Capitolo L

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Ero arrivata al punto di non guardare più l'ora o il giorno. Il tempo non esisteva più. Potevano essere passati mesi come anni, lì a Vyolin. Nulla sarebbe cambiato, nemmeno in un misero granello di polvere. Ogni essere vivente si era fossilizzato e rimaneva in quell'oblio mascherato. Alzai lo sguardo verso il cielo. I piedi che pestavano i rami secchi a terra e le foglie spezzate. Ero sicura che dietro quel pallido sole si celasse il sorriso compiaciuto di un dio crudele; altrimenti non mi sarei mai spiegata una tale desolazione e odio per quella terra.

Mentre Aryan... Lui... Tutto stava peggiorando, non trovavo alcuna via d'uscita e se queste esistevano, erano ben nascoste e volevano rimanere tali. E poiché Aryan faceva quello che gli pareva e Naym stava, molto probabilmente, passando momenti peggiori dei miei, non mi rimanevano che pochi aiuti: il mio intuito e la mia volontà. Per questo ora mi ritrovavo sul sentiero nel bosco che portava al castello, seguendolo senza sforzi per ricordare la strada. Da quando Naym se n'era andato, ero certa che fosse fuggito da Adeline. Sicuramente mi nascondeva qualcosa, l'aveva sempre fatto, e questo mi faceva digrignare i denti dalla furia; ma d'altra parte anch'io gli avevo spesso nascosto molte cose. Il tutto mi costringeva ad accettare di buon grado le sue bugie, diversamente dal Principe.

Nel frattempo camminavo, fra alberi secchi e corvi gracchianti in aria, senza nemmeno sapere cosa mi sarebbe spettato al castello o cosa cercassi. Sarebbe bastato qualsiasi indizio o scarna risposta. Sì, ma a che cosa? A tutto. Al dolore, alla paura, al sangue che stava iniziando a scorrere ovunque andassi. E con questi elementi, il mondo girava, beffandosi della mia inappagata curiosità e divertendosi nell'ingannarmi di avere il controllo. Ma sapevo di averlo perso nel momento in cui ero arrivata a Vyolin, quando mi ero lasciata avvolgere dalla sua inquietante magia e mi divertivo a danzare fra gli artigli di un Principe prigioniero che amava imprigionare; perché, mi resi conto, era ciò che aveva fatto: mi aveva stretta così forte da incatenarmi senza che me ne accorgessi. Come Isadora l'aveva ingabbiato nell'illusione di un amore, così Aryan aveva fatto con me.

Fermai il passo, sentendo un pesante macigno cadermi sul petto. Sfiorai le labbra con le dita, ricordando la disperazione e la ferocia dei nostri baci, all'odio violento con cui le nostre mani affondavano nel corpo dell'altro, e provai di nuovo la sofferenza per l'indifferente e ambiguo amore che lui mi gettava come briciole di pane. Certo, aveva più volte affermato di non potermi stare lontano, di volermi, con la bocca schiusa sulla mia e gli occhi ciechi dal desiderio, ma non aveva mai detto di amarmi o che ci avrebbe mai provato. Non mi aveva mai promesso un futuro, un sogno di fiducia e sicurezza. Tutto ciò che mi aveva dato, e che continuava a darmi, era il piacere di un'indomabile attrazione, che distruggeva ogni senso della mia vita. Era una forza potente, disumana, ma non sarebbe mai bastata e servita per un futuro insieme. Lui nemmeno lo desiderava. Non ero Isadora, non le somigliavo nemmeno. Perciò non sarei mai riuscita ad allontanarlo dal suo passato perché lui ci si era buttato, legato a un masso, come dentro a un oceano profondo. Io, invece, mi ero tuffata per liberarlo e riportarlo a galla, ma una volta nell'acqua, alla fine, mi accorgevo di essere legata a mia volta a un macigno, proprio come lui. Nessuno dei due si sarebbe salvato o avrebbe potuto salvare l'altro. Quindi arrivai a una conclusione e il mio cuore parve nascondersi e fuggire, come se l'avessi tradito. Tremai. Quei pensieri e un colpo d'aria fredda mi avevano fatta irrigidire sul posto. L'aria nel bosco si era fatta più strana. Il cielo più scuro, le ultime foglie che cadevano con velocità a terra e i corvi che si rintanavano sui rami e nei buchi dei tronchi.

-E mentre il principe le donava un bacio avvelenato, la piccola Lyla annegava nel suo buio passato.-

Scattai con gli occhi sulla figura che aveva parlato. Dietro di me, appoggiato con una spalla a un albero e con le braccia incrociate, stava serena la terribile sagoma umana di Armors.

Principe di cenereDonde viven las historias. Descúbrelo ahora