Capitolo XXXV

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Sentivo la maglietta incollarsi alla schiena, mentre le gocce di sangue s'inseguivano sulla mia pelle. Una danza sofferente. Dalla ferita alla spalla colavano senza timidezza, macchiando il braccio e il dorso; gareggiavano per chi avrebbe raggiunto il suolo per primo.

Quella pugnalata era riuscita a scuotere anche i nervi e i muscoli delle gambe, ritrovandomi a correre più lentamente di come avrei potuto. Respiravo pesantemente, mordendo la lingua per non urlare o chiedere aiuto. Ero solamente certa che Colin non mi stesse inseguendo, ma il mio corpo scappava come se lo stesse facendo.

Tutta la paura di quei minuti mi cadde addosso in un colpo solo. Iniziai a chiedermi come avrei fatto a tornare a casa sapendo che avrebbe potuto trovarmi, a dove sarei potuta andare per nascondermi e a riflettere su tutto ciò che mi stava accadendo. Ma era chiaro. Più restavo a Vyolin, più la mia vita rischiava di andarsene. La gente lì non era normale, così come la sua terra. Era una landa maledetta. Per sempre. Tutti lo sapevano.

Avevo intuito dal primo sguardo, appena uscita dalla stazione dei treni, che quel posto non avrebbe riservato grandi gioie per me. Tutto di Vyolin grondava disgrazia e tormento. Dagli alberi con i rami spogli e cadenti, alle case in rovina con gli stessi padroni pronti per il trapasso a miglior vita. Ogni anima, anche la più piccola, in quel creato sarebbe svanita. Il vento ululava di giorno grida di battaglie e pianti funebri di notte, ignorando qualsiasi raggio di speranza del sole. I cittadini sarebbero rimasti chiusi in quella gabbia, chi lo sa, forse fino alla fine del mondo. Ma di sicuro io non sarei rimasta a guardare.

Mi fermai un istante, crollando a terra dallo sforzo della corsa. Guardandomi attorno capii di essere finita in una piccola viuzza cieca, illuminata di poco da un vecchio lampione. Di conseguenza mi scansai velocemente dal fascio luminoso per non correre il rischio di farmi vedere da qualche vagante notturno. Appiattendomi contro il muro, mi spostai con i palmi delle mani per trascinarmi. Dovevo assolutamente fasciarmi e disinfettare la ferita: con tutte le polveri sporche e malsane che circondavano la città, avrei potuto facilmente prendermi un'infezione.

Potevo tornare all'ospedale, quell'orrido edificio fantasma, ma sapevo sarebbe stato fra i primi posti in cui Colin sarebbe andato. Mi stava ancora cercando? Avrebbe continuato a farlo? Ne ero certa. Da come aveva fissato il Libro, quelle pupille completamente annerite dalla brama, avevo avuto la sicurezza che non si sarebbe fermato difronte a nulla. E ripensai di sfuggita a come avesse distrutto la casa. Quella di mia madre. L'unico luogo che avevo creduto essere un rifugio di salvezza era stato cancellato. Se pensavo a lei che molti anni prima aveva giocato da bambina in quel salotto, mi feriva vederlo ribaltato nel caos. Una rabbia crescente iniziò a bruciarmi nel petto, mentre gli occhi si alzavano al cielo per non permettere ad inutili lacrime di uscire. Piangere non sarebbe servito a niente in quel momento.

Ansimai al dolore causato dal più lieve movimento, inveendo contro qualsiasi cosa mi fosse attorno. Insultavo ogni più piccolo insetto sulla parete e lo schermo del telefono che ancora segnava la notte. Le tre e mezza. Una stanchezza che mai avevo provato fino ad allora, così come la mia mano che futilmente cercava di sigillare il taglio. Stava sanguinando e non poco, lasciando un segno rossastro sulla parete su cui ero posata. Il formicolio delle articolazioni rabbrividiva il corpo, lasciato al freddo senza nessuna protezione. Non mi rimaneva che il Libro. Quel dannato Libro. Per colpa sua mi stavo rovinando. Poi mi diedi della stupida. Ero stata io a cercarlo, per un incosciente desiderio di conoscenza. Sempre io avevo voluto risposte e tutt'ora le richiedevo. Ma come potevo trovarle se nemmeno le domande erano chiare? Ero certa che Aryan fosse il buono? Ero certa che ci fosse una differenza fra il bene e il male? Ogni problema ne richiamava a sé un altro e troppi se n'erano accumulati. Dovevo organizzare la testa e zittire il cuore, o sarei stata persa per sempre.

Principe di cenereWhere stories live. Discover now