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-Ve l'avevo detto che era colpa di Arisu e dei suoi giochi del cazzo-, deglutì Karube.
-Non pensavo che avessi ragione-, mormorai continuando a fissare le scritte enormi di fronte a noi.
Arisu si scosse leggermente, voltandosi verso di me.
-Non è così infatti, razza di idioti. Non ho la minima idea di che cosa possa significare tutto questo-
-Significa che dobbiamo giocare-, affermò Chota in tono assente, e tutti ci voltammo a guardarlo.
-Che c'è? È scritto lì!-
-Amico, se continui a dormire in piedi non troverai mai una ragazza e morirai vergine, lo dico per il tuo bene-
-Ragazzi-, li interruppi, -guardate là-
Indicai con l'induce una luce rossa, a qualche chilometro di distanza.

-Che cos'è? Insomma, credete che sia l'arena?-
-Non abbiamo molto da perdere. Andiamo a vedere-, Arisu si avviò con passo deciso, e tutti noi lo seguimmo.

Quando arrivammo, capimmo che la luce rossa veniva da un albergo, a quanto pareva l'unico ad avere l'elettricità in tutto l'isolato.
Apparte quello, tutto attorno a noi era buio.
-Non so voi, ma secondo me ha un aria inquietante. Dovremmo entrare lì e prendere parte a che cosa? Uno stupido gioco con dei malati che hanno fatto sparire il resto della popolazione?-, sbuffò Karube.
-O magari ci saranno altre persone, altri dei nostri, a giocare con noi-, suggerì Arisu guardandoci uno ad uno.
-Coraggio, se non entriamo non lo sapremo mai-

Raggiungemmo un ascensore in fondo ad un corridoio, seguendo delle frecce segnaletiche luminose nella hall. Ma era chiuso, e davanti a noi ora c'era solo un tavolino con dei telefoni ed un biglietto appeso al muro li sopra, che recava la scritta: "uno ad ogni giocatore".
Ci guardammo, dubbiosi, poi afferrammo un cellulare ciascuno.
-Si stanno accendendo. Grazie a dio, almeno questi funzionano!-, sorrise Chota, speranzoso.
Ma non appena ciascuno dei dispositivi si fu acceso, si sbloccò con il riconoscimento facciale.
-Come fanno a riconoscere le nostre facce?-

"Numero attuale di giocatori iscritti al game: quattro"

La voce robotica uscì dai telefoni che tenevano stretti tra le mani, il che rese ovvio che non erano dei cellulari che potevamo usare per chiamare qualcuno, o per cercare informazioni dell'accaduto su internet.
-A quanto pare, servono solo per giocare, nient'altro-

Dei passi risuonarono alle nostre spalle, e quando mi voltai notai una ragazza, con passo deciso e aria disinvolta, camminare verso di noi.
-Oh, dalle vostre facce si capisce che siete appena arrivati-, sbuffó con sufficienza.
La squadrai, confusa.
-Arrivati dove? Dove siamo finiti?-
-Dove dovrete lottare per sopravvivere, vincendo questo gioco-
Sentii Chota sobbalzare al mio fianco.
-S..sopravvivere, hai detto?No, ragazzi, non se ne parla! Io torno indietro..-
-Fermo!-, gridó la ragazza, facendo bloccare il mio amico di scatto.
Lo studió dall'alto in basso, poi gli strappò il tesserino dell'ufficio in cui lavorava dalla tasca, e lo gettò dietro di sé, nella direzione da cui eravamo appena entrati.

Un laser rosso fulminò l'oggetto, rilanciandolo indietro, fuso.
La ragazza scosse la testa.
-Una volta entrati in un'arena, non c'è più alcuna possibilità di ritirarsi. Dovete giocare e fare il possibile per vincere-

Arisu si strofinò una mano sul volto.
-Ma a che cosa stiamo giocando?-

"Attenzione! Il game avrà inizio tra 3 minuti"

Sentendo la voce robotica, la ragazza non rispose, ma si affrettò ad appropriarsi di uno dei cellulari presenti accanto a noi.
Poco dopo, anche un'altra ci raggiunse, in preda al panico, ansimante.
Si illuminò quando ci vide.
-Oh, finalmente, altre persone! Cominciavo a perdere ogni speranza, ormai-

E così, ci trovammo in sei partecipanti.
Non avevamo idea di quale sarebbe stato il gioco, ma erano chiare due cose; non potevamo più ritirarci, e se non avessimo vinto avremmo pagato con la nostra stessa vita.
Chi fosse la ragazza che ci aveva dato queste informazioni, non era ben chiaro.

the border between us - Chishiya Where stories live. Discover now