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Ottobre

C'era una mia compagna di classe, Nell Johnson, che dal momento in cui avevo messo piede alla Burlington non la smetteva più di farmi il filo.
Era più alta di me di qualche centimetro, portava l'apparecchio ai denti, e si ostinava perennemente a seguirmi dappertutto.

Io mi limitavo a ricevere le sue attenzioni educatamente, cercavo sempre di essere gentile e non lasciavo trapelare minimamente il disinteresse e la noia che la sua presenza mi procurava. Era un tipo molto loquace, a tratti anche prepotente e aveva sempre da ridire su tutto.

A differenza mia, Charlie non si faceva scrupoli a dimostrarle apertamente tutto l'astio che provava nei suoi confronti, soprattutto quando spesso e volentieri, capitava che in mensa prendesse posto al nostro tavolo.

«Non dovresti parlare con la bocca piena! Avresti dovuto studiare meglio! Non avere brutte influenze su Mattia!» Erano soltanto alcune delle tante cose che Nell gli rimproverava.

Dal canto suo, Charlie, l'aveva ribattezzata "odiosa maestrina".

Io, invece, non riuscii a manifestarle il mio sdegno nemmeno quando in una giornata di fine Settembre, al termine dell'ora di storia, mi fece un'inaspettata proposta.

«Mattia» Annunciò «Mi accompagnerai al Ballo d'Autunno!» Nessun punto interrogativo, nessun accenno di una domanda. Nell, aveva deciso che sarei stato io il suo cavaliere per il "Ballo d'Autunno" che si sarebbe tenuto alla Burlington il primo sabato del mese di Ottobre.

Daniel cominciò a ridere di me non appena finì di raccontargli la bizzarra vicenda.

«Che vuoi che sia?» Mi disse quando in faccia mi si era dipinta la disperazione «Dovrai passarci soltanto qualche ora! Ci sarà così tanta gente al ballo, che se vorrai allontanarti da lei per un po', non si accorgerà nemmeno della tua assenza!»

La sua accompagnatrice per il ballo sarebbe stata Sarah. La cosa mi infastidiva non poco, ma non c'era niente che avessi potuto fare per impedirlo. 

«Non è cosi che funziona. Al ballo ci si porta una ragazza.» Mi aveva risposto non appena avevo accennato la possibilità di andarci senza nessuno da accompagnare.

«Beh, allora, potremmo andarcene sul tetto dell'Opera subito dopo? Potremmo stare da soli lì!» La mia richiesta fu ben accetta, e grazie al suo «Si, perché no.» avevo ingerito l'amara pillola ed ero riuscito ad accettare il fatto che per quasi tutta la serata Daniel sarebbe stato in compagnia di "boccoli d'oro".

«22:30, di fronte al laboratorio di chimica.»

Era il posto dove avevamo deciso di incontrarci per sgattaiolare via dalla festa e finalmente sentirmi libero dalle grinfie di Nell.

Per quella serata mi ero vestito di tutto punto. Indossavo un completo blu notte con sotto una camicia bianca, mi ero sistemato i capelli con del gel e mi ero riempito di coraggio per riuscire a sopravvivere fino alla tanto attesa ora X.

Quando arrivai a casa di Nell, per accompagnarla al ballo, ad aprire la porta fu la madre.

«Benvenuto, piacere di conoscerti! Il mio nome è Leanna! Sei così carino! Tu devi essere il caro Mattia! Sei italiano, non è vero? Come ti trovi qui a Londra? Nell mi parla sempre di te...» Avevo chiaramente inteso che l'estrema loquacità, doveva essere un tratto ereditario della famiglia Johnson.

Mentre provavo a rispondere alla raffica di interrogativi che Leanna mi aveva appena fatto, mi accorsi di quanto le due fossero simili.

Avevo sfoderato il sorriso più forzato che avessi mai fatto, quando dovetti posare insieme a Nell in salotto per un' imbarazzante foto ricordo.

Asciugandosi una lacrima, Leanna ci salutò con un bacio sulla fronte e finalmente ci incamminammo verso scuola.

