CAPITOLO 17

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Always feel inadequate.
The same way that my daddy did.

Il sole è ormai calato ed è sera

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Il sole è ormai calato ed è sera.

I miei allenamenti sono saltati e lo studio pure.

Ma a me non importa, perché sto facendo un giro di ore infinite in macchina insieme a lui.

Penso che abbiamo girato quasi tutto il paese e lui non sembra essersi stancato di guidare.

È bello guardarlo guidare.

Soprattutto è bello quando mette la musica che piace a entrambi e ci mettiamo a cantare come due stupidi.

Quanto patetici possiamo essere?

Ora siamo fermi davanti ad un fast food e ci stiamo gustando dei panini non adatti alla nostra salute, ma fin troppo buoni per dirgli di no.

«Mio padre è morto quando avevo 8 anni.» gli dico ad un tratto e lui smette di masticare, guardandomi.

Probabilmente non avrei dovuto essere così diretta.

Ho bisogno di parlarne con qualcuno e mi fido di Aron.

Quindi voglio che lui sappia la mia storia.

«È morto di overdose. A quel tempo, non capivo il perché lo avesse fatto. Lo capii più tardi. Capii che non voleva più vivere la sua vita di merda, perché lui non era felice. Non era felice e allora aveva iniziato a prendere pasticche e a bere solo per dimenticarsi di ciò che succedeva. Non era più lo stesso.» Racconto e Aron mi ascolta senza interrompermi.

Riesco ancora a sentire le urla di mia madre.

«E ora lo capisco bene. Il mondo è un posto orrendo e pieno di cattiveria. Chi vorrebbe vivere in un mondo orrendo?», faccio una pausa e Aron aspetta che io finisca di raccontare.

«Infatti, lui ha deciso di vivere in un mondo, forse , meno orrendo di questo.» finisco di raccontare e Aron sospira.

Mi stava ascoltando davvero.

«È per questo che lo facevi? Per sentire ciò che sentiva lui?» domanda e faccio di si con la testa.

«No, non posso dire che ho provato quello che lui ha sentito alla fine della sua vita e non penso che lo proverò mai. Ho smesso. Ricordi il nostro patto?» dico e sorride annuendo.

«Qualunque cosa ti salti in mente, non ricadere mai in quella merda, Tate. Perché io non ho nessuna intenzione di perderti», dice stringendo la mia mano nella sua e sorrido addentando il mio panino.

Ah, Aron.

Se solo sapessi il bene che mi fai.

«Nemmeno io ho nessuna intenzione di perderti, Aron», sussurro.

Non ho intenzione di perdermi, nemmeno di perdere lui e tanto meno di perderci per nessuna ragione.

Flashback

Non adatto alle persone troppo sensibili

Tate ha 8 anni.

Delle urla mi fecero aprire gli occhi all'istante.

Strinsi forte il mio peluche, continuando sentire quelle urla.

Provenivano dalla stanza di mamma e papà.

Mi misi a sedere sul letto per cercare di capire cosa stesse succedendo.

«Louis, ti prego. Svegliati!» sentii la mamma singhiozzare.

Perché stava piangendo?

Strinsi ancora di più il peluche tra le mie braccia con il cuore che mi batteva a mille.

Sentii la mamma piangere ancora di più.

Così decisi di saltare giù dal letto, ma prima di andare a vedere cosa stesse accadendo, lanciai uno sguardo al letto dove si trovava la piccola Jenna.

Stava ancora dormendo.

Uscii dalla nostra cameretta e mi avvicinai a quella dei nostri genitori.

La mamma stava parlando al telefono.

«Sì, penso sia svenuto, non lo so. Per favore, fate presto.» La sentii dire tra i singhiozzi.

Dalla porta socchiusa, riuscii a intravedere papà a terra e la mamma che lo stringeva tra le sue braccia, accarezzandogli il viso piangendo.

Perché papà era a terra?

Si era sentito male?

Dopo qualche minuto, riuscii a sentire le sirene dell'ambulanza provenire da fuori.

«Mamma? Che cosa succede?»  le domandai, entrando dalla porta.

«Niente, tesoro. Non succede niente. Torna in camera da tua sorella» Mi disse, alzandosi in piedi per poi venire verso di me.

Io continuavo ad osservare il mio papà steso per terra.

La mamma mi accompagnò in camera e chiuse la porta.

Poi, sentii la porta di casa a aprirsi e aprii la porta della camera per osservare quello che stava accadendo.

Un gruppo di uomini con la divisa rossa portavano una barella nella camera dei nostri genitori.

Non riuscii a capire che cosa stavano dicendo nel momento in cui erano entrati nella stanza.

Ma la mamma continuava a piangere.

Pochi secondi dopo, vidi il gruppo di uomini trasportare papà sulla barella.

Lo stavano spingendo lungo il corridoio e gli avevano messo una mascherina trasparente sul naso.

Osservai il papà sdraiato sulla barella, coperto da un lenzuolo bianco e con gli occhi chiusi.

Dove stavano portando il mio papà?

«No! Papà! Papà!» urlai, uscendo dalla mia stanza.

Uno degli uomini, si girò e mi vide.

«Va tutto bene, tesoro. Il tuo papà starà bene.» Mi disse e tornò al suo lavoro.

«Tate, ti avevo detto di sorvegliare tua sorella! Non puoi stare qui!»  mi urlò mia madre, spingendomi nella nostra stanza, chiudendo di nuovo la porta.

Non stavo capendo.

Perché quel signore mi aveva detto che papà sarebbe stato bene se poi non è più tornato?

Fine flashback

𝑭𝑶𝑹𝑬𝑽𝑬𝑹 𝑮𝑶𝑵𝑬Where stories live. Discover now