Capitolo 1

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"Perché dolore è più dolor,
se tace"
-G. Pascoli

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San Diego, California

Weston's POV

La paura era una strana e contorta emozione. Si insinuava all'interno della tua testa e cominciava a parlare. La sua voce era un incessabile sussurro che ti faceva fischiare le orecchie. Era così tanto bassa che ti permetteva di udire i battiti del tuo cuore ma, seppur il timbro fosse sommesso, era comunque presente ed era molto difficile farlo smettere.

Paura ti rendeva debole.

Ma, forse, era proprio grazie alla paura che il genere umano non si era ancora estinto. Il cosiddetto "spirito di auto conservazione" dipendeva proprio da quella perfida emozione.

La paura di morire e la paura di non sentire più quei battiti nelle orecchie.

La paura di venir beccati o la paura di deludere.

E io, in quel momento, provavo proprio quello.

All'accademia militare mi avevano insegnato un principio fondamentale: controllare le proprie emozioni.

Perché lo Stato voleva quello: creare delle macchine.

Allo Stato, così come anche al capo di Stato maggiore dell'esercito, non importava degli uomini e delle donne che passavano sotto ai suoi occhi.

Loro avevano il compito di modellarci. Avevano il compito di formare delle vere e proprie macchine da guerra.

Quello era proprio uno dei motivi per il quale avevo mollato tutto quanto ed era anche per quello che in quel momento mi trovavo dall'altra parte del paese da più di un anno fingendo di essere qualcuno che non ero.

Bussai alla porta di legno di noce, uno dei legni più pregiati, e percepii Weston abbandonare il mio corpo.

«Avanti!» esclamò la sua voce dietro la porta.

Abbassai la maniglia e a grandi falcate mi avvicinai alla scrivania del suo studio.

Alejandro alzò il capo e appena si accertò che si trattasse effettivamente di me, riabbassò gli occhi sui fogli posti davanti a lui.

«Mi hai fatto chiamare, capo?» domandai tenendo le mani nelle tasche dei jeans.

«Miguel mi ha detto che conosci qualcuno, qualcuno di cui io necessito» affermò con tono di voce calmo.

La sua pistola nove millimetri giaceva sulla scrivania esattamente accanto alla sua mano che teneva una penna tra le dita. Dietro di lui, invece, vi erano due uomini ispanici massicci con in mano dei Kalashnikov che mi fissavano impassibili in attesa di ordini.

«Sì, capo. L'ho già avvertita e sta venendo qui. Domani andrò in aeroporto e la porterò direttamente qui da te» dissi tranquillamente.

«Bien, Anthony, puoi andare» rispose per poi farmi segno con la mano di dirigermi fuori dal suo studio.

Posai le dita sulla fredda maniglia e una volta posto entrambi i piedi fuori e aver chiuso la porta dietro di me, tirai un sospiro di sollievo.

Anche quella faccenda era sistemata.

Anche quella volta avevo recitato la mia parte.

Anche quella volta non ero morto.

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