Capitolo 22

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Daniel pov's
Mi sorreggevo con un gomito allo stipite in legno della porta respirando con fatica, d'improvviso, anche respirare era diventato difficile.
Il cuore mi martellava veloce nel petto, facendomi quasi pentire una volta per tutte di essere nato.
Non una chiamata, non un messaggio da Cristine, indifferenza più totale.
Mi facevano male i polmoni, non capii nemmeno il perché, desideravo solo che il dolore potesse finire tutto in una volta.
Biascicai, avanzando piano verso le scale.
Ricordo la sera prima, quando corsi contro di esse inciampando e rischiando di rompermi qualche osso.

Mi rincorreva, mi diceva che ero sbagliato, pensavo che non l'avesse più fatto, invece, di nuovo, come un'ombra che per tutta la vita mi avrebbe perseguitato, è tornata a sferrare colpi duri e dolorosi quanto un macigno affilato.

Mi ero svegliato da nemmeno quindici minuti, e già desideravo che quella voce acuta e stridula non rimbombasse nelle mura di questa casa.
Però, qualcuno forse dal cielo aveva ascoltato le mie preghiere.
Lei non c'era, mia madre non c'era.

Quando scesi a poco a poco le scale, venni di nuovo scosso di terrore, a causa di un forte suono trillante.
Era il campanello.
Sentii il sangue congelarsi nelle viscere, l'ansia che mi stringeva lo stomaco come un serpente.
A tentoni, mi diressi verso la porta, e aprii.
Era..Lui?
Sgranai gli occhi, sorpreso, caddi in ginocchio, le mie ginocchia non intendevano volersi reggere.
Lui mi fu subito accanto, mi prese un braccio e se lo mise sopra le sue spalle, facendomi così alzare dal marmo freddo.
Il cuore prese a battermi all'impazzata, ma questa volta, non per paura.
<< Daniel, Daniel, che cazzo succede? Perché sei sparito? Stai bene? Daniel! >> urlò, una seconda volta, quando mi vide di nuovo crollare a terra dopo che smise di tenermi su.
Non dissi niente, ero ad occhi sgranati.
Così, mi riprese, fece la stessa cosa di prima, prendendomi un braccio e mettendoselo nelle sue larghe spalle.

<< dov'è la tua camera? >> chiese.
<< s-sopra le s-scale, a sinistra >> mormorai, cominciando a tossire, la gola bruciava, sembrava possedessi un inferno all'interno.
Mi poggiò delicatamente sul materasso, tenendomi la testa con un solo palmo.
Poi, la posò sul cuscino.
<< arrivo subito, ti porto un bicchier d'acqua >> mormorò, facendo per alzarsi, ma io lo bloccai per un polso.
<< non ce n'è bisogno, voglio solo te >> pregai
Ci fu un attimo di incertezza nel suo sguardo, poi, annuì, infilandosi dentro le coperte.

<< spero non si sporchino e soprattutto non puzzino, sai com'è, puzzo di tabacco >> disse lui, scatenando in me una piccola risatina.
<< ti sei..ti sei preoccupato per me? >> chiesi, il tono di voce ora speranzoso.
<< cosa?! >> sbottó, totalmente preso alla sprovvista.
<< no, marmocchio, chi ti credi di essere!? >> continuò.
Risi di nuovo.
<< eppure sei qui >> constatai.
<< stai zitto.. come stai? >> chiese
<< ti sembra che io stia bene? >> chiesi ironicamente.
<< decisi di non andare a scuola, ieri mattina, perché non perdonavo ciò che stavo per farti, faceva..parte di un passato di cui io non voglio tornarci. ma quando dopo un tempo di cazzeggio per la città, trovai mia madre sull'uscio della porta in mia attesa, sapevo già cosa mi avrebbe fatto. >> confessai.
lui inarcò un sopracciglio.
<< cosa ti fa..tua madre? >> chiese con incertezza.
<< Da quando ha scoperto che io ero omosessuale, mi ha ripudiato, cominciò a farmi piccoli dispetti: come non venirmi a prendere a scuola, non prepararmi pranzo, cena, colazione o semplicemente non mi aiutava nei compiti.
Poi, le cose, andarono a peggiorare: lei diventò più rabbiosa, quando mi vedeva di sfuggita con qualche altro ragazzo, quando magari mi osservava abbracciarli, o dargli dei baci sulle guance, loro erano solo dei semplici amici e lei pensava chissà cosa.
Cominciò a darmi cinghiate su ogni parte possibile del corpo: ma soprattutto era la schiena che ci passava, l'addome, le cosce, i bicipiti.
Andavo a scuola coi segni rossi delle sue cinghiate.
Poi, credo mi stia dando psicofarmaci, perché io a volte mi sento stanco, mi fanno male parti del corpo nonostante il giorno precedente non avessi sforzato muscoli.
Una volta, mi aveva lanciato un sacco pieno di patate, mirandomelo al viso. >> finii, attendendo una sua risposta, spostando i miei occhi sul suo cielo nero.
<< cazzo..ma è una cazzo di matta Daniel..devi chiamare gli assistenti sociali, loro ti porteranno via da quest'inferno, tu non meriti tutto questo, solamente perché sei nato con un orientamento sessuale diverso dal suo. >> mi disse, incrociando il mio sguardo.
Preso dalla "compassione" mi tracciò una piccola scia col dito sulle mie labbra.
<< Ammetto che sei un cazzo di rompi palle, e che sarei felice se smettessi di rompere, però.. >> e si fermò.
<< Però? >> lo incitai, inarcando un sopracciglio.
<< però ormai non riesco nemmeno ad immaginare di non averti tra le palle ogni giorno, quindi, la prossima volta parlane. >>
Il suo orgoglio alla fine vinceva sempre, a costo di non dire che gli ero mancato per davvero, doveva fare così lo spaccone.
E vabbe, mi andava bene anche questo.

O forse no
<< Christophe, ho bisogno di te >> lo pregai, le lacrime cominciavano ad uscire.
Avevo voglia..avevo voglia..avevo voglia
<< Daniel, dovresti seriamente chiedere aiuto, non sarò io la persona in grado di aiutarti in questi tipo di problemi. Un'assistente sociale..insomma, qualcuno che se ne intenda davvero >> mormorò.
Mi misi sopra il suo corpo, e me lo lasciò fare.
Mossi il bacino sul suo membro, e dopo poco si indurì sotto il mio corpo.
<< Ah.. >> ansimai, cercando di baciarlo ma lui girò il viso.
<< ti prego non mi rifiutare.. >> sussurrai flebilmente.
<< Non possiamo Daniel >> mi disse, in quel momento tutte le sue difese sembrava che stessero per crollare.
<< lo so che lo vuoi anche tu..ti prego >> supplicai, baciandolo lungo il collo.
<< Daniel finiscila >> disse serio, mi prese per i fianchi e mi lasciò scivolare dall'altro lato del materasso.
Io sbuffai, e lo guardai negli occhi.
<< Basta occhi azzurri >> disse tentando di nascondere un sorriso.
<< Io..devo andare, ci sentiamo, ok? >> chiese, alzandosi dal mio letto.
<< Si >> annuii io, seguendolo, per poi aprirgli la porta di casa.
<< Daniel >> mi chiamò un altra volta, di nuovo con quell'espressione seria.
<< Non aver paura di farmi uno squillo, non più. >> mi disse, e quel poco che mi disse, in realtà, valeva più di mille parole.
Mi faceva capire che su di lui potevo contare realmente.

Sono il tuo sorriso. [IN REVISIONE]Tempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang