ATTIMI BIANCHI

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Nina

I giorni di fine estate erano sempre stati super emozionanti per me, non solo perché riprendevo le mie attività quotidiane in Accademia, ma sopratutto perché più giorni passavano più ero vicina all'Inverno.
Tutto questo caldo mi aveva sfinita, non vedevo l'ora dei cappelli, del freddo pungente, dei maglioni e dei cappotti lunghi fino ai piedi. L'inverno scorso inoltre, avevo riscoperto me stessa ed avevo trovato l'amico migliore che potessi desiderare. Erano stati mesi a dir poco perfetti, perché ne ricordavo solo le cose positive, senza badare ai momenti di tristezza o di sconforto.
Jere mi aveva aiutata su ogni fronte, era stato il mio confidente, il mio amico, la mia spalla e anche la mia risata, sopratutto la mia risata.
Volevo tornare all'inverno, volevo tornare a ciò che lui rappresentava per me.
Gli ultimi giorni erano stati un susseguirsi di nuovi incontri e spiacevoli situazioni: il ritorno di mio fratello era stato motivo di grande gioia per tutti, ma aveva causato scompensi in Eda, poi c'era stato il suo incidente e la brutta litigata tra Aidan e Milo, ed era stato faticoso gestire tutto questo senza schierarmi.
Avevo bisogno di un pò di svago, avevo bisogno di ricaricare la mente prima di tornare alla routine, ma mia cugina Eda era impegnata con gli scatoloni per il college, così chiesi ad una mia amica di raggiungermi.
Tally era entrata nella mia vita diversi mesi prima, mentre mi trovavo in Accademia con Jer, bisognosa d'aiuto, ed era diventata una persona speciale per me. Mi piaceva il modo in cui parlavamo spontaneamente, come se ci conoscessimo da anni. Mi piaceva la sua gentilezza e il modo dolce che aveva di approcciarsi alle persone. Inoltre, era brava ad ascoltare e a dare consigli, e avevamo legato in fretta.
Era divertente passare del tempo con lei, ed era bello sapere di non essere sempre sola nei momenti in cui Jeremiah si assentava dall'Accademia per lavorare. Spesso ci trovava sulle panchine del cortile a leggere un libro, o a bere un caffè e si sedeva con noi solo per farci ridere un po'.
Non mentivo quando gli avevo detto che l'adoravo.
Ma oggi, quel sentimento è molto più forte, perché ne sono consapevole.
Io lo adoro.
Come si adorano le cose rare.
Stringevo tra le mani la mia borsetta nera di YSL, mentre mi dondolavo sul marciapiede della strada in attesa di Tally.
Quando la vidi camminare verso di me, sorridente come sempre, la salutai con un cenno della mano facendomi notare.
Era una cosa che con il tempo le aveva insegnato Jer, a sorridere sempre.
Dice sempre che viviamo di piccoli attimi bianchi, e che dovremmo riempirli noi di colori sgargianti. Basta un sorriso.
Non avevo mai conosciuto nessuno come lui, nessuno che potesse portare l'eleganza e la gentilezza in modo così disinvolto.
"Sei splendida!" - esordì
"Anche tu" - la abbracciai
Mi prese a braccetto e continuammo insieme sulla via dello shopping. C'erano molte persone in giro per le strade del centro oggi, ma immaginai che con l'arrivo di settembre la gente fosse più predisposta agli acquisti.
Ringraziai il cielo del bel sole della giornata, accompagnato però da un clima non troppo caldo, cosa che mi fece sempre più venire gli occhi a forma di fiocco di neve.
"Spiegami un'altra volta perchè Jeremiah non è con noi" - disse
"Il venerdì pomeriggio ha da fare" - le spiegai di nuovo, per la venticinquesima volta
"Sarebbe stato divertente..." - fece una smorfia triste che ai miei occhi risultò solo divertente, così misi la testa sulla sua spalla e cercai di confortarla
"Ci divertiremo noi due insieme!"
