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Quando quella notte feci ritorno nella mia stanza, trovai Arisu davanti alla porta, che mi aspettava.

Ciò che era appena successo con Chishiya mi aveva momentaneamente fatta estraniare da tutto, ma quando ci eravamo divisi nel corridoio, tutte le emozioni negative avevano fatto ritorno più potenti e angoscianti di prima. Ma nonostante mi sentissi terribilmente in colpa, sapevo che se non avessi almeno tentato di dare più supporto possibile all'amico che mi era rimasto, sarei stata una persona egoista e ancora più orribile. Era difficile guardarlo e parlargli senza provare l'impulso di piangere, e soprattutto senza trattarlo con accondiscendenza sapendo cosa stava provando, quanto fosse divorato dal dolore, ma glielo dovevo, complicato o meno che fosse.

Così, presi un respiro profondo e lo raggiunsi, stampandomi in faccia il mio miglior sorriso.

-Ciao-, mormorai. Alzò la testa, che prima teneva bassa, a mi sorrise. Il suo volto era arrossato, gli occhi gonfi, ma il suo sorriso era sincero, oltre che triste.

-Ciao. So che è tardi, probabilmente vorresti andare a dormire, ma volevo scusarmi. Non era così che avevo immaginato il momento in cui ti avrei rivista-

Si stava davvero scusando con me per la sua reazione?

-Arisu, non c'è assolutamente nulla per cui tu debba chiedere scusa. E comunque non ho sonno, ti va di entrare?-

Quella mia domanda era un sinonimo di "Te la senti di parlare di ciò che è successo mentre io ero qui a godermi le feste in piscina?", ma lui annuì comunque, così lo feci accomodare.

Essere di nuovo con lui, nonostante la pessima piega che le cose avevano preso, era comunque rassicurante, come se avessi recuperato una piccola parte di me. Peccato che ne avessi perse per sempre altre due.

Non parlò subito, ci volle un po'. Seduti l'uno accanto all'altra sul bordo del letto, lo presi per mano e gliela strinsi forte, per dargli coraggio.

-Qualsiasi cosa sia successa, io ti conosco. So chi sei e so che hai un cuore enorme, quindi non voglio che ti colpevolizzi. Di sicuro, se è andata così è perché era impossibile trovare una soluzione-

Arisu tirò su con il naso, e guardandolo notai che aveva di nuovo gli occhi lucidi.

-Abbiamo dovuto partecipare ad un game, anche con quella ragazza, Shibuki. Il suo visto e quello di Chota stavano per scadere, così siamo andati tutti insieme, sai per aiutarci l'uno con l'altro, come facciamo sempre. Ma poi..-,parlare gli richiedeva un'enorme sforzo. Fece una breve pausa, e io attesi pazientemente.

-I game di cuori giocano con le nostre debolezze, sono psicologici. Dalle regole abbiamo capito che solo uno dei giocatori sarebbe sopravvissuto, tutti gli altri sarebbero morti allo scadere del tempo. Beh, non credo che mi serva specificare chi di noi è stato il "fortunato" che ne è uscito vivo-, non scese nei dettagli delle regole, ma non gli feci alcuna domanda. Doveva dirmi ciò che sentiva il bisogno di tirare fuori, come meglio poteva.

Quando vidi che se ne stava in silenzio, quasi come se temesse la mia reazione, poggiai la testa sulla sua spalla e strinsi di più la sua mano, sospirando.

-Niente di tutto ciò potrebbe mai farmi pensare male di te, dico sul serio. Hai fatto tutto ciò che potevi-

-No, tu non capisci, y/n, tra noi io ero quello che meno di tutti meritava di vivere-

Alzai la testa di scatto, guardandolo dritto negli occhi con un'espressione severa, ma lui era rassegnato.

-Non devi dire mai più una cosa simile, Arisu-

-Dico ciò che in fondo tutti hanno sempre pensato; sono inutile. Ho vissuto la mia vita senza lavorare, facendo schifo a scuola, deludendo la mia famiglia, e ora ho deluso anche i miei amici. Non ho mai avuto uno scopo, una ragione di esistere, qualcosa in cui sono bravo o utile. Ho fallito già da molto tempo, ma Karube e Chota avrebbero davvero potuto fare qualcosa di buono e lasciare un segno, in questo mondo. Loro non erano come me, e dovrebbe esserci uno di loro qui, al mio posto-

the border between us - Chishiya Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora