Capitolo 25 - Mason

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Mason sapeva che non sarebbe dovuto sparire in quel modo, evitando di prendere anche il cellulare. Probabilmente, a quell'ora del mattino, tutta la sua famiglia si stava chiedendo dove diavolo fosse e perché sembrava che fosse stato inghiottito dalla terra. Ci si sarebbe anche buttato  volentieri, in un buco che giungeva direttamente all'inferno, se mai lo avesse trovato.

Si portò indice e medio di entrambe le mani alle tempie e iniziò a compiere dei movimenti circolari sulla pelle per cercare di alleviare quel pulsare intenso che gli stava causando dolore anche agli occhi.

Non sapeva di preciso che ore fossero, non poteva nemmeno regolarsi con l'altezza del sole nel cielo perché quella mattina era pieno di nuvole grigie, dello stesso colore del fumo nel suo incubo.

«Porca di quella puttana», mormorò a bassa voce.

Era passato anche a trovare Timmy, appena era sorto il sole quella mattina. Aveva avuto bisogno di vederlo. Aveva dato una pulita alla sua lapide, tolto le foglie secche e innaffiato le piante. Sapeva che la famiglia di Timmy e la sua famiglia andassero regolarmente a portargli dei fiori freschi, nonostante Mason odiasse a morte i fiori recisi, ma da quando era tornato dalla Siria, si era preso il compito di rendere rigogliose le piante che lui stesso gli aveva portato e di cambiarle in base alla stagione.

Puntò gli occhi stanchi e pesanti sulle papere che nuotavano tranquillamente sull'acqua gelida del lago. Alcune erano salite su dei massi ed erano impegnate a pulirsi il piumaggio arruffato dall'aria umida.

Si ritrovò a pensare nuovamente a Seb, a come lo aveva lasciato quella mattina, al suo viso sereno mentre dormiva, ignaro del casino che Mason avrebbe combinato perché la sua testa non funzionava nel corretto modo.

Merda, quella volta nessuno gliel'avrebbe fatta passare liscia. Aveva sbagliato a non tornare a casa prima del risveglio di Seb e del ritorno di Evan. Aveva preferito continuare a starsene da solo, a fare la testa di cazzo in solitaria.

Quell'incubo aveva scombussolato quel poco di equilibrio che, con tanta fatica e sudore, era riuscito a raggiungere. Gli aveva anche fatto passare per la mente che, decidendo di avvicinarsi a Sebastian, quel dolce ragazzo fosse destinato a soffrire per causa sua. Mason non voleva fargli del male, assolutamente. Per questo, inizialmente, lo aveva tenuto alla larga da lui.

Seb era così dolce, buono, spontaneo, colorato. Era come un fiore che sbucava tra le mine.

Seb era un fiore, Mason, invece, era una mina antiuomo che rischiava di esplodere e di radere al suolo tutto e tutti.

«'Fanculo», borbottò, afferrando una pietra da terra e lanciandola bruscamente in un punto distante del lago, dove non avrebbe potuto colpire nessun animale. L'ultima cosa che voleva, quella mattina, era causare un trauma cranico a qualche oca.

L'unica decisione giusta che aveva preso durante quella mattina trascorsa in completa solitudine,  era stata quella di scrivere alla sua psicologa del Centro Veterani. Non voleva ritornare ad abusare di ansiolitici, preferiva di gran lunga farsi spremere le meningi e farsi frugare in testa dallo strizza cervelli.

Sospirò, grattandosi il centro della fronte. Forse, era giunto il momento di ritornare a casa a farsi riempire di insulti dalla sua famiglia.

«Testa di cazzo!» sentì urlare, improvvisamente.

Mason raddrizzò la schiena e tutti i peli dietro la nuca gli si elettrizzarono.

Non poteva essere... Nessuno sapeva dove si trovasse.

Girò il capo e si ritrovò davanti una piccola furia dai capelli viola, sparati in ogni direzione, che si stava avvicinando frettolosamente a lui.

«Sebastian», pronunciò il suo nome, come se la figura del ragazzo incazzato davanti a lui fosse solo il frutto della sua insana immaginazione.

Come un fiore tra le mine (Red Moon Saga Vol. 5)Donde viven las historias. Descúbrelo ahora