Capitolo 1 - Mason

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Mason era seduto sul divano di casa sua, a sfogliare una delle tante riviste di botanica che aveva accumulato da quando aveva iniziato a lavorare nella ditta di giardinaggio di suo zio Alan la bellezza di undici anni prima. Era passata letteralmente una vita.

Nel corso di quegli undici anni era ritornato a vivere quando sua madre e suo padre lo avevano spedito, come un pacco postale indesiderato, a Rockford; era riuscito a crearsi delle amicizie, una vera famiglia; si era innamorato, si era addirittura laureato in Scienze Biologiche ed Agrarie grazie a Timothy e alla sua infinita pazienza.

Poi aveva perso di nuovo tutto.

Aveva mandato a fanculo il suo desiderio di ampliare la ditta di suo zio ed era partito per l'Afghanistan, successivamente per la Siria, e alla fine ci era quasi rimasto secco in quella terra desolata, mangiata dal sangue e dalla guerra.

Sentì del frastuono provenire da fuori, ma non se ne preoccupò, continuò ad ignorare qualunque evento succedesse all'esterno del suo fortino. Rachel aveva soprannominato così casa sua.

Eva, distesa ai suoi piedi sul tappeto, si raddrizzò sulla schiena e puntò il muso verso la finestra con le orecchie che si muovevano per cercare di capire cosa stesse succedendo al di fuori.

Poi ruotò il capo verso Mason e gli diede un colpetto con il tartufo umido contro il ginocchio buono. Sí, aveva un ginocchio buono ed uno marcio, come tutta la sua vita.

«Eva, per quanto mi riguarda potrebbe arrivare anche un'invasione di zombie, e prego Dio che arrivi, e non ho comunque intenzione di alzarmi da questo divano», brontolò Mason, grattando affettuosamente il punto magico dietro un orecchio di Eva.

Già, aveva finito per affezionarsi fin troppo a quella palla di trenta chili di pelo e ciccia.
Qualcosa di raggrinzito nel suo petto doveva ancora battere, pazzesco.

Stava leggendo un articolo interessante sulle rose di Damasco, quando un bussare incessante contro il suo portone di ingresso disturbò la quiete di casa sua, del suo fortino.

Eva iniziò ad abbaiare e corse ad annusare sotto la porta; Mason sbuffò e non si preoccupò nemmeno di chiudere la rivista aperta sulle sue gambe.

«Qualsiasi cosa vendiate, non sono interessato. Sono disabile e non ho bisogno di un aspirapolvere con tre metri di cavo su cui inciampare o delle pentole che non userò mai nella vita!» urlò, continuando a mantenere gli occhi sull'articolo dedicato ad una delle tipologie di rose che preferiva, nonostante fosse un ibrido creato in laboratorio.

Il bussare contro la porta continuò, Eva sembrava una pazza perché non riusciva a capire cosa stava succedendo. Mason era già stanco di quella giornata ed erano solo le tre del pomeriggio.

Imprecò tra i denti mentre si allungava per afferrare uno dei bastoni deambulatori che utilizzava dentro casa perché preferiva muoversi con la sedia a rotelle solo quando si trovava all'esterno.

Mason a trentun anni era un uomo deambulante su sedia a rotelle con una gamba matta che continuava a fargli brutti scherzi. Come la vita, ah ah, tutta la sua vita merdosa era un film horror da cui non sarebbe mai uscito.

«Rachel, giuro che se sei tu, ti apro e poi ti sbatto la porta in faccia. Non me ne frega niente che sei incinta, continua ad usare questa scusa solo con Cody», sibilò Mason mentre arrancava verso il portone con l'ausilio del suo bastone magico.

Afferrò la maniglia, l'abbassò ed un attimo dopo venne schiaffeggiato da un paio di occhi castani che non vedeva da molto tempo.

«Ce ne hai messo di tempo per aprirmi, testa di cazzo», gli disse quella voce così familiare, quella voce che gli ricordava un passato ormai troppo lontano. Un passato felice.

Come un fiore tra le mine (Red Moon Saga Vol. 5)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora