Capitolo V

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Forse, ed era l'opzione a cui tentavo di aggrapparmi in quel momento, il cameriere di quel bar mi aveva drogato il caffè. Almeno quello avrebbe spiegato il perché mi ritrovassi a parlare con un principe morto da secoli. Rimasi a guardarlo dopo la sua domanda, quella sul mio nome. Il mio cuore aveva smesso di tentare di esplodermi dal petto come all'inizio, ma di certo non aveva cessato il suo moto veloce e teso. Mi sedetti sul letto per riprendermi mentre Aryan continuava ad osservare ogni mio minimo ed impercettibilmente movimento. Mi dava fastidio essere fissata così intensamente.

-Sono Lyla Foxer- dissi poi, rispondendo alla sua domanda nella speranza che voltasse lo sguardo. Ma niente. Lui rimase a scrutarmi l'anima.

-E basta?- alzò un sopracciglio confuso, corrucciando delle labbra perfette e fredde, come avevo sentito quando la mia mano si era posata sulla sua bocca. In quel momento avevo avvertito un brivido che sapevo mai avrei dimenticato.

-Sì, cosa ti aspettavi?- ricambiai la sua occhiata stranita e continuai a darmi dei pizzicotti sulle gambe e braccia senza che lui potesse vedermi, giusto per accettarmi ancora che non fosse un sogno.

-Delle giovini così incantevoli perlopiù discendono da una lunga e nobile stirpe, pensavo fosse lo stesso per voi- si sedette sul letto affianco a me.

Appena accomodatosi, la coperta si tinse di nero ed io dovetti vincere l'impulso di allungare una mano per toccarla, incantandomi difronte all'invisibile magia che la accerchiava -Tuttavia, studiando attentamente le malfatte mura di questa misera casa, sono arrivato alla conclusione della plebea origine della vostra famiglia- punto primo, aveva insultato la casa di mia madre che stavo ristrutturando per rendere un minimo carina e punto secondo, aveva insultato la mia famiglia, quindi mio padre.

Mi alzai di scatto, fulminandolo con lo sguardo, anche se, ironia della sorte, il suo aspetto pareva già di qualcuno che era stato bruciato. Mi sentii così male poi, ricordandomi quello che aveva passato. Anche nei suoi occhi, le fiammelle di polvere volteggiavano e sembravano quasi aprirsi in delle bocche che urlavano.

-Perché ti hanno ucciso?- sussurrai, mettendomi di nuovo vicino a lui sul letto. La sua presenza emanava per tutta la stanza, in particolare su di me, un caldo quasi soffocante e arido allo stesso tempo, come se lì dentro ci fosse stata la creazione istantanea di un Inferno che veniva poi soppresso dal Paradiso, in continuazione. A quella domanda, il suo viso mutò. Abbassò lo sguardo, fissandosi le mani indefinite ed ingobbendosi, sembrò un bambino in quella posizione. Aryan rimase fermo così, lasciando me nell'imbarazzo e compassione.

-Signorina Lyla- fiatò il mio nome che appena io riuscii a sentirlo. Lui continuò a tenere il capo chino. Eravamo entrambi tristi. Malinconici. Vuoti. Il tono con cui aveva accarezzato il mio nome calmò il mio cuore, incoraggiandomi ad avvicinarmi a lui, nonostante il fuoco rovente che si scagliava sulla mia pelle. Osservai il suo profilo, perfetto in ogni suo punto. Chiunque lo avrebbe scambiato per un Dio o avrebbe ubbidito ad ogni suo ordine, ma lì, così fragile e piccolo, era solo un bambino troppo grande per il mondo.

-Ve ne prego...- continuò; la voce leggera come polvere -Non chiedetemelo più- alzò la testa e mi guardò. Rimasi immobile a ricambiare la sua occhiata con la gola fattasi improvvisamente secca e il cuore che con un suo solo sguardo impazziva nel mio petto. Forse per la paura dell'essere che avevo davanti.

-E' solo che...- iniziai, sentendo dentro di me che faticavo a parlare con lui in quello stato -Voglio sapere. Sapere cosa è successo e perché. Sapere cosa sei e per quale motivo sei qui. Da me-

-Voi mi avete chiamato-

-In che senso?-

-Il violino- precisò, puntando lo sguardo sullo strumento posato sul comodino. Sospirai sollevata dal vederlo ancora integro -Mi ha riportato in vita- poi sembrò essersi sbagliato e pensare ad un'altra risposta -Voi mi avete riportato in vita. Avete suonato con così tanta passione da chiamare a voi le mie ceneri, unendole pezzo per pezzo. Mi avete ridato la vita. Una possibilità che io non avrei mai voluto avere. Ed è per questo che io vi odio- sobbalzai appena per quelle ultime parole. Non potei negare a me stessa che mi avessero ferito un poco, eppure, semplicemente per orgoglio, non glielo feci notare. Restai in silenzio a guardarlo, mentre lui riduceva le labbra in una linea sottile ed alzava il mento.

Principe di cenereWhere stories live. Discover now