𝕯𝖚𝖊

144 46 184
                                    

20 giugno 1961

𝐼𝑛 𝑐𝑢𝑖 𝑖𝑛𝑐𝑜𝑛𝑡𝑟𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑢𝑛 𝑠𝑜𝑟𝑟𝑖𝑠𝑜 𝑛𝑎𝑠𝑐𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑡𝑟𝑎 𝑙𝑒 𝑝𝑎𝑔𝑖𝑛𝑒 𝑑𝑖 𝑢𝑛 𝑙𝑖𝑏𝑟𝑜 𝑏𝑖𝑎𝑛𝑐𝑜...

La calda aria estiva lo investì, mentre correva per il marciapiede gremito di persone, che scansò una ad una, fino ad uscire dalla periferia della città e ritornare in quei quartieri dove la tranquillità assoluta mascherava le continue critiche che vicini e amici si facevano a vicenda appena dopo essersi sorrisi dai rispettivi giardini di casa.

Rallentò quando si ritrovò a corto di fiato, appena vicino alla libreria di famiglia. Non era grande di certo, un piccolo negozietto all'angolo di una strada gremita di empori, botteghe e altri sistemi per mangiare i soldi delle persone dando in cambio cianfrusaglie inutili. Era gestito dalla nonna di Clayton e, sebbene le modeste dimensioni del locale, era chiaro che non tutti avrebbero potuto permettersi le edizioni ricercate che vendeva.

Entrò, con il sottofondo di un campanellino che annunciava la sua presenza, ormai con le goccioline di sudore che scivolavano lungo la fronte. Dovette togliere gli occhiali e pulirli, per evitare che si bagnassero.

«Nana? Sono Clayton.», chiamò la nonna, guardandosi intorno dopo essersi rimesso gli occhiali sul naso. L'ingresso era deserto e tra gli scaffali non c'era alcun segno di movimento. Scrollò le spalle, in parte sollevato del non dover mostrare il "sorriso delle belle occasioni", e si avviò alla ricerca di ciò che aveva bisogno. La madre, grande appassionata di filosofia e professoressa alla migliore Università del campo, lo aveva incaricato, giusto quella stessa mattina, di portarle la "Critica della Ragion Pura" di Immanuel Kant che avrebbe dovuto "prestare" a un suo studente per la tesi. Clay era perfettamente a conoscenza che quello studente era in realtà il nuovo amante della madre, com'era a conoscenza che Kant era soltanto una patetica scusa per poterlo vedere ancora una volta senza farsi mangiare dai sensi di colpa. In ogni caso, non erano certo affari suoi chi si portava a letto sua madre e continuava a vivere in silenzio la sua vita da figlio perfetto di una famiglia perfetta.

Sovrappensiero, passando da uno scaffale all'altro, gli parve di vedere un'ombra appollaiata in una delle sedie in fondo. Fece qualche passo indietro, soltanto per vedere un ragazzo che, seduto, nascondeva il viso tra le pagine di un libro, soltanto i suoi capelli scuri e mossi sembravano sfuggire alla copertina chiara.

«Ehi. – lo chiamò – Non è una biblioteca, non puoi metterti a leggere qui.», di norma non gli importava se qualcuno lo faceva, ma si sentiva particolarmente in vena di fare giustizia in quel momento e non riusciva a spiegarselo. Il ragazzo alzò il viso dal libro e dedicò, con gli occhi neri e tristi, tutta la sua attenzione a lui. Avrebbe potuto essere più piccolo o più grande di Clay, con quel viso sottile e bianco come porcellana, come se il tempo per lui avesse smesso di scorrere.

«Così pare.», mormorò di rimando, prima di far ricadere lo sguardo sul libro. Clay aggrottò le sopracciglia, confuso, osservandolo ancora un'ultima volta prima di scrollare le spalle e proseguire per la sua strada. Non erano affari suoi, si ripeté come un mantra.

Fece scorrere lo sguardo lungo i titoli, fino a quando non trovò quello che gli interessava e lo sfilò dallo scaffale. Sbirciò un'ultima volta dallo spazio vuoto che aveva lasciato il libro, il ragazzo era ancora lì seduto, indisturbato e stava voltando pagina. Dovette, però, accorgersi del suo sguardo perché poco dopo alzò gli occhi nella sua direzione e gli rivolse un piccolo sorriso che fino a quel momento aveva nascosto dietro le pagine del libro.

«Perché ci sono delle sedie allora?», la sua voce, come prima, risuonava in modo strano all'interno del negozio, come se a parlare fosse stata una creatura fatata. Parlava piano, come quando ci si nascondeva da qualcuno, con l'unica differenza che esternamente pareva tranquillo.

𝗕𝗮𝗺𝗼𝗿𝗮𝗹 𝗖𝗮𝘀𝘁𝗹𝗲Where stories live. Discover now