𝕼𝖚𝖆𝖙𝖙𝖗𝖔

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𝐼𝑛 𝑐𝑢𝑖 𝑖 𝑡𝑒𝑙𝑖 𝑠𝑐𝑖𝑣𝑜𝑙𝑎𝑛𝑜 𝑣𝑖𝑎...

L'ora della festa non tardò ad arrivare e, con il primo invitato che suonò il campanello, iniziò la tortura per Clayton. Si sforzò di sorridere a tutti, rispose con cortesia alle domande più noiose e, poi, fece del suo meglio per ignorare zia Primrose che stava girando per tutta la casa soltanto per poterlo baciare.

«Congratulazioni, Clayton! – esclamò una lontana cugina di sua madre, di cui non pensava nemmeno di sapere il nome – Sei proprio un ragazzo d'oro.», gli passò una mano tra i capelli e Clay si sforzò di allargare il sorriso.

«Grazie, faccio del mio meglio.», le disse chinando il capo e approfittando della madre che passava di lì per prenderla a braccetto.

«Oh! Ciao, Clay.», era tanto allegra che sembrava quasi la festa fosse in suo onore. Gli passò la mano sulla sua appesa al braccio senza farci troppo caso, un gesto di circostanza.

«Mamma...Chi è tutta questa gente?», le chiese afferrando un calice dal tavolo.

«La tua famiglia e i tuoi amici.», rispose lei lanciandogli un'occhiata confusa come a chiedergli "ma dove hai vissuto tutto questo tempo?". Iniziò a chiederselo anche lui quando, facendo scorrere lo sguardo sulle persone che occupavano la casa, non riconobbe né la sua famiglia, né i suoi amici.

«Oh, vieni Clay. – gli disse poi tirandolo verso di sé – Vieni a salutare May Caudle e Graham. Cerca di non essere il solito antipatico e fai amicizia, così metterà una buona parola per te in Università.», così dicendo lo trascinò verso una signora tanto alta e magra che avrebbe fatto invidia a un giunco con al suo fianco il perfetto giocatore di rugby. Graham Caudle aveva le spalle larghe e i capelli biondi, lisci come spaghetti, che portava sempre tirati all'indietro, mentre la sua espressione truce riusciva ad ammorbidirsi con il largo sorriso che sfoggiava di tanto in tanto.

Clay si fermò a pochi passi da lui. Era più alto, quindi dovette alzare gli occhi per incontrare i suoi azzurri, poi lo osservò per qualche secondo come Graham osservò lui con un sorriso divertito, e constatò ancora una volta che non c'era nulla in lui ad attrarlo, soltanto le distrazioni che aveva da dargli.

«Ho sentito che sei entrato nella stessa Università del mio Graham.», disse la donna-giunco poggiando una mano sul braccio del figlio. Università, sempre Università.

Clay annuì e, ancora prima di pensare a quello che stava facendo, approfittò del passaggio di una delle mille zie di cui non sapeva l'esistenza e finse di essere stato urtato. Il contenuto del calice – forse vino? Non aveva nemmeno assaggiato – si versò sui pantaloni di Graham che, insieme alla madre, fece un salto indietro.

«Oh, mi dispiace.», mormorò Clay, per nulla dispiaciuto, alzando gli occhi su di lui che aveva già contratto la mascella.

«Clayton! – esclamò la madre mortificata, continuando a guardare a turno la signora Caudle, Graham e Clay – Sei un disastro...Vai...Vai immediatamente a dargli una mano e prestagli dei pantaloni puliti – ordinò prima di lanciare un'occhiata al corpo di Graham che sarebbe entrato nei vestiti di suo figlio per nemmeno un terzo – Di tuo padre.», aggiunse poi, dandogli un colpetto al braccio per esortarlo a incamminarsi.

Clay fece un piccolo sorriso, mentre saliva lentamente le scale, lontano da tutto quel brusio di vecchi agiati. Si sentì in pace quando finalmente raggiunse il piano superiore, con Graham al seguito che ancora un aveva detto una parola. Sperò non si fosse offeso, ma aveva bisogno di lui al momento. A dire il vero, non gli importava nemmeno così tanto se si fosse offeso o meno.

Scivolò lungo il corridoio, fino a infilarsi nella camera degli ospiti e sentì la porta chiudersi dietro di lui, prima che si rifugiasse, ancora, nel bagno della camera. Quando si voltò Graham era già su di lui, con le mani a stringergli il viso nel tentativo di recuperare tutto quel tempo che avevano passato lontano l'uno dal corpo dell'altro.

𝗕𝗮𝗺𝗼𝗿𝗮𝗹 𝗖𝗮𝘀𝘁𝗹𝗲Where stories live. Discover now