Capitolo 1

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Mi chiamo Catherine Stark. Sono la figlia di Tony Stark, conosciuto anche come Iron-Man. Ho 17 anni e come lui e mio nonno (Howard Stark) sono riuscita ad entrare nel programma per studenti non laureati al MIT all'età di 13 anni ed ero la migliore del mio corso. Mia madre si chiama Pepper Potts e grazie al cielo è riuscita a sbaragliare la concorrenza grazie alla sua intelligenza e astuzia (tutte le altre donne che andavano a letto con mio padre prima che si sposasse e avesse me). Sono figlia unica.
Ho occhi e capelli scuri proprio come mio padre e mio nonno, sono bassa e magra, ma ho una forza quasi sovrumana.
Non ho molti amici perché fino all'età di 6 anni le uniche persone con cui parlavo erano i miei genitori, i loro amici e l'intelligenza artificiale ideata da papà, JARVIS; diciamo che la mia infanzia è stata un po' influenzata da un essere artificiale e da mio padre. Da lui ho preso il modo di fare, cosa che non mi piace molto ma non ci posso fare niente. Da mia madre invece ho preso pochissimo, soltanto la piccola corporatura magra e l'eccellente organizzazione.
All'età di 3 anni ho costruito il mio primo circuito elettrico, se vi può interessare.
Vivo nella Stark Tower e a volte lavoro assieme ai dipendenti delle Stark Industries. Talvolta sono dei tali idioti...
Ma oggi devo andarmene. Devo andare all'Accademia dello S.H.I.E.L.D., dove mi terranno segregata per i prossimi 3 anni... Penso. Non che abbia una chissà che vita sociale, ma non credo di riuscire a farcela. Non conosco nessuno, e ad essere sincera, non voglio nemmeno farlo.
Mio padre mi ha iscritto a una specie di "corso speciale", solo perché sono la figlia di Iron-Man, uno dei Vendicatori. Lo detesto, non fa altro che impartirmi ordini, e non è mai stato un vero padre per me. Ho sentito che è molto difficile entrarvi... Mi sa che c'entra qualcosa con gli Avengers.
Afferro lo zaino e la valigia ed entro nell'auto guidata da mia madre cercando di evitare quanti più giornalisti possibile. Sono patetici. Mi siedo vicino al finestrino della macchina e guardo la Stark Tower che scompare dietro di me, poi New York, e infine mi trovo nelle campagne sconfinate della periferia.
Dopo ore di viaggio in cui leggo il mio libro preferito, arrivo davanti alle porte dell'Accademia, e l'auto si ferma.
-Tornerai a casa per le vacanze di Natale?- chiede mia madre voltandosi verso di me.
Io sospiro e annuisco in silenzio senza guardarla.
Lei mi sorride -Stai attenta a...-
-Mamma, ho quasi 18 anni, so badare a me stessa.- la interrompo io prendendo un paio di occhiali da sole. Indosso una camicia a righe bianche e nere con dei fiori, un paio di shorts neri, e delle scarpe da ginnastica bianche: l'unico tipo che uso sin da quando ne ho memoria.
-Mi mancherai, piccola mia- dice lei guardandomi e accarezzandomi una guancia. Io ricambio lo sguardo a lungo in silenzio e annuisco facendo un minuscolo sorriso. -Mi mancherai anche tu, mamma- le do velocemente un bacio sulla guancia. -Stai attenta a quello che fa papà- continuo sorridendo un po' di più. Lei ride e mi saluta. -Sai che so tenerlo a bada.- replica ridendo.
E poi scendo dall'auto con la mia valigia e il mio zaino, e abbasso gli occhiali da sole dai capelli per nascondere gli occhi. Nessuno deve vedere che mi si sono arrossati e che delle lacrime mi scorrono lungo il viso. Mi asciugo velocemente le guance. Cammino nella direzione dell'ingresso, cercando di sembrare decisa. Arrivo davanti alla porta e faccio un lungo sospiro. Poi entro.

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