Capitolo 13 - Mason

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«Perché stavi scappando?» gli domandò Seb, camminava alle sue spalle insieme a Sanji.

Sebastian aveva lasciato la sua vecchia Toyota nel parcheggio del Centro Veterani mentre Mason era stato accompagnato da Evan a cui aveva urlato di tornare a casa, ma era abbastanza sicuro che il suo migliore amico, dopo avergli fatto una quantità scandalosa di occhiolini allusivi, fosse ritornato ad importunare Samu. Evan aveva un master nell'importunare, infastidire e mandare all'esasperazione le persone. Però, riusciva sempre a farsi amare, prima o poi.

Evan non faceva parte del gruppo "o mi ami o mi odi". Evan era più "prima ti irrito poi mi ami". Ci era passato anche Mason più di dieci anni prima.

Rockford non era una cittadina molto grande e tutto era vicino a tutto. Una volta presa quella fantomatica cioccolata con Sebastian, sarebbe ritornato a casa insieme alla sua fidata sedia a rotella ed insieme alla sua, ancora più fidata, Eva.

«Non stavo scappando», replicò, mentendo.

Mason era sempre cosciente delle cazzate che buttava fuori la sua bocca, ma era anche orgoglioso. Troppo orgoglioso e Sebastian stava buttando giù troppi muri, nemmeno fosse stato una ruspa.

Mason avvertì i suoi passi affrettati e poco dopo se lo ritrovò davanti. Fu costretto a frenare la sua sedia a rotelle ed alzò il capo, leggermente infastidito, verso Seb, il quale lo stava osservando con le braccia incrociate al petto, in una mano stringeva il collare di Sanji, i ciuffi di capelli lisci, che erano diventati di un color viola pallido, gli ricadevano scompigliati sugli occhi celesti; quei dannati jeans sempre troppo larghi che gli scendevano sui fianchi snelli. Mason serrò le mascelle.

Non si era mai concentrato più di tanto sulle espressioni o sugli occhi delle persone che lo circondavano perché lui di base disdegnava le persone quindi tendeva ad ignorarle.

Comprese, però, - e quella comprensione di sé stesso gli giunse come un pugno dritto contro la bocca dello stomaco - che ignorare quegli occhi celesti stava diventato davvero, davvero molto complicato.

Mason odiava molte cose, lo aveva spiegato spesso, e le complicazioni rientravano in quell'elenco lunghissimo di cose che odiava/lo disgustavano/ lo facevano incazzare.

«Stai scappando anche adesso», gli disse Seb. Nonostante le braccia incrociate, come a voler dimostrare all'altro il suo fastidio, c'era sempre il problema dei suoi occhi che i capelli non riuscivano a nascondere del tutto e Sebastian era uno di quei famosi libri aperti.

Mason in quegli occhi limpidi lesse dell'incertezza.

«Stai scappando anche da me, Mason?» gli chiese, abbassando la voce, come se avesse davvero il timore che Mason stesse scappando da lui e che quel suo atteggiamento astioso lo facesse soffrire.

Non era vero. Almeno, in parte non lo era.

Mason non stava scappando da lui, ma non riusciva nemmeno a guardare per troppo tempo Sebastian negli occhi perché quel ragazzo capiva e Mason aveva sempre creduto di non essere facile da capire; non erano mai state facili da capire le sue scelte, le sue risposte brusche, i suoi modi di fare non sempre gentili ed ortodossi.

Tutto questo prima di lui. Prima di Sebastian.

Quel ragazzo gli gironzolava intorno e, dopo aver abbattuto qualche muro qui e là, rimetteva pazientemente a posto, ma lo faceva a modo suo, con le sue chiacchiere, spesso senza senso, i suoi colori - e Mason aveva vissuto in bianco e nero, specialmente nero, per gran parte della sua vita merdosa - e, soprattutto, con le sue insicurezze.

Sebastian era insicuro; Mason era stato in guerra, eppure, quel ragazzino non sapeva quanto potesse essere più coraggioso e forte di lui.

Strinse saldamente il collare di Eva. «Non stavo scappando da te». Mezza bugia. «Ma da... altro». Mezza verità.

Come un fiore tra le mine (Red Moon Saga Vol. 5)Hikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin