Capitolo 10

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Nessuno entra invano
nella tua vita,
e è un dono o è una
prova...
Ferzan Özpetek

⋅⊰∙∘☽༓☾∘∙⊱⋅

Quell'uomo non era un semplice agente, ma era il capitano di quel distretto di polizia. 

Mi aveva fatto accomodare nel suo ufficio e, dopo esserci confrontati sul da farsi, ci dirigemmo verso il luogo dove il capitano parlava ai poliziotti e detective. 

Avevo previsto anche quello. 

Il capitano aveva capito chi fossi e, dopo avergli spiegato tutto quanto, mi offrì il suo aiuto. 

Appena feci la mia entrata, il detective che mi aveva arrestata strabuzzò gli occhi. 

«Scusi, capitano, ma lei cosa ci fa qui? E soprattutto perché non ha le manette?» 

«Agenti; detective; ho l'immenso onore di presentarvi l'agente speciale di supervisione della DEA: Claire Wilson.»

«Ma l'abbiamo trovata intenta a voler sparare a un uomo» affermò convinto il moro. 

«Sono un agente sotto copertura infiltrata nel cartello di Tijuana avente come boss il narcotrafficante Alejandro Garrido. Lui stesso mi ha chiesto di spaventare quell'uomo con la luce che il fucile di un cecchino emette. Se controllate quel fucile lo troverete senza alcun proiettile inserito al suo interno» spiegai in maniera seria osservando la gente in quella stanza. 

«Ma perché ti avrebbe incaricata di spaventare un uomo quando potevi benissimo ucciderlo?» domandò scettico il detective. 

«Perché è stato lui a darvi le indicazioni che vi hanno portato a quel terrazzo. Voleva che voi mi arrestaste in modo da testare la mia lealtà nei suoi confronti.»

Lo capii non appena Alejandro mi disse che il mio unico compito era quello di spaventare O'Neil. Nessun capo mafioso si sarebbe posto il problema di aprire il fuoco in mezzo a così tante persone, soprattutto se aveva a disposizione un cecchino. 

A lui non importava niente del dipinto, o almeno, gli importava più testare la mia lealtà nei suoi confronti. 

«Non posso rivelarvi nient'altro in quanto è strettamente riservato» continuai facendo vagare i miei occhi sui presenti. 

«Allora cosa vuole che facciamo?» domandò l'agente di pattuglia che mi aveva schedata. 

«Voglio che voi facciate finta di trasportarmi d'urgenza in ospedale a causa di un finto malore. Lì mi perderete di vista a causa delle numerose persone presenti e io troverò una maniera per trovare Alejandro.»

Il piano era molto semplice e persino agenti che non avevano avuto il mio stesso tipo di addestramento, erano in grado di farlo. 

L'unica cosa che in quel momento speravo era che Weston stesse bene e che fosse riuscito a prendere il dipinto in qualche maniera. Ma non dovevo e potevo dubitare di lui. In fondo, era un agente di grado superiore al mio, nonché ex militare e soprattutto il mio partner. 

Gli agenti vennero congedati dal loro capitano e, prima che potessi attraversare la porta, venni fermata dal detective in questione. 

«Non ti credo» disse continuando a stringermi il braccio. 

«E, se posso chiedere, perché?» domandai mantenendo il contatto visivo. 

Occhi normali, come quelli che vedevo ogni giorno. 

«Non credo che sia possibile che una come te si sia presa gioco di un cartello mafioso e di un intero dipartimento di polizia» continuò imperterrito stringendo sempre con più forza il braccio attorno alle sue dita. 

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