Capitolo 20 - Mason

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«Dunque», iniziò col dire Mason, afferrando il bastone con cui si mise lentamente in piedi. Mentre si aggrappava a quel bastone, immaginò, anzi, sognò ad occhi aperti, come sarebbe stato bello colpire le parti basse di Evan e, successivamente, quelle di Michael. «A cosa devo la vostra così sgradita presenza in casa mia?»

Seb si muoveva lentamente e a disagio alle sue spalle. Sorrideva, Seb sorrideva sempre, ma era imbarazzato. In fin dei conti, era stato beccato da quei due idioti mentre era cavalcioni su Mason e gli stava infilando la lingua in bocca. Chiunque sarebbe stato a disagio, ma non Mason. Mason era semplicemente irritato. Certo, era sempre irritato e infastidito dall'intera umanità, ma proprio quando era impegnato in un gradevolissimo modo per renderla più tollerante e piacevole, era stato interrotto.

Allora, era proprio vero che il mondo intero ce l'aveva con le sue povere ossa, tenute insieme da placche di ferraglia.

«Io qui ci vivo», rispose il suo migliore amico. L'idiota ghignava e continuava a sorseggiare la sua birra.

«Tu qui ci vivi a scrocco. Hai un nuovo lavoro e, da quanto mi hai detto, sei anche ben pagato, quindi potresti tranquillamente affittarti un appartamento», replicò Mason, burbero, mentre zoppicava verso la sua cucina con Eva e Sanji che camminavano, scodinzolando, una alla sua destra e l'altro alla sua sinistra.

Lanciò un'occhiata a Seb e lo trovò con le mani affondate in quella sua felpa che gli andava enorme e con le guance ancora arrossate. Notò dei leggeri segni di sfregamento da barba su una guancia. Quelli erano i segni della sua barba e la vista gli causò anche un bizzarro senso di orgoglio.

Avrebbe tanto voluto roteare gli occhi, ma verso sé stesso. Che coglione, che sono diventato, pensò. Ci manca solo che inizi a regalare fiori e cioccolatini, accompagnati da letterine d'amore. Bleah, odio i fiori recisi. E odio ancor di più le letterine melense. Sul cioccolato, potrei anche chiudere un occhio.

«Io non sto scroccando proprio nulla, caro Mason. Anzi, sto svolgendo un duro lavoro di badante senza nemmeno essere retribuito».

Mason si voltò per guardare meglio quella grandissima faccia di cazzo. «Tu staresti badando a me?»

Evan allargò il ghigno. «Esattamente. E la maggior parte delle volte nemmeno te ne rendi conto. Sono molto fiero del mio secondo lavoro non retribuito. Offrirmi un alloggio è il minimo».

Mason aveva sempre più voglia di prenderlo a bastonate nei genitali.

«Beh, nessuno te lo ha chiesto, cazzo. Ce la faccio benissimo da solo».

Evan gli andò vicino e gli mise una mano sulla spalla con fare accondiscendente. «Prego, non c'è di che, Mason», rispose, ironico.

«Levami questa mano di dosso o te la sbrano».

Il suo migliore amico oramai aveva un sorriso che gli raggiungeva entrambe le orecchie. «Un tempo ti piacevano le mie mani addosso».

Mason sgranò gli occhi e li fece ribalzare un attimo dopo su Seb. Si accorse che anche lui stava fissando Evan come se avesse voluto sbranarlo, era davvero inusuale quell'espressione contrita, che era andata a sostituire il perenne sorriso di Sebastian. Aveva anche le palpebre socchiuse. Sembrava volesse lanciare dei raggi laser contro Evan.

Quell'espressione potrebbe davvero eccitarmi, meditò Mason.

Michael, nel frattempo, ce la stava mettendo davvero tutta per cercare di mantenersi serio ed imperturbabile, ma gli angoli delle sue labbra stavano tremando e quei leggeri colpetti di tosse, come se gli fosse andata di traverso la birra, lo stavano tradendo. Peccato che la birra di traverso nemmeno gli era andata.

Come un fiore tra le mine (Red Moon Saga Vol. 5)Where stories live. Discover now