𝕮𝖎𝖓𝖖𝖚𝖊

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22 giugno, 1961

𝐼𝑛 𝑐𝑢𝑖 𝑠𝑡𝑟𝑖𝑠𝑐𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑡𝑟𝑎 𝑙𝑒 𝑣𝑖𝑣𝑒 𝑝𝑎𝑟𝑒𝑡𝑖...

La polvere si insinuò nel naso di Clay, ancora addormentato, solleticandolo fino a quando gli occhi non si riaprirono dopo uno starnuto che gli fece sbattere la fronte sul pavimento e il dolore gli si irradiò velocemente fino agli zigomi, come un lampo.
Il suo sguardo vagò confuso nel cercare di capire in che luogo sconosciuto fosse finito, prima che gli eventi della sera precedente gli ricadessero come macigni sulle spalle. Davanti a sé riusciva a vedere un lungo e sinistro corridoio, illuminato soltanto dalla debole luce che a fatica riusciva a superare i vetri spessi delle finestre che decoravano le stanze che lo circondavano, i soffitti erano alti e incombevano su di lui quasi giudicandolo proprio come se lo stessero osservando, come se quell'intero posto avesse in quell'esatto momento gli occhi puntati su Clayton e su di lui soltanto. I muri, i ricercati lampadari scuri e le assi del pavimento di legno stavano tutti trattenendo il respiro in trepida attesa di quella che sarebbe stata la sua prossima mossa.

Poggiò i palmi sulla polvere del pavimento e si tirò su, mentre il cigolio sinistro del legno – quasi come un lamento del castello – risuonava profano nei confronti di quell'assiduo silenzio che gravava sulla sua testa mozzandogli il respiro. Si ritrovò quasi sollevato nell'incontrare gli occhi di Lonnie che, di fronte a lui, lo osservavano terrorizzati.

«Grazie al cielo ti sei svegliato, Clay!», sussurrò avvicinandosi a lui a carponi, quasi avesse paura di svegliare gli altri che, scomposti, ancora dormivano intorno a loro. Clay, però, con uno sguardo capì immediatamente che non era quello di cui aveva paura.

«Perché siamo ancora qui?», chiese Clay aggrottando le sopracciglia, mentre gli occhi scorrevano sui suoi amici. Nora era girata su un fianco, proprio accanto a Clayton, con le dita esili che ancora sfioravano le sue e un'espressione serafica in volto, la polvere le aveva colorato il piccolo naso e le ciocche bionde di grigio; Hazel, che Lonnie aveva appena scavalcato, sembrava che fino a poco prima stesse abbracciando qualcuno – forse il fratello – e adesso allungava le braccia sul legno freddo e sfiorava con la schiena le gambe di Ingrid che si era addormentata appoggiata al muro, con la testa che pesava sulle spalle e i lunghi capelli neri a farle da cuscino; infine, Wynn si era sdraiata su Newton, stringendolo come avrebbe stretto un cuscino, mentre quest'ultimo si voltava corrucciato con i capelli biondi dell'altro a solleticargli il collo.

«Perché siamo incredibilmente stupidi, ti prego andiamo via. – gli disse Lonnie attirando nuovamente l'attenzione di Clay su di sé – Questo posto mi fa paura, prima ho sentito qualcuno ridere.», si avvicinò ancora e guardò preoccupato un punto imprecisato nel buio del corridoio.

«Non preoccuparti, sarà stata la droga. – mormorò Clay, seppur poco convinto dalle sue stesse parole – Svegliamo gli altri e andiamocene.», disse allora chinandosi per scuotere gentilmente le spalle di Nora. Lonnie annuì con enfasi, ritornando dalla sorella che chiamò per farle aprire gli occhi.

A poco a poco, tutti si ritrovarono in piedi e confusi, guardandosi intorno e sopportando il fastidioso rumore dei loro stessi respiri che sembravano enfatizzati in quel luogo, come a ricordare loro che ancora erano vivi. Grazie, era quello che il castello pretendeva dicessero.

Newt, che appena sveglio aveva spinto via Wynn, stava camminando avanti e indietro per il corridoio, buttando un occhio all'interno delle stanze che incontrava lungo il percorso, mentre l'altro lo seguiva con un furbo sorriso dipinto sulle labbra.

«Abbiamo veramente fatto una cazzata.», sussurrò Ingrid all'improvviso e Lonnie, che era ritornato al fianco di Clay, si ritrovò a essere d'accordo. 

𝗕𝗮𝗺𝗼𝗿𝗮𝗹 𝗖𝗮𝘀𝘁𝗹𝗲Where stories live. Discover now