13 - Non innamorarti di Heric Mclane

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VALERIE

'Sei una puttana' è ciò che Caius mi ha scritto nel messaggio che mi ha mandato sabato mattina. In allegato c'erano le fotografie che ritraevano me ed Heric nella sua auto.

Non ho avuto il coraggio di rispondergli, nemmeno di telefonargli.

Ho affrontato l'intero weekend col terrore che potesse bussare alla mia porta da un momento all'altro.

Non lo ha fatto.

Con mio grande stupore, non è venuto a New York, non mi ha scritto più niente. È rimasto in silenzio. Lo stesso silenzio in cui mi sono chiusa io per tutti questi giorni.

Non lo sa nessuno.

Non lo sa nessuno che cosa io stia passando e la cosa che mi fa più male è il pensiero che Heric sia l'unico a conoscere la mia storia. L'unico e il solo con il quale non potrò mai parlare, mai sfogarmi. L'unico a cui non potrò mai chiedere aiuto.

Tre giorni fa ci siamo visti al seminario e dopo ciò che gli ho detto non si è più avvicinato a me. Mi sembra strano credere che mi abbia dato ascolto, ma, a quanto pare, l'ha fatto, perché anche ieri sera, al termine del mio solito turno in gelateria, lui non c'era da nessuna parte.

Mi sono accorta di lui e di tutte quelle volte che è venuto a farmi visita. A essere sincera, è stata Hazel a farmelo presente. Era lei che veniva tutte le volte a dirmi: «Guarda che fuori c'è Heric Mclane. Chissà perché gironzola sempre da queste parti»

Non ho mai creduto lo facesse per me, almeno, ho convinto me stessa a pensarla così. Ma poi, dopo la notte in ospedale, dopo le cose che mi ha detto su Caius, ho dovuto accettare l'evidenza.

Heric vuole qualcosa da me. Qualcosa che non posso dargli. Non so se sono attenzioni o semplicemente un modo per allontanarmi dal mio fidanzato. Una parte di me continua a pensare che lo faccia per l'hockey, per il campionato e per una sua vendetta personale. L'altra parte, invece, quella più piccola e insicura, crede che forse ci tenga davvero.

Ma non può.

Per il mio bene, non può avvicinarsi.

«La smetti?»

Sollevo le palpebre verso Lucas.

«Di fare cosa?»

«Di torturare il tuo pranzo, dannazione. Povero pollo»

Siamo alla mensa dell'Università, quella dove Lucas pranza spesso e dove io metto raramente piede. È il luogo di ritrovo degli sportivi e della mia facoltà ci sono pochissimi studenti.

Guardo il mio piatto e devo ammettere che il riso alla cantonese col pollo al curry non hanno più lo stesso bellissimo aspetto di quando la signora al bancone me li ha dati. Ormai è tutta una poltiglia di roba gialla e verde per niente invitante.

«Ne vuoi?» indico con la forchetta il mio disastro e Luke sospira.

«Ma se lo hai solo girato e rigirato» mormora.

Metto su una specie di broncio con cui spero di intenerirlo. Gli occhi dolci sono sempre stati il mio forte e funzionano anche questa volta.

«Okay» sbuffa, «Dammi qua»

Soddisfatta, faccio scivolare il mio piatto sul tavolo e glielo passo, nell'attimo esatto in cui lo faccio, alle mie spalle passa qualcuno che Lucas saluta.

«Ehy, Mclane!» ritraggo le mani come se fossi stata appena colta in flagrante a rubare qualcosa.

«Ciao Hampton» la sua presenza incombe dietro di me. La sento, lo percepisco. L'odore di Heric è talmente forte che mi colpisce anche se non mi volto, anche se non gli sono vicina.

NON INNAMORARTI DI HERIC MCLANEWhere stories live. Discover now