Capitolo 24

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Nella solitudine il solitario
divora sé stesso, nella
moltitudine lo divorano
in molti. Ora scegli.
Nietzsche

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Lo guardammo confusi anche se dentro di noi sapevamo esattamente a che cosa si stesse riferendo.

L'adrenalina iniziò a vagare nelle mie vene mentre la mia mente cominciò a pensare alle prossime mosse. Certo, dipendeva tutto dal tempo, ma quello era un dettaglio insignificante.

«Che cosa stai dicendo?» domandai confusa utilizzando sempre un tono scontroso.

«Che tra un paio di giorni, un container contenente kilos de drogas y armas arriverà da Tijuana pronto a essere distribuito sull'intero suolo americano facendo di conseguenza alzare le cifre presenti sul mio conto, Chicago» spiegò con uno strano luccichio negli occhi che quasi mi fece venire i brividi.

Quasi.

Quella era la parte cruciale dell'intero piano. Era venuto da noi, aveva scelto noi per aiutarlo e pareva avere anche una certa fretta.

Anthony era il suo uomo di fiducia, dopo Miguel, e io, oltre ad aver dato prova della mia fiducia a Los Angeles, mi ero assicurata che mi vedesse mentre mi allenavo nella sua villa affinché rimanesse meravigliato dalle mie capacità. A quanto pareva aveva funzionato.

«E noi che cosa c'entriamo con tutto ciò? Hai bisogno di qualcuno che trasporti quel container qui? E poi, come diamine hai in mente di farlo entrare nel paese? È pieno di sbirri al confine!»

«Anthony starà al mio fianco. Tu, invece, dovrai piazzarti nel puerto con il fucile per eliminare tutti gli ostacoli» spiegò con tono di ovvietà finendo poi per definire i poliziotti come "ostacoli". Ed effettivamente aveva ragione. Insomma, dal suo punto di vista erano effettivamente degli ostacoli.

«E se dovessero mandare delle pattuglie in aiuto? Mi arresterebbero, se non peggio. Sentiamo un po', che cosa ci guadagno io? Perché dovrei mai accettare?»

Era ovvio che quello sarebbe stato il mio ruolo, sennò a che cosa mai doveva servirgli un sicario?

Il piano era quello di accettare l'incarico, ma Elizabeth non l'avrebbe mai fatto su due piedi. La donna che interpretavo era temeraria, testarda ed egoista. Ma, in fondo, aveva senso che si preoccupasse del suo guadagno dato che avrebbe messo la sua stessa vita in pericolo. O almeno, quello era ciò che avrebbe pensato il messicano.

«¡Porque es una orden!» esclamò alzando leggermente la voce mentre il suo volto iniziò a colorarsi di uno scuro rosso.

«Non mi frega un cazzo del tuo ordine! Cosa ci guadagno, Alejandro?» domandai fingendomi spazientita e non temendo la sua reazione.

Il mio corpo era già pronto a sbattere la porta in faccia ad Alejandro e a chiamare Mary per aggiornarla, ma la mia mente mi tratteneva con i piedi a terra.

Dovevo pazientare.

«Credi davvero che sia così disperato da dover fare affidamento su di te? Sai quante altre persone sarebbero pronte a prendere il tuo posto?»

«Non prendiamoci in giro. Ti serve un sicario e ce l'hai davanti a te. Hai testato la mia lealtà e hai visto svariate volte le mie abilità. Hai detto che manca poco al colpo e, di conseguenza, non hai tutto questo tempo per trovartene un altro. Quindi dimmi, boss, quanto ci guadagno?» continuai sogghignando divertita dal fatto di aver vinto io quella discussione.

Era quasi...divertente. Certo, solo un pazzo psicopatico avrebbe ignorato il fatto che molto probabilmente ad ogni singola parola con il messicano si rischiasse una pallottola in fronte, e quella decisamente non ero io. Tutto però cambiava quando si sapeva che quella pallottola non sarebbe mai stata sprecata, o almeno non in quel momento. Alejandro aveva bisogno di me e sicuramente non mi avrebbe uccisa.

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