Prologo di Mason

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Come ogni mattina, dacché ne aveva memoria, Mason uscì di casa incazzato nero con il mondo.

«Andiamo, Eva», chiamò il Golden Retriever dal manto color sabbia, che un tempo era appartenuto a quell'oca giuliva di sua sorella e che non aveva potuto più mantenere perché quel marmocchio di suo figlio non faceva altro che starnutire e alle ultime prove allergiche era uscito allergico al pelo di cane.

Quante cazzate.

Mason era abbastanza certo che Eva era stata trattata un po' come era stato trattato lui quando era poco più che un ragazzino con tanti problemi irrisolti: era stata scartata, ed era stato usato come movente il recente "problema" di suo nipote.

Anche Olivia, sua sorella, era allergica al pelo di cane da quando era bambina: starnutiva, gli colava il muco dal naso, se lo soffiava, ma aveva comunque sempre provato rispetto ed amore per tutti i cani che erano passati per la casa di infanzia di Mason.

Il motivo del cambio di residenza di Eva non era stata l'allergia di Colin, suo nipote di quattro anni, ma colpa di Erik: quel coglione con un palo infilato su per il culo che Olivia aveva deciso di sposare quando Mason si era trovato in missione in Siria.

Olivia non aveva nemmeno avuto la premura di attendere il ritorno di suo fratello per sposarsi. Forse, aveva avuto paura di un sabotaggio da parte di Mason.

Ne sarebbe stato capace, magari avrebbe potuto lanciare una granata sul tavolo della torta nuziale e farlo passare per un attentato terroristico.

Ovviamente, lui aveva sempre avuto uno strano senso dell'umorismo. I troppi anni nell'esercito e il troppo dolore lo avevano reso più cinico di quanto già non lo fosse stato dalla nascita.

Percorse il giardino, in sella alla sua fidatissima due ruote, della casa dove tanti anni prima aveva vissuto insieme a quel santo uomo di suo zio Alan e a quella piattola di sua cugina Rachel, a cui voleva bene come se fosse stata sua sorella minore. Gliene voleva tanto, sinceramente, ma non glielo diceva da un po'. Forse, non glielo aveva mai detto, in realtà.

Uno dei tanti sbagli commessi da Mason.

Mason era affezionato a quella casa, la considerava il suo punto di rinascita ed era stato profondamente riconoscente a suo zio quando non l'aveva venduta e l'aveva lasciata in eredità a Mason, di comune accordo con Rachel, che da tanto tempo conviveva con Cody.

Lanciò un'occhiata ad Eva, la quale trotterellava fedelmente al suo fianco con la sua lurida pallina da tennis preferita in bocca, felice che a breve si sarebbe fatta una bella scorrazzata per il parco che distava poco da casa di Mason, quindi non serviva prendere l'auto. Mason odiava usare l'auto da quando una gamba gli aveva quasi detto bye bye insieme alla spina dorsale quindi, se poteva, si muoveva solo con la sedia a rotelle.

Nonostante, odiasse anche quella, come odiava quasi ogni cosa.

Quando giunsero al parco, prese un profondo respiro. Le foglie secche, cadute con l'arrivo dell'autunno, scricchiolavano sotto le ruote della sua sedia a rotelle; avvistò altri esseri umani che correvano insieme ai loro amici a quattro zampe, ma, come ogni volta, se ne tenne alla larga.

Mason aveva un livello di asocialità talmente elevato che avrebbero potuto assegnarli un premio Guinness world record.

Eva gli posò la pallina bavosa sui pantaloni della tuta che indossava e lo guardava con quegli occhioni lucidi, in attesa che Mason le lanciasse il suo tesoro più prezioso e si facesse una bella corsa per recuperarla.

«Ho capito, Eva. I tuoi sono gli unici occhi di donna che siano mai riusciti ad abbindolarmi. Forza, corri! Tu che puoi, cazzo». Mason le lanciò la pallina e il suo cane schizzò come una Ferrari per andarla a recuperare.

Come un fiore tra le mine (Red Moon Saga Vol. 5)Where stories live. Discover now