Le avevo chiesto di accompagnarmi ai vecchi magazzini perché sapevo di una speciale promozione che avrebbero fatto in questo fine settimana su alcuni capi e volevo assolutamente dare un'occhiata, inoltre Jer mi aveva indicato perfettamente il punto esatto in cui aveva sistemato personalmente quei capi per me, e gliene ero stata grata.
Non avevo scelto quel giorno solo per le promozioni; mi dispiaceva che Jer non ci fosse, perché avrei voluto passare ogni momento con la sua compagnia, ma ero felice che fosse un venerdì, perché non avrei voluto costringerlo a passare la sua giornata libera dentro il posto in cui lavorava per guadagnarsi da vivere. Non lo avrei mai fatto.
Le porte si aprirono e di fronte a me due piani di spropositate quantità di vestiti scintillarono sotto il mio sguardo esperto.
Tirai Tally verso destra, dove erano esposte le prime camicette più pesanti.
Sarei voluta passare poi per le scarpe, gli accessori, i vestiti e assolutamente per il reparto inverno, un must di questo magazzino che non tutti espongono prima che arrivi il primo vero freddo.
"Che te ne pare?" - domandò mentre si girava una sciarpa bizzarra attorno al collo, con tanto di sonagli.
"Meravigliosa...magari per la prossima volta" - risposi
Mentre ero intenta nel cercare la taglia giusta di un cappotto in simil pelle lungo, per il prossimo inverno, la voce di una signora che immaginai fosse l'addetta al reparto, catturò la mia attenzione.
"Va a dare una mano a quelle due ragazze, Harris"
Mentre si voltava incontrò il mio viso turbato.
Jeremiah era davanti a me, con la sua divisa da lavoro e il viso angelico mortificato dall'accaduto.
Mi chiesi perché fosse lì, mi chiesi perché non me lo avesse detto...
"Nina! Guarda, Jer ci ha raggiunte!" - esultò come una bambina, stringendo un braccio attorno alle spalle di Jeremiah, mentre né io né lui, uno di fronte all'altro, riuscivamo a dire una parola.
"Veramente io sto lavorando, Tall" - disse lui
"Ma è venerdì" - constatai
"Lo so, ma un mio collega si è ammalato e ho dovuto sostituirlo"
Mentre le parole gli uscivano dalla bocca, io leggevo solo nei suoi occhi una menzogna che mi stava propinando per non darmi un peso, peso che avrei portato con piacere per lui.
"Harris." - lo riprese la responsabile
Jeremiah assunse un atteggiamento più professionale e si rivolse a me e Tally come un semplice addetto alle vendite.
Sembrava più triste del solito...
Chiunque non svolga il lavoro dei suoi sogni probabilmente non è così felice di essere a lavoro, ma non Jeremiah.
Sebbene si trovi qui per motivi economici, lui ha sempre mostrato voglia ed impegno in tutto quello che faceva, compreso aiutare dei clienti con gli abiti. Ha sempre avuto un sorriso per tutti, soprattutto per gli altri.
Vedere i suoi occhi spenti oggi, mi aveva resa improvvisamente triste, mettendomi sull'attenti con la paura che potesse essergli successo qualcosa, qualcosa che magari lo aveva trattenuto a lavoro anche durante il venerdì.
"Posso aiutarvi?"
"È successo qualcosa, Jer?" - chiesi piano
"Per i camerini sono alla fine del corridoio sulla destra, se vuole provarlo" - continuò
Sembrò impossibilitato a parlarne, o forse non voleva parlarne affatto con me.
Abbassai lo sguardo e pensai fosse meglio lasciarlo andare ad aiutare qualcun altro, così forse non avrebbe più ricevuto richiami nel bel mezzo del negozio.
"Grazie, ho già tutto quello che mi serve" - risposi
Afferrai stretto tra le braccia il cappotto a coprire qualche altro capo che avevo preso, superai Jeremiah e anche Tally, ancora entusiasta "dell'incontro misterioso", e camminai spedita verso i camerini.
Mi infilai nel primo disponibile, chiudendo la porta, come chiusi me dall'angoscia che qualcosa di negativo potesse essere incombente. Dentro quella cabina rinchiusi tutta la mia ansia e il mio panico: sapevo non l'avesse fatto apposta, ma sentire per la prima volta uno spazio vuoto tra noi, una mancanza, era davvero pensante.
Non sentivo questa sensazione da tanto, e non mi piaceva affatto.
Io con lui avevo sperimentato solo il lato bello della vita, solo la gioia e solo ciò che contava davvero.
Non mi era mai capitato di provare così tanta angoscia in pochi istanti.
"Nina? Dove sei?"
La voce di Tally mi riportò alla realtà, così cercai di controllarmi facendo respiri profondi e asciugando gli occhi.
"Sono qui" - risposi indicandole la via
"È tutto okay?" - domandò
Aprii la porta e cercai di trovare la forza per sorriderle, non me la sentivo di affrontare un argomento simile con lei.
Mi fidavo di Talula, mi fidavo davvero molto, ma parlare del mio rapporto con Jeremiah era diventato più difficile con il passare dei mesi e non volevo intaccare con le mie paranoie il rapporto che aveva il nostro gruppetto.
"Si. Vorrei andare via" - dissi
"Di già? E le scarpe? E questi, li hai già provati?" - chiese sorpresa
Avrei corso fino all'uscita per buttarmi nella mischia dei passanti, ma mi costrinsi a prendere un capo casuale e portarlo fino alla cassa, acquistandolo, solo perché sapevo avrebbero dato una mancia all'addetto alle vendite che mi aveva aiutato con le spese.
Quando fui finalmente fuori, sentii i suoi occhi bruciarmi la pelle ma cercai di evitarlo, almeno per adesso.
"Abbandoni il tuo spirito spendaccione?" - rise
"Si, forse si" - risposi
Mi aveva spinta ad entrare nei negozi di tutto il centro, cercando di riattivare la mia carica energica naturale, ed io l'avevo assecondata, mentre però non stavo ascoltando niente, e dentro pensavo solo che...qualcosa non andava.
Mi sentivo in colpa ad essere fuggita via in quel modo dai magazzini, ma Jer mi aveva completamente destabilizzata.
Dopo una merenda insieme, Tally mi aveva informata che sarebbe dovuta tornare a casa per aiutare la mamma in alcune commissioni, così l'avevo lasciata andare consapevole che ci saremmo riviste il giorno dopo in Accademia.
Ripercorsi la strada a ritroso, mentre l'aria rinfrescava e la luce del sole iniziava a calare.
Mi fermai di fronte alla mia auto parcheggiata.
Sarei salita e avrei percorso la strada verso casa, mordendomi i gomiti e rimuginando su quello che era successo.
L'istinto però, prevaricò su di me.
Mi guardai attorno fino a scovare, alcuni metri più in lontananza, ciò che cercavo.
Avanzai fino a ritrovarmi davanti alla vecchia auto sgangherata della zia di Jer, doveva averla presa per venire qui, così mi ci fermai davanti. Se era parcheggiata, voleva dire solo una cosa: lui stava ancora lavorando e prima o poi sarebbe tornato qui, a prenderla.
Rimasi immobile davanti allo sportello dell'auto, attendendo pazientemente che arrivasse.
E se decidesse di passeggiare?
E se prolungasse ancora il suo turno?
E se se la fosse presa?
E se, ancora peggio, non volesse parlarmi?
Fui invasa di pensieri assordanti, finché le sagome di due scarpe non si palesarono sotto il mio sguardo.
I miei sensi gridarono che fosse lui, ma la mia ansia mi costrinse a mantenere ancora il viso basso.
"Nina" - la sua voce fu come un richiamo per me, e il modo lento in cui alzai gli occhi sui suoi fu disarmante.
Ci incontrai tantissimi mondi là dentro, da non saperne riconoscere neppure uno.
