Capitolo 22

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Se un uomo ha una
coscienza soffrirà per
i suoi errori, quello
sarà il suo castigo e
anche la sua prigione.
Dostoevskij

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San Diego, California

Alejandro

Il Natale era sempre stato una perdita di tempo e di soldi. Perché mai avrei dovuto spendere centinaia di migliaia di dollari in regali e addobbi?

Sin da quando ero un bambino, non mi era mai stato possibile ricordare un Natale passato in famiglia e quell'anno non era stato di certo diverso da quelli precedenti.

L'unica cosa che vedevo davanti ai miei occhi, in quel momento, era il mio piano. Nient'altro. Niente tavola imbandita, regali impacchettati, alberi addobbati e men che meno lo spirito natalizio. Solo a quell'ultimo pensiero risi di gusto.

"Spirito natalizio", sul serio? L'uomo aveva inventato migliaia di cose durante il corso dei secoli, ma la concezione dello "spirito natalizio" era una delle più assurde.

L'uomo passava l'intero anno compiendo azioni abominevoli per poi rincuorarsi il venticinque dicembre cercando di fare qualche gesto premuroso che avrebbe potuto non procurargli un biglietto di sola andata per l'inferno. Eravamo egoisti. Di fare bei gesti per far contenti gli altri non ci importava niente. L'importante, alla fine, era stare bene con sé stessi. E io, stavo alla grande! Non avevo bisogno di donare metà del mio patrimonio a un orfanotrofio per dormire sonni tranquilli la notte. Mi bastava sapere di essere lontano dall'FBI e che il mio conto corrente aveva un gran numero di zeri.

Ormai il primo dell'anno si stava avvicinando e il mio corpo era pervaso dall'adrenalina.

Il piano era semplice ma anche incredibilmente meraviglioso: un'opera d'arte.

Da tempo ormai avevo allargato il giro di spaccio. Trasportare un intero container da un paese all'altro contenente armi e droga non costava di certo poco. Così, per racimolare più soldi possibile, mi è bastato vendere più droga. Facendo così, non solo guadagnavo più verdoni, ma facevo in modo che più gente diventasse dipendente e, di conseguenza, diventasse mio cliente. L'obiettivo finale era quello di trasportare quel container a San Diego, certo, ma non avrebbe avuto senso se non avessi avuto clienti a cui vendere la droga.

Il secondo step era stato quello di contattare mio cugino. Avevo affidato a lui il ruolo di ultimare i dettagli finali dopo esser ritornato sul suolo americano. Infatti, un paio di mesi prima, ero andato io stesso a Tijuana per vedere come stesse procedendo la situazione. Era ovvio, però, che non potevo permettermi di far costantemente avanti e indietro dall'America al Messico se non volevo avere problemi. Così, avevo affidato il tutto nelle mani di mio cugino Alvaro.

Alvaro era sempre stato come un fratello per me. Non ci parlavamo molto ma sapevamo che ci saremmo sempre stati l'uno per l'altro in qualsiasi situazione. Ed era sempre stato così, sin da quando eravamo piccoli.

Sarebbe tutto avvenuto tra meno di una settimana.

Meno di una settimana e avrei creato un vero e proprio impero.

Meno di una settimana e sarei stato il narcotrafficante più grande e più temuto dell'intero continente americano se non del mondo.

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Houston, Texas

Claire

Per la prima volta dopo anni la mia coscienza mi aveva dato tregua almeno per ventiquattro ore. Avevo trascorso a Houston dei giorni sicuramente molto movimentati, ma non mi lamentavo. E come avrei potuto?

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