𝕯𝖔𝖉𝖎𝖈𝖎

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𝐼𝑛 𝑐𝑢𝑖 𝑀𝑜𝑟𝑡𝑒 𝑠𝑖 𝑖𝑛𝑛𝑎𝑚𝑜𝑟𝑜̀ 𝑑𝑖 𝑉𝑖𝑡𝑎...

Clayton iniziò, attimo dopo attimo, a perdere il controllo del proprio sguardo mentre questo cadeva più e più volte su quel pallido viso che, da quando erano usciti dalla stanza stellata, Bamoral riusciva a far illuminare con timidi sorrisi via via sempre più coraggiosi fino a sfociare in allegre risate quando il castello tentava di far inciampare Clayton su tappeti, travi o gambe dei mobili in legno. E quest'ultimo si ritrovò a pensare di aver perso la testa quando si accorse che quelle risate avrebbe voluto rubarle dalle sue labbra con le proprie.

Nel sentire lo stomaco stringersi ogni volta che incrociava i suoi occhi, nel rendersi sempre più conto di quell'attrazione che lo portava ad avvicinarsi ancora per bearsi di quel sussurro che era la sua voce, Clayton si infastidì. Fu la prima volta in cui sentì il bisogno di appartenere a qualcuno e non era certo che fosse tutto dovuto a quell'atmosfera eterea che circondava Bamoral.

Aveva visto attraverso i suoi occhi una sola volta, dopo quel bacio rubato, dimenticandosi tutto quanto nel giro di pochi secondi. Eppure, quell'ancora che aveva fissato alla sua anima in quell'istante, l'aveva portato a consolidare la sua presenza, a renderlo reale, a renderlo più umano, e Clayton raccolse tutti quei piccoli dettagli del suo volto, uno a uno senza alcuna fretta, come briciole lasciatogli su un sentiero. Lo ascoltò parlare per un tempo indefinito, dissetandosi con quel fiume di parole che gli lasciarono le labbra per saltare da un argomento all'altro, con la stessa facilità con cui la sua malandrina attenzione si spostava sempre su qualcosa di nuovo.

Attraversarono un corridoio colmo di rampicanti e Bamoral si divertì a saltare le radici come i ragazzini di quartiere saltavano i muretti della scuola. Clayton lo osservò con l'attenzione di chi vedeva una persona per la prima volta e, con lo stupore negli occhi, sorrise con lui.

«Ti ho parlato dei tre bambini?», chiese Bamoral, voltandosi verso di lui dopo aver superato l'ultima pianta. Clayton lo raggiunse spostando un ramo dal suo cammino. Era diventata una loro tradizione: Bamoral lasciava di tanto in tanto piccoli frammenti di storia e Clayton ascoltava diligentemente, lasciando andare a poco a poco il suo scetticismo per accogliere le assurdità di quel posto. Si accorse che, più che sapere da dove provenisse quel castello, aspettava quei momenti per sentire la sua voce e, con bramosia, stringeva a sé quel tempo dove parlava per lui come un artista si esibiva per il suo pubblico.

«I figli di Edgar?», domandò, facendo del proprio meglio per non notare il libro bianco in quell'angolo che all'orecchio gli stava intimando di aprirlo, come sempre. Passò oltre e si avvicinò a Bamoral che annuì piano.

«Tre piccoli prodigi, tre anime oscure, tre mostri assetati di sangue. – sussurrò le ultime parole così vicino al volto di Clayton, che rabbrividì sotto l'ispezione delle sue iridi scure – Il più grande, Thomas, divenne il preferito di Edgar, pieno della stessa forza che scorreva tra le vene del padre; Constance, la più piccola, fu in grado di chiudersi nella sua mente, di eclissare il suo essere e di divenire parte integrante di questo castello e, infine, Conrad il figlio di mezzo riuscì ad ottenere la minima forza dal padre e la minima capacità di scivolare nelle menti degli altri e di far suoi tutti quei sentimenti che le attraversavano. Nessuno mai faceva caso a Conrad, il cuore del castello.», si fermò per aprire una porta e allungò la mano per invitare Clayton a stringerla. Il ragazzo non esitò più e ci si aggrappò con tutta la sua forza, mentre Bamoral lo conduceva all'interno di una stanza buia.

L'oscurità era così intensa da fargli perdere il senso materiale delle cose, da pensare di essere entrato a farne parte e di essersi separato in mille frammenti di sé, sparsi in quell'aria densa o, ancora, di aver attraversato lo sguardo di Bamoral e di essersi ritrovato all'interno dei suoi occhi neri. E nessuna sagoma scura gli si formò davanti con il passare del tempo, era come se stessero nuotando in un nero mare di pece senza alcuna possibilità di aprire gli occhi. Il cuore di Clayton accelerò nell'angoscia per poi ritornare alla quiete di prima quando le dita di Bamoral si strinsero intorno alle sue: erano lì insieme e, anche se non poteva vederlo, la sua voce disegnò allegre curve colorate nella sua mente e Clayton le ricalcò con le dita.

𝗕𝗮𝗺𝗼𝗿𝗮𝗹 𝗖𝗮𝘀𝘁𝗹𝗲Where stories live. Discover now