Durante la lunga passeggiata, Nell mi aveva preso sottobraccio. Indossava un abito lungo color albicocca che la costringeva a muoversi molto goffamente. Aveva messo molto trucco e si era probabilmente spruzzata una fiala intera di profumo nauseante all'odore di ciliegia.

Il "Ballo d'Autunno" era stato allestito nella palestra della scuola e al nostro arrivo, la sala era già piena zeppa di ragazzi che si muovevano al centro della pista a ritmo di musica ad alto volume.

Io passai tutta la serata seduto su una sedia a spiare con la coda dell'occhio Daniel, che pareva divertirsi parecchio con Sarah e con la sua combriccola. Ogni tanto notavo qualche bottiglia clandestina di alcol venire fuori dalla giacca di qualcuno. Ne bevevano un sorso ciascuno per poi farla sparire nuovamente.

L'accordo che vigeva tra me e Daniel, dopo l'episodio dell'erba, mi vietava di fare scenate e soprattutto, davanti ai compagni di scuola, mi aveva detto che avremo dovuto mantenere "certe distanze".

Così passai il tempo a chiacchierare con Charlie, quando non era troppo impegnato a rimpinzarsi accanto ai tavoli del buffet, e a fare tiro alla fune contro Nell che, trascinandomi per un braccio, mi pregava dal momento in cui eravamo arrivati, di ballare con lei.

Dopo un'ora circa, anche la pazienza di Nell giunse al limite, così mi scaricò andando a scatenarsi con Rachel e altre sue amiche sulla pista da ballo.

Quando l'orologio che indossavo segnò le 22:15, decisi di andare via. Mi feci strada tra la folla e uscii dalla palestra. Mi chiusi la porta alle spalle e addentrandomi nel corridoio sentii la musica farsi sempre più lontana.

Arrivai davanti al laboratorio di chimica dove Daniel non si era ancora fatto vivo. Fremevo dalla voglia di andare insieme a lui su quel tetto che ormai era diventato il posto dove passavamo la maggior parte del tempo assieme. Non vedevo l'ora di vederlo spuntare girando l'angolo con addosso il suo completo nero, quei folti ciuffi castani e il suo sguardo fulmineo.

Mi misi a camminare avanti e indietro nel corridoio per ammazzare il tempo, quando all'improvviso udii un brusio provenire dallo stanzino a fianco al laboratorio di chimica.

Mi avvicinai di soppiatto e posai il mio orecchio contro la porta. Riuscii ad avvertire nuovamente quello strano rumore e preso dalla curiosità, decisi di capire di cosa si trattasse.

Schiusi la porta di pochi centimetri e quello che mi si presentò davanti andava oltre ogni mia immaginazione.

All'inizio riuscii a scorgere soltanto la sagoma di un uomo girato di spalle con delle gambe nude di una donna avvinghiate al suo bacino. La donna in questione si agitava muovendosi contro di lui, così pensai che sarebbe stato meglio andare via e ridere dei due più tardi, raccontando la vicenda a Daniel.

Ma prima che potessi chiudere la porta del tutto, sentii dire da una voce familiare, qualcosa che avevo già sentito.

«Lo vuoi, Sarah?»

Quelle poche parole si trasformarono all'istante in milioni di missili che colpirono il mio cuore, riducendolo in mille pezzi.

Ancora incredulo di ciò a cui stavo assistendo, aprii la porta di un'altro centimetro.

Non poteva essere lui. Non dopo tutto quello che avevamo fatto, non dopo che mi aveva detto di non provare nulla per Sarah, non dopo avermi assicurato che non sarebbe mai andato oltre.

Mi sto sbagliando, non si tratta di lui.

La porta si aprì provocando accidentalmente un cigolio, che bastò a far sussultare i due, e a far girare l'uomo di spalle, che si rivelò essere Daniel.

Sarah cominciò a strepitare cercando di coprirsi, mentre Daniel, colto alla sprovvista, restò immobile a fissarmi con gli occhi sbarrati.

D'istinto spinsi la porta con forza, che si chiuse accompagnata da un tonfo e corsi via in lacrime, portandomi dentro tutto il dolore che mi aveva causato quel ragazzo, calpestando la mia dignità e il mio cuore.

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