CAPITOLO QUARTO - parte 2

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La testa di Tim, poggiata sulla spalla di Asya, si fece più pensante. -Non riesco a ricordare niente di quello che è successo- disse con un filo di voce, senza muoversi -Ero all'ospedale, poi al locale e...-.
La ragazza accarezzò delicatamente i suoi capelli, restando in silenzio. Poteva sentire il suo corpo tremare, e questo la faceva sentire tremendamente male.
-Non so nient'altro... Non so che cosa sia successo dopo-. Emise un lungo sospiro, calando le palpebre stanche. -Quanto tempo è passato?-.
-Diverse ore- rispose lei continuando ad acccarezzarlo -Cercandoti mi sono persa- aggiunse.
Tim spostò il capo per guardarsi intorno, come se si fosse realmente reso conto di dove si trovasse soltanto adesso. -Tu stai bene?- chiese poi, tornando a voltarsi verso di lei.
Asya annuì. -Riesci a camminare? Dobbiamo andarcene da quì, prima che... Quella cosa ritorni-. Si pentì subito dopo di aver pronunciato quella frase, notando l'improvviso cambio di espressione di Tim. Il ragazzo aveva abbassato lo sguardo, stringendo le labbra.
-Tim- esclamò ancora lei, poggiando una mano sulla sua spalla -Andrà tutto bene-.
Lui si alzò in piedi con evidente fatica, respingendo il tentativo d'aiuto da parte di Asya, e puntò lo sguardo sulla maschera ancora adagiata a terra. Il sangue si gelò nelle sue vene, al pensiero che durante tutto il tempo in cui l'aveva indossata era stato probabilmente vicino a quel maledetto mostro.
-La portiamo con noi- disse la ragazza, afferrandola.
Tim scosse la testa in segno di disapprovazione. -Perché dovremmo?-.
-Voglio bruciarla- rispose sicura, facendo passare l'elastico nel braccio.
Il ragazzo restò a guardarla per una manciata di secondi, poi tornò a fissare il vuoto.
Lui sapeva.
Ma, forse per non distruggere la speranza, restò in silenzio.
Asya avvolse un braccio attorno al suo busto, per aiutarlo a camminare al meglio che poteva; ed insieme, a passo lento, si incamminarono nella speranza di trovare alla svelta una via d'uscita da quella maledetta foresta. Tim si muoveva goffamente, trovandosi costretto ad ignorare come poteva i dolori lancinanti che provenivano dalle costole e dalla schiena. Riusciava a malapena a sopportare quelle fitte improvvise, ma nonostante questo, perché Asya non si preoccupasse troppo per lui, non disse nulla.
Più volte girò lo sguardo verso di lei, e scrutò, senza farsi notare, i segni rossi che portava sul collo; erano ben visibili le strisce lasciate dalle sue mani. Sentiva salire un groppo alla gola ogni volta che ripensava a quello che era appena successo; non si sarebbe mai perdonato una cosa tanto grave.
Mai.
-Vuoi fermarti un pò?-. La dolce voce di lei lo strappò via bruscamente dai suoi pensieri.
Scosse la testa. -No, sto bene-. Solo dopo aver risposto, capì il motivo di quella domanda: aveva rallentato il passo progressivamente, trovandosi ormai quasi fermo. Rizzò la schiena e tornò ad avanzare a passo sostenuto.
-Credo di riconoscere questo tratto di bosco- disse poi guardandosi intorno.
-Davvero?- fece lei, con voce speranzosa.
-Sì- poté confermare, guardando una radice che scendeva giù da un grosso masso grigio. Ricordava molto bene di averla già vista in altre occasioni; in effetti in passato gli era capitato fin troppe volte di ritrovarsi nel bosco senza sapere come avesse fatto ad arrivarci, ed ogi volta aveva dovuto trovare autonomamente un'uscita.  -Sono già stato più volte quì. Siamo vicini al locale- affermò, allargando un piccolo sorriso di soddisfazione.
Di fatti, poco oltre, poterono scorgere il punto in cui gli alberi si interrompevano bruscamente, aprendo l'orizzonte su un paesaggio che in quel momento parve il più bello del mondo: l'asfalto scuro della strada, il giardino, ed il cadente e mal curato ristorante.
Ce l'avevano fatta.

Masky - La fineWhere stories live. Discover now