Prologo - Daniel

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Daniel era vestito di tutto punto: giacca, cravatta e pantalone color cobalto. La camicia invece era bianca e all'occhiello della giacca la sua assistente aveva insistito perché indossasse una spilla d'oro rosso e argento a forma di farfalla. Stemma tra l'altro della sua azienda.
Per quella mattina aveva un importante incontro di lavoro che avrebbe deciso se la sua casa cinematografica avrebbe collaborato con un'altra etichetta molto conosciuta.
Ormai, la 'CineFly', era riuscita a conquistare tutto il settore e i film e le serie più importanti venivano prodotte solo da loro. Con l'acquisizione dell'ultima etichetta Daniel sperava di far piazza pulita della concorrenza.
Lui, un giovane imprenditore, di trentatré anni, in poco aveva sbaragliato tutto. Certo, non era tutta farina del suo sacco, la famiglia era stata fondamentale, ma lui era stato astuto. Si era saputo muovere e alla fine ce l'aveva fatta.
Andò allo specchio e si sistemò i capelli corti e castani, spostando il ciuffo verso destra. Incontrò il suo stesso sguardo e gli occhi color verde chiaro gli rimandarono fiducia. Quella che sperava di ottenere alla riunione.
"Sono pronto!" disse a se stesso, si sentiva sicuro di sé e sperava che oggi nulla sarebbe andato storto.
Un rumore di tacchi gli fece capire che la sua assistente era arrivata.
"Signore, l'auto è arrivata!"
"Ottimo, è tutto pronto?" chiese sistemando i polsini.
"Come sempre" rispose la ragazza e le fece strada. Per un'attimo si ritrovò a guardarla e pensare che fosse davvero una bella donna. Se non fosse che Daniel non credeva affatto nell'amore e nel perdere tempo per un'altra persona, ci avrebbe provato.
Una volta fuori salì elegantemente in auto, controllando persino lì se tutto fosse lindo e pinto. Sua madre gli diceva sempre che l'esterno rispecchiava molto il carattere di una persona e per Daniel la perfezione era tutto.
Mentre era in viaggio si prese del tempo per rileggere i documenti dell'accordo, tanto che non si rese conto di essere arrivato.
"Signore," chiamò timidamente la ragazza seduta di fronte a lui e l'uomo rialzò lo sguardo.
"Sì" rispose secco per poi, senza aspettare l'autista, aprire lui stesso la portiera. Non lo avesse mai fatto.
Una tazza di caffè bollente gli cadde sul petto, inondano il completo di caffeina.
Daniel non era una persona che perdeva la calma facilmente, anzi quando si arrabbiava difficilmente dava a vederlo, ma adesso era furioso. Era lì per un incontro molto importante e tutto stava andando nel verso sbagliato.
"Chi è così sbadato da far questo?" Chiese a denti stretti alzando lo sguardo, ma appena i suoi occhi si posarono sull'altro il fiato gli si mozzò.
Due grandi occhi grigi, così profondi e magnetici lo guardavano con sgomento e imbarazzo.
Era un ragazzo, forse sulla trentina, o anche di meno. Capelli scompigliati biondi, viso pulito, labbra sottili e fisico asciutto. Vestiva due taglie in più della sua, tuta, felpa e Nike.
"Sei stato tu a non guardare quando hai aperto!" Sbottò, prendendo un fazzoletto per darglielo. Daniel non distolse gli occhi dal suo viso.
"Chi sei?" balbettò.
"Perchè dovrei dirtelo?" Scosse il capo e cominciò a guardarsi intorno, ansioso "Cazzo... sono in ritardo," borbottò "senti, ciao!" e scappò via.
Daniel restò così, imbambolato, con la sua assistente e l'autista che corsero ad aiutarlo.
Chi sei? Pensò, con lo sguardo rivolto a dove era scappato via.

È stato un colpo di fulmineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora