Capitolo 18 "Natale in casa Jhonson"

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«Svegliati o faremo tardi dai Clark» la voce di Joe arrivò rumorosa nella stanza di Helia. Era terribilmente assonnato, faceva un gran freddo e non aveva alcuna intenzione di passare il pranzo di Natale con la famiglia di Carol. 

I Clark, Peter e Rebecca, marito e moglie, erano due persone classiste e dalla puzza sotto il naso. Ancora si domandava in che modo fossero arrivati ad accettarlo come futuro compagno per la loro adoratissima e viziatissima figlia. Helia dovette faticare parecchio per eliminare le frequenti occhiate torve che riceveva passando a casa della ragazza per riaccompagnarla dopo le loro uscite romantiche. Ricordava ancora con malinconia la prima domanda che Peter gli fece appena ebbe modo di parlargli, «credi di poter soddisfare le alte aspettative di vita della mia bambina?» quel tono beffardo ferì profondamente i suoi sentimenti. Era pienamente consapevole del fatto che se, ora, aveva l'onore di condividere il pasto del Santo Natale con coloro che sarebbero a breve diventati i suoi suoceri, era solo ed esclusivamente per merito di Carol. Sui genitori la giovane possedeva una presa particolarmente potente. Le bastò battere i piedi a terra e decantare l'immenso amore che provava nei confronti di Helia per far sì che Peter e Rebecca si adattassero all'idea dell'immediata discesa sociale della ragazza. 
Lui sapeva di non essere abbastanza, e nulla avrebbe cambiato questa certezza.
Si alzò riluttante dal letto, diligentemente sistemò le lenzuola e le coperte. Prese gli indumenti che avrebbe indossato per il pranzo e si preparò. La testa gli faceva male. Era nervoso. Andò in cucina per fare colazione, Joe lo attendeva spazientito.

«cosa stai facendo?» gli domandò aggressivo.

«prendo il latte...» rispose in modo scocciato.

«è la mezza, e l'invito era per l'una. Sai che casa di Carol è dall'altra parte del paese... sbrigati ti aspetto in auto» il tono di voce dell'uomo era imperativo. Prese le chiavi della vecchia auto nera che condivideva con Helia e lasciò chiudersi violentemente la porta alle sue spalle. Il ragazzo, controvoglia, posò la tazza di ceramica lavorata, e ubbidì al padre. 

La villa di Carol era situata nella zona residenziale del paese, nello stesso quartiere in cui abitava Andrew. Fu proprio grazie a lui se, in un pomeriggio primaverile, Helia ebbe modo di conoscerla. Giocava a basket nel campo sportivo della zona, quel pomeriggio era  particolarmente afoso. Dopo il primo set andò verso il suo zaino alla ricerca della borraccia d'acqua ghiacciata che tanto anelava. Fu in quel momento che la vide, seduta sugli spalti accanto alle sue amiche, pensò che fosse meravigliosa. Se ne innamorò subito. 

Durante il tragitto Joe imprecò contro il traffico dell'autostrada. Avevano preferito prendere l'imbocco della stradale nella speranza di non tardare eccessivamente al pranzo, la scelta si rivelò la meno adatta. Arrivarono all'una e venti minuti, Helia bussò timidamente il campanello e quando la porta venne aperta il suo corpo fu scaraventato a terra dalla stazza di Rex, il cane pastore, guardia feroce della villa. Helia lo conosceva, non aveva paura di lui, gli fece una dolce carezza sulla testa, poi venne invitato ad entrare dalla voce soave della bella Carol, «ah finalmente siete arrivati! Vi stiamo aspettando da un po'!". L'eco risuonava nell'immensità delle camere.

Entrarono in casa e vennero accolti dalle due domestiche, che, prontamente, li accompagnarono nella sala da pranzo. La stanza era immensa, anche più grande dell'intero appartamento dei Jhonson. Il tavolo, che in quell'occasione avrebbe ospitato solo sei persone, poteva essere aperto sino a diventare di quattro metri. 

Erano tutti già seduti ai loro rispettivi posti, signore e signora Clark, Carol e David con l'affascinante fidanzata Emily seduta al suo fianco.

David, fratello maggiore di Carol, era un chirurgo arrogante, presuntuoso e razzista. La compagna, una donna dall'innata bellezza, parlava poco, e quando lo faceva si mostrava assolutamente priva di contenuti.