"Che fai qui al freddo?" - chiese
"Ti aspettavo" - risposi
Annuì semplicemente, forse troppo fragile per dire che non avrei dovuto.
"E adesso, che fai?" - chiese ancora
Mi presi un attimo per pensare alla sua domanda e per osservarlo.
Continuava ad essere un angelo ai miei occhi, il più bello e quello a cui avevano affidato il compito più importante senza ricevere nulla in cambio: rendere gli altri il centro del proprio mondo, sacrificando ogni cosa.
"Aspetto ancora"
Cambiò argomento dopo avermi guardata per un po'.
"Hai bisogno che ti accompagni a casa?"
"Ho la macchina" - risposi
Sembrò acconsentire di nuovo e fece per superarmi ma io lo afferrai prontamente per un braccio e non gli permisi di allontanarsi da me.
"Jer..." - sussurrai
Lo sentivo lontano anni luce da come eravamo noi insieme, anche se mi stava attaccato.
Se non l'avessi fermato, lui sarebbe andato via e io odiavo quell'ipotesi. Non volevo che se ne andasse, non volevo lasciarci senza parlare, non volevo dover aspettare ore intere per potergli parlare di nuovo guardandolo in faccia.
"Ti prego non allontanarmi..."
"Stella..." - gli uscì dalla bocca con sofferenza
"...non voglio metterti in mezzo a queste cose"
"Quindi è successo qualcosa?" - constatai
"No"
"Jeremiah non sai mentirmi." - lo strinsi di più vicino a me
Sapevo fosse una menzogna, come lo era la storia del collega malato. Non avrebbe mai sacrificato i bambini per un turno ai magazzini, non se non fosse stato davvero importante.
"Andiamo a casa. Fa freddo e tu sei completamente scoperta." - disse severo
Indossava solo una maglietta, e leggevo in lui la voglia di farmi sentire più al caldo, ma non poteva.
Aprì l'auto e allora feci la cos'è più sciocca che mi venne in mente sul momento.
Salii.
"Che stai facendo, adesso?"
"Ti aspetto."
Non mi apparve propenso a parlarmi, ma almeno non si oppose, perché non mi avrebbe mai fatta scendere dall'auto.
"Non vuoi parlarmi?"
"Sto guidando" - rispose
"D'accordo, allora parlerò io."
Aveva imboccato una strada secondaria perchè c'era molto traffico, e la sensazione di pace che provai quando mi sentii immersa nel vuoto con lui accanto fu totalizzante.
"Sai, a casa mia quando succede qualcosa, cerchiamo di evitare i coinvolgimenti esterni, e penso che tu te ne sia reso conto. Credo anche però, che tu abbia notato che questa cosa non ci riesce affatto bene. C'è sempre qualcuno che ci scopre e alla fine lo vengono a sapere tutti. Ma la cosa bella è che infondo, ti rendi conto che ti serviva qualcuno che affrontasse con te la cosa. Ti rendi conto che l'avresti sempre voluto, un supporto, ma eri troppo spaventato per chiederlo. Poi sono arrivati i soccorsi, e ti sei vergognato, ma alla fine eri circondato da persone che ti amavano e che non ti avrebbero mai giudicato per quello che ti era capitato."
"Perché siete una famiglia, siete una famiglia incredibile"
"Anche tu ne fai parte."
"...Jer, non ci siamo mai nascosti nulla, soprattutto i sorrisi. Cos'è che ti fa stare male? Lo vedo che sei triste, lo vedo che hai gli occhi giù di morale. Non ci spaventano le cose difficili, giusto? Devi aprirti con me, per favore. Possiamo risolvere ogni cosa insieme, non devi portare tutto il peso da solo...perché ci sono io. Così come ci sei tu quando io ho bisogno, Jer. Non voglio silenzi tra noi, non voglio vederti così. Per favore, dimmi cos'è che ha cambiato così tanto il tuo umore"
Lo vidi stringere più forte il volante, come se si stesse concentrando e allo stesso tempo si stesse per arrendere.
Inserì un indicatore di direzione e si accostò al margine della strada vuota.
Sospirò lasciando andare il peso del capo sul poggiatesta, infine finalmente parlò
"Si tratta di mia zia"
Sentii la sua voce incrinarsi un po' di più finendo la frase, e i miei occhi pizzicare. Mi sbrigai a non farmi prendere dalle emozioni e e gli presi la mano.
"Sta peggiorando...i farmaci nuovi costano molto" - continuò
Mi si strinse il cuore nel sapere questa brutta notizia. Lavorava come un matto per pagarsi l'Accademia, e lavorava ancora di più per aiutare la zia con le cure. Ma essere a conoscenza del fatto che l'unica persona della sua famiglia che ama e che gli è rimasta, stia tanto male da preoccuparlo, mi faceva soffrire con lui.
Non potei capire minimamente il suo dolore, ma cercai di farlo.
Avevo l'immensa fortuna di avere la mia famiglia, avevo due genitori splendidi e non potevo pensare al dolore che stesse provando adesso. Stava per perdere tutto ciò che aveva, ed ero così abbattuta per lui.
"Jer...mi dispiace tantissimo"
Non c'erano parole giuste, non ero nemmeno certa ce ne fossero in questi casi, ma di una cosa ero assolutamente convinta: non l'avrei lasciato, e non mi sarei mai e poi mai allontanata da lui. Volevo essere presente e volevo che lui sentisse la mia vicinanza.
"Non volevo mentirti" - sospirò dispiaciuto
"Oh Jer! Non devi neanche pensarlo" - mi sporsi verso di lui per abbracciarlo e sperai che si sentisse a casa esattamente come mi sentivo io in quell'istante.
"Ho bisogno di incrementare i turni" - disse
"Sarà devastante, questa non è vita. Io posso aiutarti"
"Non voglio i tuoi soldi, Nina"
"Non è carità. Io voglio fare qualcosa per te, Jer ti prego. Vedilo come un prestito"
"Non se ne parla, né ora né mai. Incrementerò i turni a lavoro, ne ho già parlato con il responsabile. Tu non devi preoccuparti"
"Come posso non preoccuparmi? È di te che stiamo parlando"
"Ho bisogno solo che tu ci sia, mi serve solo questo Stella."
"Jer, non me ne andrò mai." - mi strinsi di più a lui e gli accarezzai i ricetti biondi sulla testa.
Si rilassò al mio tocco delicato e, quando ormai il buio invadeva la strada, ripartimmo verso i dormitori dell'Accademia.
Sarei tornata a prendere la mia auto il giorno seguente, l'unica cosa che mi importava in questo momento era Jeremiah e sua zia, e non avrei più messo altro nella lista delle mie priorità in questo momento difficile.
I suoi brutti momenti, erano i miei brutti momenti.
Le mie giornate no, erano le sue giornate no.
Vivevamo in simbiosi.
In tutta la mia vita, non avrei mai sperato di trovare un giorno, durante una lezione di fotografia in un ragazzo ritardatario, l'anima gemella e il pezzo mancante del mio cuore.
Avrei giurato sulle stelle, ma lui adesso ne vedeva una in Terra, ed ero io.
Parcheggiò l'auto sgangherata nel parcheggio degli studenti, e scendemmo richiudendo gli sportelli.
"Jer" - richiamai la sua attenzione
Il ragazzo mi guardò con attenzione, pronto a sentire qualcosa che volevo fargli sapere
"Esistono ancora gli attimi bianchi, e torneranno a riempirsi di nuovo dei nostri colori sgargianti."

 𝐒𝐄𝐍𝐈 Ç𝐎𝐊 𝐒𝐄𝐕𝐈𝐘𝐎𝐑𝐔𝐌 | 𝐓𝐈 𝐀𝐌𝐎 𝐂𝐎𝐒Ì 𝐓𝐀𝐍𝐓𝐎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora