𝕯𝖎𝖈𝖎𝖆𝖓𝖓𝖔𝖛𝖊

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𝐼𝑛 𝑐𝑢𝑖 𝑢𝑛𝑎 𝑛𝑢𝑜𝑣𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎...

Mentre la voce di Wynn si prosciugò con lentezza estenuante, Newton, perso tra i corridoi, non riuscì a smettere di pensare a quel bacio, a quelle parole, alla rabbia, a quegli occhi che implorarono aiuto, una richiesta che mai nessuno di loro era riuscito a cogliere. Eppure, lui avrebbe dovuto rendersene conto già tempo prima, quando Wynn gli si era presentato alla porta completamente fuori di sé, con gli occhi rossi e le palpebre abbassate. Aveva bevuto, fumato e chissà che altro, aveva dei lividi e tanta, tanta tristezza nello sguardo. Newton l'aveva fatta entrare, le aveva lasciato una stanza e non aveva fatto domande.

Adesso, dopo aver distrutto ogni quadro, ogni vaso che incontrò per la strada, avrebbe così tanto voluto avergliele fatte.

Gli aveva urlato contro, si era innervosito così tanto per essere cascato in quella tremenda trappola, per tutte quelle volte in cui ebbe anche solo il dubbio di voler baciare Wynn. Gli aveva detto che non erano altro che sfigati, che passavano il tempo insieme solo per sentirsi parte di qualcosa e la verità era così tanto pungente da far male. Eppure, quei sentimenti che aveva iniziato a provare, quel fastidio al petto, sembravano molto più che un semplice teatrino.

Newton capì che Wynn sentiva di essere sola, che Wynn non aveva mai chiesto aiuto a nessuno e che Wynn sorrideva soltanto per non dover dare alcuna spiegazione. Si portò le mani ai capelli e chiuse gli occhi, cercando di allontanare quella paura che lo fermava da anni e si voltò per tornare indietro. Wynn si stava rovinando e mai, mai avrebbe dovuto rimanere solo. Se ne accorse soltanto quando lo vide sdraiato in fondo alle scale, immobile.

«Wynn!», urlò avvicinandosi di corsa.

La prese per le spalle e la voltò. Il petto ancora si muoveva e Newton riprese a respirare, però c'era inquietudine in quel voltò pallido e sudato che gli sussurrava all'orecchio che qualcosa non andava, qualcosa di fuori posto e lo notò, soltanto facendo scorrere lo sguardo lungo il suo corpo. Entrambe le gambe di Wynn erano deformate, le ossa spezzate, la pelle rossa e gonfia. Era svenuto dal dolore.

«Wynn, che cosa... - mormorò Newton in preda al panico, muovendo il suo volto nel tentativo di svegliarlo – Che cosa succede, cazzo. Svegliati.», quando finalmente la vide aprire gli occhi, il panico serpeggiò tra quelle iridi chiare e lo spinse via con quelle poche forze che aveva.

«Ti prego...Ti prego, lasciami stare!», urlò per il dolore quando spostò la gamba. Newt non si mosse, nonostante le dita di Wynn affondassero nella sua maglia e lo spingessero.

«Sono io, sono Newton.», cercò di dire e quando riuscì ad attirare la sua attenzione, Wynn si lasciò andare in un lungo sospiro.

«Newton...Mi dispiace.», pianse quando lo prese in braccio, le gambe che pendevano come due corpi senza vita.

«Cristo cosa ti è successo?», mormorò Newton tenendola stretta.

Wynn non rispose, aveva troppa paura, strinse il viso di Newton tra le dita e si concesse di piangere ancora davanti a lui. Aveva così tanto male da non riuscire a pensare, voleva soltanto tornare in quel vecchio deposito, su quel divano ad ascoltarlo mentre suonava la sua vecchia batteria. Lo baciò, senza alcun fine questa volta, lo baciò perché aveva paura di non farlo mai più e Newton non si allontanò, non lo spinse via, non si irrigidì. Era così dolce quell'amore di cui tutti parlavano e nessuno dei due gli aveva mai concesso il beneficio del dubbio.

«Andiamocene via.», Newton parlò dopo alcuni secondi rimasto a osservare i suoi occhi azzurri, poi si alzò e provò ad allontanarsi da quelle scale con Wynn che gli si stringeva contro. Fece in tempo a fare giusto alcuni passi prima che, all'improvviso, lo sfarzoso lampadario cadesse proprio vicino a loro, colpendo il pavimento con un tonfo che rimbombò per tutto il castello.

𝗕𝗮𝗺𝗼𝗿𝗮𝗹 𝗖𝗮𝘀𝘁𝗹𝗲Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora