Capitolo XI

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-La magia sta nel chiudere gli occhi e teletrasportarsi in un altro mondo. Pensi di riuscire a suonare senza vedere le corde?- papà mi appoggia il violino sulla piccola spalla, mentre con il mento tengo ferma la base e la mano si sposta sul manico. Mi passa anche l'archetto ed io lo appoggio sulle corde. Ferma e silenziosa, aspetto il suo via. Lo guardo negli occhi, respirando faticosamente per il troppo peso dello strumento sulla mia spalla, ma resisto e tengo alto il mento per non mostrargli lo sforzo.

-Cosa devo immaginare?- gli domando, iniziando a strisciare l'archetto sulle corde con delicata gentilezza. Voglio solo creare un lieve sottofondo al discorso con papà. Tengo gli occhi fissi su di lui e intanto la mia manina si muove da sola, leggera e già esperta, come se il violino fosse da tempo una parte del mio corpo. Papà mi guarda sorridente e pieno di orgoglio. Mi scappa un risolino da quanto sono felice e anche lui scoppia a ridere.

-La mia piccola Lyla- mi dice, aprendo le braccia perché mi rifugga in esse. -Pensa quando sarai più grande e potrai suonare cose straordinarie. Anche se sai già farlo adesso...- il mio sorriso si ingrandisce ancora di più e metto via il violino, buttandomi subito dopo fra le sue grandi braccia. Nascondo la testa nel suo petto e lui mi stringe sempre di più a sé, come per paura che mi dissolva come ha fatto la mamma. Anche se non l'ho mai vista, immaginarla soltanto mi fa stare male e mi viene voglia di piangere, ma so che a papà non piace vedermi piangere, così ritiro le lacrime e premo il mio visino ancora di più contro di lui.

-Ti voglio bene- sussurro con la bocca coperta dalla leggera camicia nera che indossa. Una volta gliene avevo rubata una e me l'ero messa; inutile dire che era stato come indossare un abito lungo da quanto era grande. Ed io mi ero messa a correre per casa con la sua camicia addosso e lui che mi stava dietro per riprenderla perché era in ritardo per il lavoro. Alla fine non mi aveva sgridato, anzi, era scoppiato a ridere e mi aveva poi abbracciata.

-Anche io- lo sento sospirare e il suo cuore batte forte tanto quanto il mio. -Anche io-

Rimaniamo per qualche altro minuto attaccati, lui che mi culla ed io che lo lascio fare con la pioggia che picchia sui vetri come rumore di fondo. Ogni goccia è un rintocco sincronizzato con il battito nel mio petto. Crea una musica da sé.

Quando si ritrae, mi dà di nuovo in mano lo strumento ed io lo afferro convinta di star per fare la melodia più bella del mondo. Mi posiziono e chiudo gli occhi, come mi ha suggerito.

-Creati un mondo dove esisti solo tu e tenta di esprimere tutto ciò che vedi con la tua mano. Ricorda. Siete tu e il violino. Non fare entrare nessun altro nella tua testa- annuisco, eccitata dalle sue parole che mi invogliano a iniziare il prima possibile. E così comincio a suonare.

Inizialmente è tutto nero e non provo nulla, sento solo il vuoto che c'è in quell'immagine. Poi un puntino luminoso si crea al centro dell'oscurità, emanando raggi che si espandono via via che la mia mano va veloce sul violino e il mio petto si alleggerisce tutto d'un tratto. D'istinto sorrido. -Brava!- sento la voce di papà arrivarmi alle orecchie e in un secondo, i raggi hanno già sostituito tutto il buio, sconfiggendolo. Mi mordo le labbra per la concentrazione e ormai non sento più la stessa musica che io sto creando, sono già entrata nel mio piccolo mondo.

Dopo un'esplosione luminosa dei raggi, mi ritrovo su una collina, più precisamente un bosco. E' tutto così colorato. Gli alberi sembrano quasi sorridermi e gli animali mi si avvicinano in cerca di carezze. Vedo un cerbiatto venirmi incontro e io mi abbasso, allungando una mano verso la sua direzione. Il suo musetto la annusa guardingo, per poi strusciarcisi sopra e sdraiarsi per ricevere delle coccole. Mi siedo anch'io a terra, passando la mano sul manto dorato dell'animale e sorrido. Sorrido perché è un posto bellissimo.

Principe di cenereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora