𝕾𝖊𝖉𝖎𝖈𝖎

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𝐼𝑛 𝑐𝑢𝑖 𝑛𝑜𝑛 𝑐𝑖 𝑎𝑟𝑟𝑒𝑛𝑑𝑖𝑎𝑚𝑜...

Hazel scosse la testa, ma quando si fermò la stanza era nuovamente sparita e lei era seduta su una scomoda sedia di legno. Non era da Donny, Donny era chiuso per qualche giorno, "affari miei" aveva specificato nel cartello. Alzò la testa e incontrò il viso di Marley che teneva un braccio sulle spalle di Lonnie e gli spettinava i ricci scuri, davanti a loro Nora stava ridendo e Ingrid scuoteva la testa con un sorriso sulle labbra.

Avevano trovato un temporaneo rimpiazzo a Donny. Non le piaceva il posto, era troppo in città per farla sentire a suo agio e troppi sguardi disgustati si soffermavano su lei e Lonnie. Non passò, infatti, troppo tempo prima che ad alcuni commenti infastiditi, seguirono insulti da parte dei clienti bianchi verso di loro. Hazel strinse i denti e Lonnie li guardava, spaesato, ma quando lei fece per alzarsi e andarsene, la sedia di Newt che strisciò contro il pavimento la fermò.

«Tutto quello che hai da dire a lei, lo dici anche a noi.», lo minacciò avvicinandosi all'uomo che più di tutti aveva rincarato la dose.

«Con molto piacere.», replicò lui, ma quando schiuse nuovamente le labbra per parlare il pugno di Newt lo colpì dritto sul naso.

«Prima devi riuscire ad aprire bocca, stronzo.», ringhiò il ragazzo puntando gli occhi blu sull'uomo che premeva le dita sul volto, guardandolo sconvolto.

Come immaginabile, presto la situazione degenerò e gli amici di quest'ultimo si unirono a lui colpendo Newt, costringendo gli altri ragazzi a intervenire in una vera e propria rissa. Fu quando furono buttati fuori che Hazel ebbe effettivamente il coraggio di alzare lo sguardo su tutti loro.

«Cristo, il naso! Oh, merda, che male!», stava urlando Marley seduto sul marciapiede con il sangue che gli colava tra le dita.

Ingrid era piegata verso di lui, con la mano rossa e gonfia per aver restituito il colpo all'uomo che aveva rotto il naso del suo amico. Clay era rimasto in disparte e, adesso, fumava nervoso. Nora, terrorizzata, saltava dall'uno all'altro per assicurarsi che fossero ancora vivi. Lonnie, invece, continuava a fissare il vuoto apparentemente poco turbato dalla situazione. L'avevano difesa, realizzò la ragazza, e non avevano chiesto nulla in cambio.

Newt si avvicinò a lei, che stringeva le braccia al petto, mordendosi il labbro.

«Tutto bene?», le chiese poggiandole una mano sulla spalla. Era il gesto più espansivo che gli avesse mai visto fare.

«Sì.», annuì Hazel nonostante la sua intera espressione suggerisse il contrario.

Le lacrime le pungevano gli occhi, come a voler convincerla a lasciarle andare. Era nervosa, arrabbiata, avvilita. Perché non potevano essere nati come gli altri e andare in giro ovunque volessero? Perché non potevano semplicemente essere normali? Hazel scosse la testa, rimproverando quei pensieri che la portavano a ripugnare ciò che era.

«Loro non capiscono. - aggiunse Newt, riferendosi alle altre persone - Siete diversi, è vero, ma perché deve essere un male? Perché hanno paura, te lo dico io. Quei coglioni...è facile insultare senza conoscere.», borbottò poi, facendola sorridere.

«Grazie.», mormorò Hazel voltandosi verso di lui, appena prima che le passasse un braccio sulle spalle e le facesse appoggiare la testa su di lui.

Newt non parlò più, per il resto della giornata, ma quelle parole Hazel le risentiva ogni volta che incrociava lo sguardo torvo di lui. Aveva mille difetti, era scontroso, irascibile, odiava le parole d'amore, eppure a occhi chiusi non ci avrebbe pensato prima di difenderli ancora e ancora fin quando i suoi pugni avessero smesso di rispondere ai suoi ordini.

𝗕𝗮𝗺𝗼𝗿𝗮𝗹 𝗖𝗮𝘀𝘁𝗹𝗲Where stories live. Discover now