Capitolo 5

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L'uomo non conosce altra

felicità se non quella che

egli si va immaginando, e

poi, finita l'illusione, ricade

nel dolore di sempre

-Sofocle

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Weston's POV

Mi svegliai all'improvviso con il fiatone e il piumone per terra.

Cercai di normalizzare i respiri e, quando finalmente ci riuscii, mi passai una mano sul volto sudato.

Un incubo.

L'ennesimo incubo.

Per l'ennesima volta.

Sospirai pesantemente per poi voltarmi verso il comodino accanto al mio letto per vedere che ora fosse: le cinque e mezza del mattino.

Il sole ancora dormiva e forse era la stessa cosa che avrei dovuto fare anch'io, se solo mi fossi ricordato come si facesse.

Erano anni che non dormivo tranquillamente. Erano anni che quelle scene, quei rumori, quelle urla, quel dolore divampavano in me come una fiamma impossibile da spegnere.

Era triste forse, ma avevo scordato come fosse fare dei sogni.

Mi alzai dal letto e, dopo averlo sistemato, mi diressi verso il bagno per poter fare una doccia.

Mi spogliai dal pigiama che era diventato un tutt'uno con la mia pelle ed entrai sotto il getto d'acqua fredda.

Era novembre ma comunque quella rimaneva la temperatura con la quale mi lavavo.

Durante l'accademia militare avevo capito che l'unica maniera per me di rimanere sveglio e lucido, oltre il caffè, era l'acqua fredda.

Ogni volta che quel getto scorreva impetuoso sulla mia testa, i miei polmoni cercavano disperatamente ossigeno, come se stessi affogando.

Quello era l'unico metodo che avevo per ricordare a me stesso che ero ancora in vita.

Spirito di autoconservazione.

L'essere umano amava sé stesso più di ogni altra cosa.

Io consideravo la vita come se fosse l'oceano. Potevano esserci tre tipi di persone, secondo me.

Il primo tipo era colui che impavidamente iniziava a nuotare. Continuava a muovere quelle gambe e quelle braccia fin quando l'immagine della terraferma, la tranquillità e la pace d'animo, non compariva nella sua visuale.

Il secondo tipo era colui che con molto coraggio, divorato dal dolore, si lasciava andare. Smetteva di provarci e si affidava al tremendo silenzio del mare.

Infine, il terzo tipo era colui che si faceva aiutare. Era così tanto fortunato dall'aver trovato una mano, un salvagente, che lo avrebbe aiutato e lo avrebbe condotto verso la terraferma.

Io, invece, in quel momento, non ero nessuno di loro. Io ero in balia delle onde. Quando pensavo di avere finalmente la mia vita tra le mani e sotto controllo, ecco che un'onda con estrema prontezza era pronta a colpirmi in pieno viso. Ma forse era meglio così, in fondo, la tranquillità significava che per me, ormai, era finita.

Dopo essermi insaponato, risciacquato ed essermi avvolto un asciugamano attorno alla vita, uscii dal bagno dirigendomi verso la cucina per poter bere il mio caffè.

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