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22-23 𝑔𝑖𝑢𝑔𝑛𝑜 1961

𝐼𝑛 𝑐𝑢𝑖 𝑙𝑎 𝑝𝑎𝑢𝑟𝑎 𝑒̀ 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑎 𝑎𝑚𝑖𝑐𝑎...

Clayton riuscì a percepirlo, lo scorrere del tempo in modo differente. Le finestre si aprivano nelle campagne che li circondavano, ignare di tutto quello che stava accadendo e il sole seguiva il suo solitario percorso imperterrito. Eppure, qualcosa lì dentro cambiava e lui sembrava non essere in grado, per quanto ci provasse, a dare un senso a tutto. Non avrebbe saputo dire, infatti, da quanto tempo stava seguendo quello strambo ragazzo all'interno del castello o quanto era passato dall'ultima volta che aveva visto i suoi amici.

C'erano ancora così tante domande che lo tormentavano, girandogli intorno alla testa e punzecchiandolo come tanti moscerini, ma tutte venivano sviate da Bamoral con grande abilità. Che cosa c'era lì dentro? Perché la piantina di quel posto sembrava seguire una logica tutta sua? E quale grande minaccia pendeva sulle loro teste?

Lanciò un'occhiata al suo fianco, dove i ricci scuri di quel ragazzo si muovevano come molle a ogni passo, come a voler sottolineare l'aria baldanzosa che aveva assunto soltanto da pochi minuti.

Aveva l'innata capacità di rendere convincente tutte le parole che gli lasciavano le labbra, qualsiasi assurdità dicesse, sembrava reale e quasi palpabile. Clay lo odiava per questo.

«Oh Clayton, ci sono così tante cose che vorrei farti vedere. – gli aveva detto poco dopo aver stipulato il loro accordo – Questo castello...Non è solo male. È pieno di meraviglie, devi solo riuscire a trovarle.», i suoi occhi scuri si erano alzati al soffitto, come se potesse vedere le stelle oltre le travi. Clayton li vide brillare.

«Non è questo che mi interessa al momento.», gli ricordò, non riuscendo a smuovere la propria mente dal pensiero costante che i suoi amici erano lì da qualche parte, così vicino a lui, ma così lontani da non poterli vedere. Al contrario, la mente di Bamoral sembrava non riuscire a trovare alcun appiglio e volava pindarica da un pensiero all'altro, come un'ape scansava un fiore dopo l'altro, e nei suoi occhi Clayton non riusciva a scorgere nemmeno la minima pace.

«Hai ragione.», ridacchiò guardandolo con la coda dell'occhio, la sua risata come tanti piccoli campanelli squillanti rallegrarono l'atmosfera.

A volte Clayton aveva ancora il dubbio che fosse tutto frutto della sua immaginazione e di tanto in tanto lasciava che il dorso della sua mano scontrasse quello di Bamoral, per riscoprirlo solido e presente.

«Non ti ho mai visto a Krukrose.», borbottò turbato dal silenzio che si era creato negli ultimi minuti...ore?

«Conosci tutti a Krukrose?», sorrise Bamoral giocoso, mentre Clayton si sistemava gli occhiali sul naso.

«No, ma...», iniziò a dire prima di essere interrotto.

«Vivo fuori città con la mia famiglia.», gli rispose l'altro, con gli occhi che scorrevano tra le finestre che decoravano il lungo corridoio. Sembrava triste in maniera così fuori dal tempo che Clayton lo sentì ad anni di distanza, nonostante fosse proprio lì al suo fianco.

«Non ho mai visto questo castello prima. – continuò Clay, curioso – Com'è possibile?», Bamoral svoltò entrando in una stanza che si rivelò soltanto essere un secondo corridoio ancora più lungo. I suoi passi riecheggianti erano così sicuri che una piccola luce di speranza sembrò accendersi nel buio che Clayton custodiva dentro di sé.

«Perché non sentiva la necessità di essere visto da te.», gli spiegò saltellando su per i gradini di una scala spuntata fuori chissà quando. Anche in questo caso, per qualche secondo, quello che disse sembrò aver tutto perfettamente senso, almeno fino a quando il cervello di Clayton non rielaborò logicamente le sue parole.

𝗕𝗮𝗺𝗼𝗿𝗮𝗹 𝗖𝗮𝘀𝘁𝗹𝗲Where stories live. Discover now