IPNOSI

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Non osai proferire parola sulla decisione di Peter, anche se ammetto di aver sentito il cuore in gola per un attimo. La sola idea di dover rimanere sola con lui mi metteva estremamente ansia e disagio, principalmente perché lui era solito a cercare di punzecchiarmi e infastidirmi. Sarebbe stata però anche un'occasione per parlare con lui senza gli altri intorno e rimediare qualche informazione in più.

Ignorando questa mia guerra tra stati d'animo, mi incamminai con Peter alla ricerca di questo famigerato legno bianco. 

"Cosa stiamo cercando esattamente?" azzardai io. Una domanda stupida, me ne rendo conto, ma avevo bisogno di attaccare bottone in qualche modo.

Lui si girò colpito dalla mia domanda accennando un sorriso divertito. "Davvero non hai idea di cosa sia del legno bianco milady? Pensavo che la parola parlasse da sé." 

Boccheggiai alla ricerca di una risposta adeguata, anche se l'unica reazione plausibile in questi casi sarebbe stata una sonora sberla.

"Vedi, cresce qui" Peter indicò un esile rametto attaccato al tronco di un vecchio albero dalla corteccia spessa e scura "non dovrebbe essere difficile trovarli. Cerca solo di aprire gli occhi milady."

"E a cosa serve esattamente?" lo incalzai io, ignorando le sue beffe nei miei confronti. 

"Questi legnetti sono vitali quando vuoi sopravvivere la notte sull'isola" rispose lui con saccenza "permettono al fuoco di rimanere alto più a lungo e fanno diventare il fuoco di un altro colore in caso di pericolo."

Mugugnai come per dire che avevo capito e ritornai concentrata sui tronchi degli alberi. Avrei davvero voluto iniziare a parlare del mio ritorno a casa, e nella mia testa avevo costruito un discorso degno di nota,  ma mi sentivo bloccata e incapace di dire una sola parola. 

"Possiamo usare la tua borsa per metterci i rametti?" chiese lui guardando la mia piccola borsa sgualcita, quella con dentro il diario. 

"La mia..." guardai velocemente dentro la borsa e con un rapido colpo di mano spostai il diario verso il fondo, in modo da renderlo meno visibile. "Certo, possiamo."

Continuammo a camminare senza dire molto, almeno a parole. Peter, infatti, sembrava nervoso. Mi guardava, come se volesse controllarmi. Sentivo il peso dei suoi sguardi su ogni mio movimento. Ogni tanto ricambiavo quel suo sguardo e, quando succedeva, Peter distoglieva di scatto gli occhi da me. 

"Sai Kate" esordì lui distogliendomi dai miei pensieri "non capisco proprio perché tu te ne voglia andare."

Era a quello che stava pensando? Era per quello che mi stava ossessivamente controllando? Perché tirare fuori un discorso simile in un momento così?

Evitai di farmi altre domande, in fondo ero la prima a voler iniziare quel discorso. "Ho una vita Peter. Ho una famiglia che mi aspetta." Ripensai a nonna Jane, alla sua risata, al suo profumo, e per un momento mi venne il magone. "Non puoi capirmi Peter, ma prova per lo meno a comprendermi."

L'espressione di Peter si fece scura. Era poco convinto o semplicemente non riusciva a comprendere quello che gli stavo dicendo?

"Cosa stai pensando Peter?" chiesi, e solo allora vidi che nei suoi occhi non c'era tristezza né comprensione. C'era fastidio e c'era rabbia. 

"Penso che tu sia un'ingrata"

Il suono di quell'accusa mi fece ribollire il sangue. "Ah sì? Ingrata io?" urlai, facendo uscire una versione di me solitamente silente. "Tu che ne sai Peter? Eh? Della famiglia, dell'amore. Che ne sai Peter?"

Sentivo tutti i muscoli tesi e i miei pugni erano talmente tanto stretti da farmi male. Non poteva permettersi di trattarmi così, come non doveva osare trattare così nessun altro. 

Lui non rispose, a parole, ma il suo sguardo era divenuto glaciale. Non sorrideva, né lasciava trasparire nessun altra emozione. Non sembrava intimorito dalle mie parole, anzi, non sembrava minimamente scosso. 

