tante cose di me...»Mi ero accorto all'istante che stavo inconsapevolmente flirtando con lui.

Christian era di una bellezza incantevole. Indossava una camicia bianca, perfettamente stirata, che aderiva senza fare una singola piega sul suo petto e sulle sue braccia ben definite. Capelli pettinati verso destra, occhiali da vista e un sorriso smagliante che fu la risposta al mio pessimo tentativo di scaturire la sua curiosità nei miei confronti.

Dopotutto, chissà quante altre volte aveva già assistito alla scena di un giovane ragazzo come me provare a catturare la sua attenzione.

«So per certo di piacerti.» Fu la frase che seguì il suo sorriso.

Bella risposta. Hai vinto tu. Colpito e affondato in un colpo solo.

«Cosa te lo fa pensare?» Dissi di getto, sorprendendo anche me stesso.

«Diciamo che se ti invitassi a cena, tu non riusciresti a dirmi di no. Allora? Qual è la tua risposta?»

AMORE89Where stories live. Discover now