«finalmente, stavamo per iniziare il pasto senza di voi» esordì Rebecca. La sua voce acida rispecchiava perfettamente il suo aspetto austero.  

«chiedo scusa, ma abbiamo trovato traffico» tentò di giustificarsi Joe, «ecco, questa è per lei. L'ho fatta con le mie mani» porse gentilmente alla donna il vassoio che reggeva tra le anziane dita. Era una torta al cioccolato, la preferita di sua figlia Ginevra. Quando erano piccoli, lei ed Eric, il giorno di Natale adoravano mangiare quel dolce preparato dal padre con amore e premura.

«grazie ma per il dessert abbiamo già provveduto, non doveva» Rebecca fece un cenno veloce con il capo, e una delle domestiche si apprestò a prendere la confezioni dalle mani di Joe. Poi scomparve. 

«allora direi che possiamo cominciare a mangiare!» Peter prese la forchetta e iniziò a consumare la prima portata. Joe ed Helia, in silenzio, si accomodarono ai loro posti. 

L'atmosfera glaciale venne spezzata dalla fastidiosa  voce del chirurgo.

«allora Helia, continui a lavorare in quello squallore che chiamate negozio?» il tono di David era provocatorio. Joe non rispose, tenne lo sguardo fisso sul piatto dinnanzi a sé.

«si David, lavoro ancora nel market della mia famiglia» nei suoi occhi un velo di vergogna e nervosismo, era solito prendersi gioco di lui e palesare il suo disprezzo denigrando, senza alcun velo, le classi sociali meno abbienti.

«decisamente una vita sprecata la tua, se avessi studiato magari ora ti ritroveresti anche tu medico o dirigente di banca» intervenne Peter. Helia arrossì. Dopo il liceo avrebbe voluto tremendamente proseguire con gli studi ma le rette annuali andavano ben oltre le capacità economiche di suo padre, quindi a soli diciotto anni dovette scegliere di sacrificare il suo futuro per sostenere le spese domestiche. Infondo, era decisamente più importante mangiare piuttosto che imparare le nozioni dell'anatomia umana. Comunque, non rispose al padre di Carol che, al contrario redarguì l'atteggiamento ostile dell'uomo con un'occhiata torva. 

«cosa c'è? Dico solo che voi giovani dovete avere delle ambizioni e non accontentarvi di rimanere nella vostra realtà... soprattutto se questa si presenta pressochè...lugubre » Peter proseguì, «guarda il tuo amico Miller, come si chiama? Ah si, Anderw! Lui si che ha obiettivi per il futuro. Il padre sarà sicuramente molto orgoglioso di lui» poi prese un'altra forchettata di spaghetti. 

Joe alzò il capo dal piatto, «io sono estremamente orgoglioso di mio figlio, del ragazzo che ho cresciuto e dell'uomo che è diventato, non sempre la stima va misurata in base al denaro o al prestigio sociale signor Clark» la sua espressione era seria, non avrebbe permesso oltre a quell'uomo di infangare l'autostima di Helia. 

«beh signor Joe, tecnicamente, Helia non può nemmeno definirsi suo figlio» proruppe bruscamente Rebecca nella conversazione. 

«mamma...» la voce di Carol era implorante.

Il silenzio calò pesante. Helia si alzò lentamente dalla seduta, fece cenno a Joe affinché seguisse le sue movenze. 

«la ringrazio per l'ottimo pasto cucinato dalla sua servitù signora Clark, ma ora, io e mio padre dobbiamo proprio andare» prese dolcemente il braccio dell'anziano uomo e, sotto lo sgomento sul volto dei presenti, lo condusse all'uscita. 

Entrati in macchina gli occhi di Joe si riempirono di lacrime, «non dovevi» sussurrò guidando.

«dovevo invece. Meriti di essere riconosciuto per quello che sei. Un papà apprensivo e amorevole» Helia si accese una sigaretta. 

«ti voglio bene figliolo»

Era ormai pomeriggio inoltrato quando arrivarono a casa. Joe parcheggiò l'auto e curioso notò la finestra della cucina illuminata. 

«Helia devi stare attento quando esci di casa, l'elettricità quest'anno è aumentata» lo redarguì severamente. Lui, fece spallucce. 

Entrarono nell'appartamento e veloci si recarono in cucina con l'intenzione di preparare un pasto che potesse placare il loro appetito prepotente.

Nella piccola sala, seduto e avvolto da una coltre di fumo, trovarono Eric.

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