"Tu, Peter, sei solo un piccolo ragazzo egoista, incapace di accorgersi che attorno a sé ha delle persone e non degli animali." Le parole uscivano da sole dalla mia bocca, e non riuscivo a fermarle. Dovevo dire quelle cose, lui doveva sapere cosa stava provocando. 

A quel punto, e solo a quel punto, anche Peter reagì. 

Strinse i pugni, serrò la mascella e si scagliò su di me inchiodandomi all'albero alle mie spalle. L'impatto mi tolse per un attimo il respiro, ma lui non accennava a fermarsi. Con le mani fisse sulle mie spalle, continuò a spingermi verso la corteccia impedendomi ogni movimento. 

Sudore freddo. Lo sentivo sulla mia schiena dolorante, fino alla punta dei piedi. Volevo urlare, divincolarmi, scappare. 

"Peter, lasciami!" dissi con quanto fiato avevo in corpo. 

Sentivo il suo respiro che accelerava e diveniva sempre più teso e carico di rabbia. Non osai alzare lo sguardo. Temevo che se solo avessi mosso un solo muscolo ci sarebbero state delle conseguenze. 

"Smettila Kate" Rispose lui, annaspando tra un respiro e l'altro "Perché non riesci ad accettarlo?"

Tremavo. Avrei voluto rispondere, ma la lingua era come incollata al palato.

Peter allentò la presa, spostando le sue mani dalle mie spalle ai lati della mia testa. "Guardami Kate"

Gli occhi di chi porta la rabbia dentro sono sempre difficili da guardare, ma mai quanto quelli di chi dentro ha la tristezza o la delusione. Alzai lentamente la testa, con i muscoli ancora tremanti e la sensazione di poter svenire lì da un momento all'altro. In quel momento, nascosto tra le iridi lucide e le pupille dilatate di Peter, vidi lo sconforto. 

Non riuscivo ad uscire dai suoi occhi. Stavano lì, di fronte a me, magnetici ed eloquenti. Certo, lui non diceva nulla e le sue emozioni avevano preso il sopravvento, ma i suoi occhi erano un oceano di parole. 

Respiro mio. Respiro suo. Aria che entra ed esce lenta. Sincronia. I suoi occhi erano sempre più vicini, e le sue labbra ebbero l'ardore di sfiorare le mie. 

No, non poteva andare così.

"Peter" sussurrai girando la testa di lato e spingendolo via da me "non è il caso."

Peter scrollò la testa come se si fosse appena risvegliato anche lui da un assurdo sogno. Sembrava confuso, ma durò poco. Ci vollero pochi istanti per rivedere sul suo volto il solito ghigno beffardo. 

"Milady era tutto uno scherzo" disse ridacchiando. "Non te la prendere, era una prova per testare un po' i tuoi nervi."

"Come prego?" Lo incalzai io.  Come poteva aver ridotto a nulla quegli ultimi minuti? 

"Milady, non voglio più avere una discussione simile. Spero di essere stato chiaro rispetto alle mie intenzioni."

Mi diede le spalle e tornò alla ricerca dei suoi rametti bianchi, come nulla fosse successo. 

Non era chiaro, non era chiaro per niente. L'unica cosa certa è che con lui non si poteva ragionare. Peter aveva un'idea e accettava solo quella, un po' come un bambino che vuole per forza avere il suo giocattolo e fa di tutto per ottenerlo, non importa con quali mezzi. 

Mentre camminavamo verso l'accampamento non riuscivo a snodare i pensieri. Non capivo il motivo dell'aggressività di Peter, come non riuscivo a trovare una spiegazione a quello che avevo visto nei suoi occhi, e successivamente al suo avvicinarsi a me in modo così intimo. 

Ripensai alla montagna russa che avevo provato in quel breve lasso di tempo, e conclusi che lui doveva averlo fatto solo per divertirsi un po'. Per vedermi in difficoltà, e per evitare di affrontare la verità: io volevo tornare a casa, e lui non poteva farci nulla. 







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