ISLAND

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Mi svegliai e sentii immediatamente una fitta al collo, come quanto dormi con la finestra aperta e prendi troppa aria.

Strinsi i denti, e mi misi a sedere. Poi, ancora intontita, mi stropicciai gli occhi, feci un lungo sbadiglio e alzai lentamente le palpebre in attesa che la forte luce del mattino facesse la sua dolorosa entrata nelle mie iridi.

Sobbalzai: non ero nella mia stanza, anzi, quel posto era tutto fuorché la mia stanza!

<<Oddio...>>

Ancora poco sveglia mi tirai su in piedi e la realtà mi venne addosso senza alcuna pietà.

Ero su una spiaggia, una di quelle con la sabbia bianca e il mare cristallino.

Ci vollero alcuni secondi prima di vedere bene tutto il posto.

Davanti a me c'era il mare, uno di quelli che solitamente non vedresti l'ora di vedere, ma che in quel momento era l'ultima cosa che volevo davanti ai miei occhi.

Mi voltai di scatto. Dietro di me una bosco, o era una giungla? Non riuscii a stabilirlo, anche perché le piante non erano per nulla familiari e non mi pareva di averle mai viste nemmeno nei libri. Anche i fiori, enormi ed estremamente colorati, non avevano nulla di terrestre.

Feci l'unica cosa che mi sembrava ragionevole: Urlai.

Dove ero finita?

Cos'era quel posto?

Perché ero lì?

Cosa avevo fatto di male?

Tutto ciò è...

<<Impossibile?>>

Sobbalzai. Che era stato? Che altro c'era ancora?

Mi guardai intorno ma non vidi nessuno. Solo allora vidi che ai miei piedi c'era il diario che nonna Jane le aveva lasciato la sera prima.

In collera, lo raccolsi da terrà e iniziai a puntargli inveirgli contro.<<Maledetto diario! È sicuramente colpa tua piccolo insulso pezzo di carta vecchia!>>

Mi fermai, bloccandomi in quella posizione. Dovevo essere impazzita.

Guardai il diario. <<Ma cosa sto facendo...>>

Effettivamente, stavo sfogandomi contro un oggetto inanimato. Poco sensato da parte mia.

Mi abbandonai sulla sabbia sotto di me e strinsi le gambe al petto circondandole con le braccia.

"Spiagge, alberi, fiori impossibili e voci provenienti dal nulla: può essere solo un sogno" pensai.

Prima o poi mi sarei svegliata nel mio letto e, soprattutto, nella mia stanza. Magari mi avrebbe svegliata nonna Jane chiedendomi se volevo il latte o il caffè per colazione.

Non valeva la pena agitarsi.

Però una parte di me avrebbe voluto piangere.

Fissai il mare, in attesa che qualcosa la riportasse indietro.

<<Che fai non parli? Pensavo che voi ragazze umane foste delle chiaccheratrici professioniste!>>

Sobbalzai nuovamente. Mi tirai in piedi velocemente nella speranza di capire l'origine di quella voce.

Non c'era nessuno, di nuovo.

Vidi per terra un bastone e lo raccolsi.

"Non c'è motivo di allarmarmi" pensai. "Ma sempre meglio essere pronti a tutto"

<<Allora! Vuoi venire fuori?>>urlai e la mia domanda fatta al nulla rimase senza risposta, c'era da aspettarselo.

<<Vengo in pace!>> continuai. <<Voglio solo tornare a casa mia!>>

Qualcosa mi toccò la spalla.

<<Te ne vuoi già andare?>>

Mi voltai di scatto, facendo roteare la mia "arma".

Per un attimo pensai che il mio cuore sarebbe esploso da quanto forte palpitava.

Poi, in qualche modo, mi calmai. Forse perché riuscii a vedere finalmente il volto del mio interlocutore.

La voce apparteneva a un ragazzo, un ragazzo sbucato dal nulla aggiungerei.

Era alto e sembrava avere uno o due anni più di me, o forse aveva la mia età, non riuscii a capirlo esattamente, e dire che di solito ero brava a intuire questi dettagli.

Se ne stava lì a fissarmi in attesa di una risposta.

Aveva un'espressione stupita, avevo forse detto qualcosa di sbagliato?

Mi ripresi da quel momento di shock momentaneo.

<<Sì, voglio andare via.>> Poi aggiunsi per sicurezza <<Vengo in pace.>>

Mi accorsi che gli stavo ancora puntando contro il ramo che avevo trovato a terra. Anche lui sembrò accorgersene per un attimo, poi tornò a ignorare la mia arma, anzi, la posto con non nonchalance e si avvicinò.

<<Oh scusa, non mi sono presentato. Il mio nome è Peter...Peter p...">>

Stava davvero per dire quello che pensavo? Impossibile.

Mi rifiutavo di crederlo.

<<Lasciami indovinare, Pan?>>Risposi quasi istintivamente.

Lui mise le mani sui fianchi e aggrotto la fronte, quasi come se volesse sfidarmi a continuare. <<Sì, è corretto...Kate, giusto?>>

Quante possibilità c'erano che avesse tirato a indovinare?

Prima di dare una risposta, mi misi a ripercorrere velocemente cosa poteva aver generato quel sogno tanto assurdo.

"Ok" pensai "Peter Pan è una di quelle fiabe che ho sentito da bambina, una di quelle di nonna Jane sicuramente."

Mi piaceva quella storia. Mi piaceva talmente tanto che ogni volta me la facevo raccontare. Questo fino all'età di 11 anni, quando qualche pidocchioso compagno di classe iniziò a prendermi in giro proprio perché "Kate crede alle cose che non esistono".

Possibile che quella storia fosse tornata a torturarmi in sogno?

La risposta era evidente. 

SECRETS 1Where stories live. Discover now